Altri Sport
15 Giugno 2018

Le MMA sono una cosa seria

CM Punk ha capito tardi che non ci si può improvvisare combattenti a 36 anni, dopo essersi dedicati a ben altro per una intera vita: la sconfitta di UFC 225 contro Mike Jackson ha sancito la fine della sua avventura nelle MMA.

Phil Brooks non è più un combattente di MMA. Non lo è mai stato, ma per un vezzo personale ha provato a sfruttare la sua nomea anche in questo sport mantenendo il suo nome di battaglia, quel “CM Punk” che gli è valso onori in ogni parte del mondo e un amore spropositato da parte dei cittadini di Chicago, sua città natale. Un amore dimostrato anche sabato scorso quando è andato in scena il pay-per-view numero 225 della storia UFC (al giorno d’oggi la massima espressione degli sport da combattimento) e i tifosi dell’Illinois hanno tributato il proprio sostegno in particolare a questo ragazzo di 40 anni che nel giro di tre anni ha sperato di costruirsi una nuova verginità.

CM Punk presenta la sua forza nella cerimonia del peso.

CM Punk è stato uno dei wrestler più preparati, innovativi e impattanti dell’era moderna. Sin dai suoi esordi ha saputo catalizzare su di sé l’attenzione con una facilità che molti colleghi ancora oggi si sognano. Ha vinto titoli, sfide proibitive, ha segnato una generazione. Non era scontato che prima o poi la WWE (la maggior federazione di wrestling al mondo) ci mettesse occhi e mani sopra. Non era scontato che lo lanciasse nei suoi programmi con la chiara intenzione di sfruttare quella sua capacità catalizzatrice sin dalle prime battute, dimostrando al pubblico di aver sfondato il proprio recinto per iniziare a guardarsi attorno. In un momento in cui il fenomeno John Cena stava sviluppando la sua aura di super campione, bisognava lavorare alle spalle per trovare qualcuno che, a tempo debito, avrebbe potuto sostituirlo.

 

E la WWE ha iniziato a lavorare sul passaggio di consegne il 27 giugno 2011 durante la puntata del programma televisivo Monday Night Raw: Punk interviene nel match di Cena e lo fa perdere. Nulla di strano se si pensa che sta interpretando il cattivo di turno. Poi ritorna verso il palco d’ingresso con un microfono, si siede e partorisce uno dei segmenti parlati più noti della storia del wrestling. Opera quello che viene chiamato un discorso worked-shoot: parti studiate a tavolino e parti non concordate, dette a braccio. Si proclama il migliore al mondo, il più amato, il più seguito. Eppure il campione John Cena è sempre davanti a lui: ha un merchandising con la sua immagine e fa guadagnare alla compagnia milioni di dollari, partecipa ai migliori programmi televisivi degli Stati Uniti, guadagna tantissimi soldi, vince facilmente i titoli. Si ritiene un granello di un ingranaggio che continuerà a girare anche senza la sua presenza. Cita anche un punto focale della sua storia: a differenza di Cena, non sarà nell’incontro principale di Wrestlemania, ovvero il più grande spettacolo di combattimento dell’anno – in grado di radunare fino a centomila persone dentro uno stadio. E questo è uno di quegli obiettivi che arrivano poche volte nella vita, esserci significa essere davvero il migliore al mondo.

CM Punk crea la sua Pipebomb, un discorso che lo renderà popolare.

Il pubblico lo ritiene tale, ma la WWE no. Ci lavora, crea per lui un merch apposito. Grazie alla sua forza riesce a guadagnare tantissimi soldi, è una attrattiva di cui non si può fare a meno. Ai fan piace il suo essere Straight Edge,cultore di uno stile di vita che prevede l’astinenza dal consumo di tabacco, alcool e droghe. Piace la sua musica d’entrata, Cult Of Personality dei Living Colour. Però nella sua storia la compagnia di Stamford ha creato uno standard nel quale tornare dopo un periodo più o meno lungo di esperimenti. Punk viene fagocitato in storie di poco conto e gli viene negata sempre la gioia principale, Wrestlemania e i suoi centomila tifosi pronti a gridare il suo nome. Così il 27 gennaio 2014 abbandona il wrestling, lasciando sgomenti un po’ tutti. La motivazione principale riguardava il fisico, la WWE gli avrebbe chiesto infatti di lavorare anche con alcuni infortuni in corso: ha spiegato di aver lottato per lungo tempo con costole rotte, una commozione cerebrale e problemi alle ginocchia. Poi si era insinuato in lui il pensiero che sia a livello economico che a livello di soddisfazioni personali avesse garantito alla compagnia più di quanto la stessa gli avesse restituito. Perciò quando il 6 dicembre 2014 ha annunciato di aver firmato un ricco contratto con la UFC, il mondo del web è quasi esploso dalla gioia all’idea di rivederlo combattere ancora.

