Ci trasporta Vecino. Ci fa ancora credere, Vecino. Un’Inter di sola inerzia e tanta tanta volontà riprende una partita finita sotto tutti i punti di vista. Dopo sette anni il Meazza riascolta quell’inno che ti fa sentire grande. E che la rende sempre e nuovamente grande. Il Tottenham, vittima del suicidio tattico di Pochettino che toglie Kane e inserisce un difensore in più, si è dimostrato più forte qualitativamente e mentalmente. Gli Spurs, però, escono dalla Scala senza neanche un punto, dopo aver trovato davanti a sé un Handanovic stratosferico, impeccabile e salvagente di un’Inter che dopo il fortunatissimo gol di Eriksen aveva perso completamente la bussola.
Per l’ennesima volta in questa stagione l’Inter va sotto. E su questo, senz’altro, Spalletti dovrà lavorare. A differenza di quanto dimostrato nei confini nazionali, però, l’Inter sbanda ma non crolla. Come ha ripetuto durante l’intera partita un senz’altro esagerato Lele Adani, degno compagno, per così dire, del più degno Trevisani, l’importante è rimanere dentro il match. E l’Inter ci è rimasta. Il numero nove nerazzurro non tocca una palla ma quando la tocca si inventa il gol della stagione.
Nella partita che era necessario vincere per evitare nuove tragedie sportive, lui, Mauro Icardi, non si vede mai, poi compare ed è decisivo. Un lampo che apre uno squarcio nel cielo, diventato poi limpido sull’ennesima capocciata di Vecino, uruguagio dal sorriso splendente e dall’attitudine al sacrificio, uno che al proprio contratto ha aggiunto una postilla: se l’occasione non conta, non segno. Qualche minuto prima qualcuno aveva storto la bocca quando Luciano Spalletti aveva fatto uscire uno stremato ma mai domo Nainggolan, lasciando in campo proprio lui, Vecino, che durante la partita ha corso esattamente quanto ha sbagliato: tanto. Ma che alla fine ha vinto anche sui propri errori.
Un plauso va a chi guida la panchina. Spalletti ha guidato alla vittoria una squadra totalmente inesperta e mancante, specie sotto il profilo mentale. Ha dato spazio fino in fondo a Politano, togliendo un nome pesante come Perisic, forse per scuotere la squadra, forse semplicemente per rimuovere lo stanco croato dal terreno di gioco. Spalletti ha indottrinato a dovere una difesa inventata, con tre esordienti in Champions su quattro (sì, uno è il portiere). Perdonate, un lungo applauso va fatto anche alla difesa. Skriniar terzino su Son faceva presagire il peggio e l’arbitraggio ha fatto di tutto per mettere in difficoltà lo sloveno. Miranda gli fa da padre e De Vrij da fido compagno. E l’Inter subisce pochissimo.
Soprattutto, al di là di ogni analisi, si è visto il destino passare sopra le luci di San Siro. Perché questa è l’Inter in Europa. L’Inter torna in Coppa Campioni dopo sei anni e lo fa alla sua maniera. Mai banale, mai arrendevole. Se si ha un uruguaiano in campo, lottare diventa più facile, certo. Se in panchina si azzeccano le mosse, ancora meglio. E se dopo Milito, un altro principe argentino è pronto a prendersi le stelle, il sogno è già realtà. Bentornata Inter.
Foto di copertina: Claudio Villa – Inter/Inter via Getty Images