Il portiere dell'Arsenal è matto come un cavallo e forte come un leader.
Aaron Ramsdale è un personaggio unico nel panorama calcistico internazionale, un teppista in servizio temporaneo attivo sui campi di calcio. Imprevedibile, sfacciato, provocatore e rissoso rappresenta alla perfezione il prototipo di calciatore odiato senza remore dalla tifoseria rivale ed amato, all’inverosimile, dalla propria. Cresciuto a Stoke-on-Trent, dove spesso alle minacce dalle tribune seguono ‘cordiali’ faccia a faccia fuori dallo stadio, Ramsdale galleggia, anche grazie al suo discutibile savoir faire, in uno stato di apparente grazia sportiva da settimane.
Rambo sembra esaltarsi quando attorno a lui, durante i 90’ di gioco, negli stadi più caldi d’Inghilterra si materializza quel clima di corrida che gli pare congeniale. Appena possibile sfida con noncuranza la tifoseria avversaria con gesti, balletti improvvisati, rispondendo in primissima persona agli sfottò dei supporters avversari. Un personaggio che sembra uscito dalle sapienti mani del disegnatore Alan Moore, catapultato in una realtà che non gli appartiene, nella quale si limita a godersi al meglio le sue possibilità, i celebri 15 minuti di fama.
La strabiliante parata del portiere classe ’98 sulla punizione di James Maddison, diventata virale nel giro di pochi minuti e già definita dagli addetti ai lavori “save of the season”, è la ciliegina sulla torta di questa prima parte di stagione.
Il nuovo numero 1 dell’Arsenal, oltre ad aver fatto strabuzzare gli occhi ai tifosi d’oltremanica, ha guadagnato i preziosi attestati di stima di David Seaman – autentica istituzione nel variegato universo red and white – e di Peter Schmeichel, incurante della presenza del figlio Kasper all’interno del rettangolo di gioco nella sfida contro le Foxes. Incalzato a riguardo nella conferenza stampa post partita (per la cronaca 0-2 il risultato finale) Aaron si è limitato ad un quanto mai serafico: «Oggi è stata la mia giornata. Una di quelle partite nelle quali riesco a respingere ogni cosa». Semplice, no?
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La serie positiva di 10 risultati utili consecutivi conquistati dall’Arsenal di Mikel Arteta, dopo la pesante sconfitta arrivata lo scorso 28 agosto con il Manchester City, porta indiscutibilmente la firma di Rambo. Con Ramsdale in porta, infatti, i Gunners hanno subito solamente 4 gol, mantenendo per ben 5 occasioni la porta inviolata, e riuscendo a non perdere nemmeno una sfida. Il campionato è ancora lungo, però gli attestati di stima e gli alti ostacoli scavalcati cominciano a essere troppi per risultare casuali.
Aaron, premiato tra l’altro come “Arsenal’s Player of the month” del mese di ottobre, è indubbiamente una delle chiavi di volta del nuovo corso dell’allenatore originario di San Sebastian. La squadra, stravolgendo i principi imposti dalla ventennale gestione Arsene Wenger, ritornando alle origini dell’arcinoto “Boring Arsenal” tanto caro a Nick Hornby, ha fatto allora della solidità difensiva un marchio di fabbrica.
“Semplicemente amiamo difendere. Per me, Gabriel, Tomiyasu, Ben White, Nuno, Kieran non c’è nulla di meglio”.
Aaron Ramsdale
In fondo, banalmente, per un difensore dovrebbe essere la normalità esaltarsi più per un tackle scivolato nella propria trequarti difensiva che per una sovrapposizione nella metà campo avversaria. Non raccontatelo però ai teorici del calcio di oggi. «Voglio tornare a vestire la maglia della nazionale. Sogno di essere uno dei protagonisti della prossima World Cup». Citando il nostro direttore editoriale, in un calcio da cui si pretendono scienza e controllo, Aaron Ramsdale rappresenta l’epica e l’imprevedibilità. Non ci rimane che raccontarne le gesta, salvaguardandone la figura dalla deriva odierna dello sport più popolare del mondo.