Errigo è tornata ai vertici del fioretto mondiale.
Da Antalya 2009 – quando arrivò il primo bronzo – al Cairo 2022 – quando al collo appese uno splendido argento – è stato un giro lungo e complesso ma lei è sempre rimasta lì, al centro del macrocosmo del fioretto femminile. Arianna Errigo in Egitto ha scritto una pagina di storia della scherma, conquistando la sua diciannovesima medaglia mondiale, la nona nell’individuale. E soprattutto la settima consecutiva. Sì, perché da Budapest 2013 la brianzola non è più scesa dal podio: due ori, quattro bronzi e adesso l’argento. Oltre i traguardi a squadre.
Quella che cominciò in Turchia era una ventunenne talentuosa che salì sul podio due volte. Da sola (bronzo) e con una squadra imbattibile, o quasi: lei, Vezzali, Di Francisca, Granbassi. Quella che è tornata prepotentemente ai vertici mondiali adesso – a poche settimane dalla doppietta oro-argento agli Europei – è tutta un’altra donna. Soprattutto, una atleta rinata. Dopo la grande delusione di Tokyo – la sconfitta ai quarti contro Alice Volpi che sapeva di definitivo passaggio di testimone (e che iniziò con un clamoroso 0-9, poi concluso sul 7-15) e una prova disastrosa nella semifinale a squadre – pareva che il meglio fosse ormai alle spalle.
E che le dovesse rimanere per sempre il rimpianto del mancato oro olimpico individuale, sfiorato soltanto nel 2012, sconfitta in finale, all’extratime, dall’amica-nemica Di Francisca. Quella con cui era nato un sodalizio anti-Vezzali ma che poi, nella sua biografia, aveva dedicato un capitolo intero al loro rapporto finito malissimo, proprio a Londra: “Il filo (spezzato) di Arianna”. Nel mezzo poi c’era stato di tutto per la ragazza di Muggiò: a cominciare dalla guerra sfiancante con la Federazione e il presidente Giorgio Scarso che, sosteneva, le avevano sabotato il suo sogno bi-arma, quello di andare ai Giochi non solo nel fioretto ma anche nella sciabola.
Qualcosa, va detto, quasi inimmaginabile nella scherma iperspecializzata di oggi.
L’arrivo di Stefano Cerioni, un anno fa, come c.t. poteva significare la fine definitiva. O un nuovo inizio. In fondo dipendeva solo da lei. La parola d’ordine era rinnovare. Ma il c.t. – quello stesso che era a Londra nel bordopedana azzurro del Di Francisca vs Errigo – aveva assicurato che non avrebbe defenestrato la vecchia guardia per partito preso. Anzi. Su Arianna contava ancora molto. A patto che si concentrasse solo sul fioretto. «Si tratta di un’atleta dal talento immenso – aveva spiegato alla Gazzetta dello Sport, appena reinvestito del ruolo di commissario tecnico – Ha passato momenti non facili, ma sono pronto a scommettere. Spero di ritrovare l’Arianna dei miei tempi, ha tutto per essere ancora vincente».
È stata questa una delle chiavi della sua rinascita. La ritrovata fiducia intorno a lei. E l’orizzonte per rilanciarsi finalmente come leader del fioretto femminile, dopo il definitivo addio di Di Francisca. E allora non erano state un caso le sue parole social dopo l’Europeo in Turchia: «Grazie a te Stefano, che hai scommesso su di me quando poteva essere più semplice non farlo». Un mondo dietro una manciata di parole. E così, subito dopo, al Cairo Arianna Errigo ha aperto una nuova pagina di storia: neppure la Vezzali, pure sei volte campionessa del Mondo, era mai riuscita a farsi sette podi consecutivi iridati.
Ma non è stata solo una questione di statistiche. Di più ha significato come Arianna ha saputo domare in semifinale la campionessa olimpica in carica e numero 1 del mondo Lee Kiefer (pure dopo un preoccupante black-out che poteva rovinare tutto, da 10-3 a 13-14). E ha raccontato molto anche l’immagine dopo la stoccata del definitivo 15-14: semplicemente un sorriso, le braccia al cielo e uno sguardo a Cerioni. Consapevolezza allo stato puro. E chissenefrega poi se in finale ha dovuto poi cedere a Ysaora Thibus, che ha riportato in Francia un titolo che mancava da oltre mezzo secolo.
A 34 anni compiuti, e in un fioretto femminile attualmente orfano della russa Inna Deriglazova – indiscussa regina dell’epoca pre-covid (ma ancora argento e oro a Tokyo solo un anno fa) – non è più utopia immaginare per questa Arianna Errigo, nella top-five del ranking, un’altra Olimpiade da assoluta protagonista. Nella galleria azzurra sono solo cinque le donne che ce l’hanno fatta, a mettersi quella medaglia al collo: Irene Camber, Antonella Ragno, Giovanna Trillini, Valentina Vezzali e Elisa Di Francisca. E se la prima lombarda fosse lei, che ha appena eguagliato il numero di medaglie individuali iridate del gran milanese (ma anche lui nato in Brianza, a Renate) Edoardo Mangiarotti?