Storie
12 Febbraio 2020

Il canto del cigno del grande Ajax

Supercoppa europea 1974, Ajax v Milan 6-0: l'ultima esibizione di una squadra rivoluzionaria.

Uscirono di scena dopo aver conquistato l’ennesimo trofeo dei primi anni 70. L’ultima grande partita di quel ciclo l’Ajax la giocò spazzando via il Milan nella finale della Supercoppa d’Europa. Era il 16 gennaio 1974. La squadra rossonera, guidata da Cesare Maldini e Nereo Rocco, fu umiliata da un 6 a 0 senza attenuanti, al termine di novanta minuti che fecero emergere la nettissima superiorità olandese.

 

La gara d’andata, giocata a San Siro una settimana prima, premiò il Milan, abile a resistere alle pressioni dei lancieri, salvato a più riprese dalle prodezze di William Vecchi e cinico a tredici minuti dalla fine, colpendo in contropiede con Luciano Chiarugi. Cavallo Pazzo, sfruttando un’indecisione di Hulshoff, rubò il tempo al tedesco Blankenburg per poi involarsi verso la porta difesa da Stuy. Evitato un placcaggio rugbistico, l’ex viola concluse in rete con un tiro forte e preciso. L’allenatore George Knobel, ripensando alle occasioni mancate dai suoi giocatori, si concentrò sulla partita di ritorno, certo di ribaltare il risultato.

 

La stagione 1973/74 dell’Ajax era però cominciata nel modo peggiore. Johan Cruijff, simbolo di quella squadra e capitano nella stagione precedente – conclusasi con la conquista della terza Coppa dei Campioni consecutiva a spese della Juventus di Vycpalek, battuta a Belgrado da una rete di Rep -, aveva deciso di lasciare i lancieri e trasferirsi al Barcellona.

 

Suurbier, Neeskens e Haan a San Siro dopo la sconfitta di misura nella gara d’andata

 

Qualcuno tirò fuori la questione legata alla fascia di capitano. Nell’estate ‘73, al raduno della squadra prima del ritiro all’hotel De Lutte, nei pressi del confine tedesco, mister Knobel incontrò i giocatori per il discorso d’inizio preparazione. Quasi al termine, l’allenatore ricordò ai suoi di scegliere il capitano come da consuetudine: i grattacapi di Knobel ebbero inizio dopo quell’incontro.

“Mi attenni alla tradizione della squadra. – disse anni dopo il tecnico, ricordando quelle vicende – Ogni anno il capitano dell’Ajax veniva scelto dai giocatori senza la presenza dell’allenatore, un’usanza che durava da molti anni”.

L’allenatore in seconda, Bobby Haarms, confermò quella consuetudine. Knobel si allontanò prima delle operazioni di voto. Tre i candidati: Johan Cruijff, Piet Keizer e Barry Hulshoff. In pochi minuti si arrivò all’esito: nessuno votò per Hulshoff, Keizer ne prese dodici, Cruijff sette.

 

Quando Knobel comunicò il nome del nuovo capitano, qualcuno parlò di ammutinamento nei confronti del “Profeta del gol” e di volontà di minare la sua autorità. Fu il passaggio che convinse Cruijff ad accelerare i contatti, già ben avviati, per trasferirsi al Barcellona. Il 19 agosto 1973 giocò la sua ultima partita con i lancieri, contribuendo alla larga vittoria (6-1) contro l’Amsterdam Fc. Poche settimane dopo era già al Camp Nou per allenarsi con gli azulgrana dopo un passaggio record da un milione di dollari.

 

grande ajax
Una squadra rivoluzionaria capace di segnare la storia del calcio

 

Knobel non volle passare per il colpevole dell’addio del fuoriclasse. L’elezione del capitano fu solo un pretesto, Cruijff se ne sarebbe andato comunque per questione di soldi. Il nuovo allenatore, convinto di arrivare in una squadra composta dai migliori professionisti del calcio mondiale – l’Ajax veniva da tre Coppe dei Campioni vinte consecutivamente, dal ’71 al ’73 -, trovò giocatori che si sentivano quasi degli dei, arroganti e privi di umiltà.

“Arrivare sul tetto del mondo – disse Knobel – è molto difficile ma restarci lo è ancora di più. Non mi sorpresi quando Cruijff se ne andò, perché sapevo già da tempo che non sarebbe rimasto all’Ajax. Lo sapevano tutti. Faceva comodo alla stampa dire certe cose”.

La verità stava altrove: nell’ingaggio stratosferico offertogli dal club catalano. Il colpo fu durissimo. Il dominio dell’Ajax in Coppa dei Campioni era finito al cospetto dei bulgari del Cska che prevalsero, a Sofia, quasi allo scadere dei tempi supplementari. Persa la corona europea, la squadra si disgregò rapidamente. La fiducia verso Knobel colò a picco dopo le accuse del tecnico ad alcuni suoi giocatori di “bere e andare a donne”.

