Il mercato delle uniformi da gioco è letteralmente esploso.
Con l’inizio di agosto si comincia finalmente a respirare aria di campionato e, quindi, di maglie e kit d’ogni tipo. Negli ultimi anni molte squadre – anche dalle serie minori o cadette, è il caso del Venezia che in questo senso ha fatto scuola – hanno compreso l’importanza (l’opportunità) di espandere il proprio marchio attraverso un kit non basato sulla semplice esperienza calcistica – l’uniforme da gara, per intenderci – ma su quella estetica, di pura moda.
Perché però questo dovrebbe spiegare l’aumento ormai esponenziale dei costi sulle stesse maglie di gioco? Riformulando meglio la domanda: come, e da quando, avere la maglia della propria squadra è diventato un lusso concesso a pochi eletti?
La ricerca sui costi delle maglie
Da una ricerca condotta dalla società tedesca Pr Marketing, per la produzione di una singola maglia ufficiale servono in media 10 minuti di lavoro. Lavoro che il grosso degli sponsor tecnici fa eseguire in Asia, dove migliaia di operai lavorano in condizioni indecorose e per paghe da fame. Appena qualche anno fa le produzioni si consumavano in Africa centrale, Pakistan o Bangladesh, dove le paghe erano persino inferiori a quelle sul suolo asiatico.
La fetta più grande di questa torta se la divorano proprio gli sponsor tecnici: i club infatti non basano i loro guadagni sulle magliette vendute (di solito, il 6% del costo di una singola maglia) ma sui milioni che i vari Nike, Puma, Adidas elargiscono per accaparrarsi i contratti con le squadre. E nonostante il merchandising delle maglie da gioco negli ultimi anni sia cresciuto del 167% in tutta Europa, generando profitti giganteschi, i prezzi continuano ad aumentare. Per fare degli esempi, una maglia della Sampdoria, che nel 2018 (Joma) costava 70€ oggi (Macron) ne costa 95€; l’Atalanta è passata da 75€ a 85€, lasciando la possibilità di acquistare una versione “light” a soli 45€. L’Inter ha aumentato i prezzi di 5€, mentre il Frosinone promosso dalla Serie B ha fatto registrare il balzo più caro: dai 65€ della scorsa stagione agli 80 attuali – mantenendo per giunta lo stesso fornitore, Zeus.
Costi delle maglie troppo alti?
Ecco il mercato “alternativo”
In virtù dell’impennata economica sulle maglie originali, in netta crescita per le ragioni (soprattutto) di cui a inizio articolo, negli ultimi si è sviluppato un nuovo mercato, quello delle maglie contraffatte. Vengono realizzate e spedite dalla Cina direttamente a casa del tifoso, che deve sì attendere in media 20-30 giorni ma alla modifica cifra di 25€ si ritrova tra le mani una maglia quasi identica all’originale. Parliamo in fondo di un’evoluzione di una pratica già nota in giovane e giovanissima età per noi tutti: dal mercatino sotto casa a quello ai piedi della curva. Contavano i colori, no? Contava il nome del giocatore o lo stemma della squadra, soprattutto.
Il danno viene fatto principalmente ai vari marchi, ma ne risentono anche i presidenti dei club: Aurelio De Laurentis, che con la vittoria dello scudetto ha registrato un vero e proprio exploit del “marchio Napoli”, ha più volte lamentato l’impossibilità di ricondurre negli argini della legge una voce del bilancio che ad altri club porta in cassa decine di migliaia di euro. Alcune settimane fa, nel ritiro estivo di Dimaro, si è rifiutato di autografare una maglietta di un bambino soltanto perché non originale. Parliamo sempre di contraffazione, e non bisognerebbe né giustificare né promuovere tali “repliche”, come suggerisce il sito AliExpress al fine di scovare le maglie del vostro club preferito nel più grande rivenditore cinese presente online. Ma come si può pensare di combattere la pirateria, vendendo una maglietta originale a 130€?