 

CM Punk si è allenato alla Roufusport MMA Academy di Milwaukee per quattro anni. Ha provato, a 36 anni, a reinventarsi in un contesto completamente differente da quello vissuto in precedenza. I suoi tifosi hanno aspettato con ansia il debutto nell’ottagono, lo hanno supportato e difeso di fronte ai dubbi legittimi di chi le MMA le ha seguite sin dagli esordi o vi si è avvicinato nel momento di maggior boom mediatico. Avrebbe dovuto compiere un miracolo sportivo per poter offrire una versione di sé ancora vincente, vicina al suo proclamarsi “migliore al mondo“. Avrebbe dovuto provare di poter essere grande anche altrove, con una compagnia che ha fatto di tutto per agevolarlo, aspettandolo a lungo dopo una serie di infortuni. Le arti marziali miste sono uno sport da combattimento full contact, dove il cui regolamento permette sia tecniche di lotta (in piedi ed a terra, come proiezioni, leve, strangolamenti) sia colpi in percussione (gomitate, ginocchiate, pugni, calci): cercare di inserirsi in questo contesto è complesso, soprattutto per chi si avvicina ad una età in cui la maggior parte dei combattenti ha deciso di ritirarsi o si trova nella propria parabola discendente.

CM Punk entra per la prima volta nell’ottagono.

Punk è entrato nell’ottagono per due volte ed ha perso. Ha perso male la prima e male la seconda: nel primo caso contro un giovane in rampa di lancio come Mickey Gall in pochi minuti; nel secondo caso dopo tre round contro un fighter di basso livello come Mike Jackson. Non è bastato neppure l’appoggio del pubblico di Chicago per evitare un fallimento sportivo tanto atroce. A fine evento il presidente della UFC, Dana White, ha dichiarato conclusa l’avventura di Punk nella sua compagnia. L’unica consolazione il premio incassato, ovvero 500 mila dollari. Ma le MMA sono una cosa seria, non un vezzo da togliersi per fare un dispetto a qualcun altro. La scelta gli si è abbattuta addosso con una ferocia che probabilmente nemmeno lui si aspettava. Spiega bene quanto accaduto il commentatore di Fox Sports, Alex Dandi:

Penso che siano state sconfitte imbarazzanti per lui e per la UFC. Speravo che Cm Punk dimostrasse di più per se stesso, invece l’esperimento è completamente fallito. Alla UFC ha portato molti PPV venduti ed ha attirato qualche potenziale fan nuovo che magari avrà visto le MMA per la prima volta. Punk invece ha ricevuto una montagna di soldi ed una umiliazione sportiva.

CM Punk è diventato una icona grazie al mondo del wrestling. Possedeva un carisma in grado di rendere singolare e rivoluzionario ogni incontro, ogni sfida. Ha superato spesso se stesso, i suoi limiti ed ha spinto la WWE ad allargare i propri confini.  Ha cambiato completamente la percezione di questo sport-spettacolo agli occhi dei più critici ed ha tradotto la sua filosofia per un nugolo di atleti che oggi dominano la scena con rinnovato entusiasmo. Le MMA sono state un modo per dimostrare a se stesso di saper fare altro, di saper mettere le proprie passioni davanti ad ogni cosa. Di essere in grado di saper competere solamente grazie alla propria determinazione. Invece il suo mondo era un altro ed è bene che vi ritorni: un popolo intero lo sta aspettando a braccia aperte.

Gruppo MAGOG

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