 

Furono queste le premesse che precedettero il doppio confronto di Supercoppa Europea contro il Milan, l’ultima possibilità per dare un senso ad una stagione che rischiava di concludersi con un nulla di fatto. All’aeroporto di Amsterdam, alcune “olandesine” in abiti tipici accolsero la comitiva milanista. La partita di ritorno fu un monologo aiacide, complice anche l’atteggiamento dei rossoneri, surclassati a centrocampo dal gioco asfissiante dei lancieri che andarono in rete nel primo tempo con una punizione di Mulder e raddoppiarono con capitan Keizer, libero di colpire nell’area piccola rossonera.

 

L’1-0 di Mulder che spalancò le porte alla disfatta rossonera

 

Il Milan si schierò con Anquiletti, Aldo Maldera e Schnellinger a protezione di Vecchi, Sabadini chiamato a seguire come un’ombra Krol nelle sue scorribande offensive, Dolci in mediana, Benetti e Biasiolo opposti a Neeskens e Haan, con Mühren affidato a Turone. Rivera giocò portando un inedito numero nove sulle spalle ma con compiti di regia a centrocampo mentre Chiarugi fu l’unica punta. Knobel confermò lo stesso undici di San Siro: Stuy, Suurbier, Krol, Blankenburg, Hulshoff, Haan, Rep, Neeskens, Mulder, Mühren e Keizer. Il gioco olandese finì per umiliare il Milan, portando la squadra di Maldini e Rocco ad una resa senza condizioni, la peggiore sconfitta della storia rossonera in ambito europeo.

 

 

L’Ajax dettò legge. Senza alcune prodezze di Vecchi, il passivo sarebbe stato ancora più ampio. Neeskens e Haan annullarono ogni tentativo di costruzione del centrocampo milanista dove Benetti e Biasiolo sembrarono due naufraghi in cerca del legno per non andare a fondo. La musica non cambiò nella ripresa. Gli olandesi continuarono ad imperversare, il Milan ad arrabattarsi alla disperata. L’unico lampo fu di Chiarugi: un palo clamoroso al termine di una improvvisa sortita personale. Neeskens, migliore in campo, chiuse i conti su azione da corner, siglando il terzo gol.

 

 

Atleticamente i lancieri mostrarono una tenuta nettamente superiore a quella milanista. La palla gol sprecata da Rivera, su assist di Maldera e buco del barbuto Hulshoff, fece da preludio alle altre tre reti olandesi: la prima di Rep, la seconda di Mühren su rigore e la terza di Haan. Cappotto servito per una Waterloo che il Milan si meritò in pieno. “Italiani macaroni, nicht capire football”, gridò un tifoso olandese, visibilmente brillo, in uno strano pasticcio linguistico dopo il fischio del tedesco orientale Glockner, l’arbitro con un cognome che sembrava preso in prestito da qualche trama poliziesca di Herbert Reinecker.

 

Gli olandesi, compiaciuti e soddisfatti, festeggiano il trionfo

 

Quella dell’Ajax in Supercoppa d’Europa, neonata manifestazione che opponeva le vincitrici di Coppa dei Campioni e Coppa delle Coppe, fu l’ultima esibizione della squadra dominatrice dei primi anni 70. Knobel verrà esonerato tre mesi dopo. L’Ajax si sfaldò. Neeskens lasciò i lancieri a fine stagione, raggiungendo Cruijff al Barcellona; Keizer abbandonò il calcio nell’ottobre di quell’anno dopo un acceso diverbio con il nuovo allenatore Hans Kraay: non toccherà un pallone per oltre trent’anni.

 

Haan passò all’Anderlecht nel marzo ‘75, trovando il connazionale Rob Rensenbrink, elemento di punta del club biancomalva. Blankenburg fece rientro in Germania, Johnny Rep passò al Valencia. Il portiere Stuy se ne andò nel gennaio ’76, Mühren si trasferì al Siviglia cinque mesi dopo. Rimasero un po’ più a lungo alcuni difensori: Hulshoff e Suurbier fino al 1977, Ruud Krol restò ad Amsterdam altri tre anni per poi approdare al Napoli.

 

Non rimase nulla dell’Ajax che dal 1971 al ’73 non aveva avuto rivali in ambito internazionale, meritandosi un posto di rilievo nella storia del football, accanto al Real Madrid di Alfredo Di Stefano. Calato l’entusiasmo, svanita la gioia dello stare insieme, quel meraviglioso gruppo era imploso. L’epitaffio sulla saga dell’Ajax rivoluzionario lo pronunciò Gerrie Mühren:

“Se il calcio non ti dà gioia, va a finir male”.

 


Nell’immagine di copertina l’Ajax campione d’Europa 1973.

Da sinistra a destra, in basso: Sjaak Swart, Johnny Rep, l’allenatore Stephan Kovacs, l’allenatore in seconda Bob Haarms, Ger Kleton, Jan Mulder, Johan Cruyff e Gerrie Muhren. 

Da sinistra a destra in alto: Arie Haan, Horst Blankenburg, Sies Wever, Wim Suurbier, il portiere Heinz Stuy, Piet Keizer, Ruud Krol, Heinz Schilcher, Arnold Muhren, Johan Neeskens and Barry Hulshoff.

(Foto di Central Press/Hulton Archive/Getty Images)


 

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Sergio Taccone

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