Storie di uomini leggendari. L'ultimo saluto al Sant'Elia.
16’ Riva, 90+3’ Pisacane. Se la vita calcistica dello stadio Sant’Elia di Cagliari fosse riassunta in una sola partita, sarebbero questi il primo e l’ultimo marcatore. Mentre i ragazzi di Manlio Scopigno costruivano, risultato su risultato, lo storico Scudetto della stagione 69/70, il Comune e l’allora Unione Sportiva Cagliari costruivano, mattone su mattone, lo stadio che avrebbe sostituito l’Amsicora, teatro del trionfo rossoblu. Il 12 settembre 1970 la prima partita ufficiale: per passare il girone di Coppa Italia c’è da vincere – con almeno 3 reti di vantaggio – contro la Massese, sperando che il giorno dopo il Livorno non vada oltre il pareggio a Pisa. L’esordio del Sant’Elia è bagnato dalla rete di Rombo di Tuono che, con un preciso diagonale, sblocca il risultato facendo esplodere i circa 30.000 spettatori. La gara si chiude 4-1 con le reti di Gori su rigore, l’autogol di Zana e la doppietta personale di Riva. L’esordio casalingo col tricolore cucito in petto è positivo, anche se la qualificazione non arriva per via dello 0-1 con cui il Livorno batte il Pisa.
Costruito su tre anelli, lo stadio che prende il nome dal quartiere in cui è situato, si presenta come un enorme ovale di cemento armato. Progettato per ospitare fino a 70.000 persone, contro i 26.000 dell’Amsicora, aveva come obiettivo onorare a dovere la prima partecipazione alla Coppa dei Campioni. Di fatti, il curioso record dello stadio Sant’Elia recita l’imbattibilità nella massima competizione europea al netto delle vittorie per 3-0 e 2-1 ai danni di Sant’Etienne e Atletico Madrid. I Colchoneros vinceranno poi 3-0 sui sardi orfani di Riva nel match di ritorno, eliminandoli così dalla competizione. Da quell’anno, apice della storia quasi centenaria della società sarda, il Cagliari ha vissuto più bassi che alti, ma lo stadio Sant’Elia è sempre stato testimone delle gare interne dei rossoblu, almeno fino alle tribolate stagioni 2011/2012 e 2012/2013, nonostante molte vicissitudini architettoniche. Dal progetto originale presentato dall’ingegnere Antonio Sulprizio nel 1964 all’abbattimento del 2017, l’impianto ha subito innumerevoli modifiche. In vista di Italia ’90, durante il quale lo stadio ha ospitato le partite della temibile Inghilterra degli Hooligans, viene totalmente restaurato a nemmeno 20 anni di attività. Viene applicata la copertura in legno della tribuna e, elemento cruciale per lo stadio e per l’intera città, vien costruito l’Asse Mediano di scorrimento che collega la città alla strada statale passando proprio per lo stadio, andando a sopperire una grave mancanza nella viabilità del capoluogo sardo, migliorando così le condizioni di traffico proprio a favore del Sant’Elia.
Qualche anno dopo il grande ritorno in Europa: nella stagione 92-93, sotto la guida di un Carlo Mazzone nel bel mezzo della sua carriera, la squadra del neo presidente Cellino, con i gol del Principe Francescoli e di Lulù Oliveira, conquista il 6° posto in Serie A e la conseguente qualificazione alla Coppa UEFA 93-94. La stagione parte in burrasca: ancor prima che inizi il campionato arriva l’esonero di Radice, il primo di una lunghissima serie sotto la presidenza di Massimo Cellino; gli subentra, quindi, Bruno Giorgi che porta i sardi fino alla storica semifinale del torneo europeo. Dopo aver eliminato ai quarti l’odiata Juventus grazie al gol di Dely Valdes, chiamato a sostituire El Principe nel frattempo passato al Torino, il Cagliari deve vedersela con l’Inter di Zenga e Bergomi. È il 30 marzo 1994 quando in un Sant’Elia caldissimo scende in campo un’Inter tutt’altro che imbattibile in quella stagione: i sardi vincono 3-2 con il gol decisivo di un poco più che esordiente Pippo Pancaro a 4’ dalla fine. La Curva Nord degli Sconvolts, storico gruppo di ultrà cagliaritani, esplode in un tripudio di sciarpe e bandiere. Il ritorno reciterà 3-0 per i nerazzurri cancellando i sogni di gloria di Giorgi e dei suoi ragazzi, tra gli altri un certo Massimiliano Allegri. Quella è stata l’ultima gara nell’Europa che conta per il Sant’Elia.
Agli inizi degli anni 2000 inizia la lenta e inevitabile discesa dello stadio verso la fine. Nella stagione 2002-2003 la Lega non concede l’agibilità all’impianto: gli anelli in cemento armato iniziano a sgretolarsi e i settori di curve e distinti sono a rischio crollo; un rapidissimo intervento della società salva la tana rossoblu facendo installare tribune in tubi innocenti sopra l’ormai obsoleta pista d’atletica, avvicinando così gli spettatori al campo e mettendoli al sicuro dai calcinacci cadenti. Nel 2012 le prime gare lontane da casa: lo stadio continua a cadere a pezzi ed è troppo pericoloso anche il solo passaggio; si vola a Trieste, prima, e a Quartu Sant’Elena poi. In mezzo a questi dieci anni solo Zola, una semifinale di Coppa Italia con l’Inter ancora a tagliare fuori i sardi, il 9° posto di quel Massimiliano Allegri e nulla più. Prima del congedo da stadio del Cagliari, un’ultima stagione abbastanza positiva, con la squadra di Massimo Rastelli che, grazie ai gol di Borriello e all’ottimo rendimento interno, ha chiuso la Serie A con un onorevole 11° posto, ottenuto da neopromossa e vincitrice del campionato di Serie B in carica. L’ultima partita ufficiale è stata degna della sua storia con la vittoria per 2-1 all’ultimo respiro contro il Milan grazie al gol di Fabio Pisacane. Oggi, a esattamente 47 anni dal suo esordio, lo stadio Sant’Elia è pronto a sacrificare la sua esistenza per far vivere un nuovo e moderno impianto che potrebbe riportare il Cagliari ai fasti del passato: l’inaugurazione del nuovo stadio è fissata per il 2020, anno del centenario rossoblu. Le luci che illuminano il prato su cui hanno lasciato il segno scarpini di giocatori come Pelè, Maradona, Zola, Van Basten e Lineker (che lasciò ben più che il segno degli scarpini) sono pronte a spegnersi e a rinascere per una squadra che non rappresenta solo una città, rappresenta un’intera regione, un’intera isola, un intero popolo. Salludusu Sant’Elia!