L'incredibile storia del crimine che coinvolse i gialloneri nel 2017.
Sono le 19.15 dell’11 Aprile 2017. Il pullman del Borussia Dortmund ha appena lasciato l’Arrivée Hotel, l’albergo a quattro stelle ai margini di una foresta deputato ai ritiri pre partita. Direzione Westfalenstadion, dove di lì a poco è in programma l’andata dei quarti di Champions contro il Monaco di un giovanissimo Mbappé. Il pullman imbocca la stretta via all’esterno dell’albergo, una via costeggiata da una siepe bassa e folta.
D’un tratto dalla siepe si sente il terrificante boato di un’esplosione. Alcuni vetri del pullman vanno in frantumi, il fumo e il panico s’insinuano nell’abitacolo, tra le urla dei giocatori e dei membri dello staff di Tuchel.
Alcuni sono in piedi, altri sotto i sedili. Nella confusione generale, le narici di Nuri Sahin decifrano quell’odore acre e pungente, spedendo un tiro all’incrocio del suo cervello: è polvere da sparo, è esplosa una bomba, sono in mezzo a un attentato. Immaginando che i terroristi siano pronti a saltare sul pullman per finirli a colpi di mitra, il turco urla ai suoi compagni di scendere alla svelta dal veicolo.
Alcuni iniziano a scendere, Marc Bartra però è inchiodato al sedile. È coperto di sangue, che sgorga generoso dal suo braccio destro e dal polso sinistro. Papastathopulos, seduto accanto a lui, urla e si sbraccia verso i fisioterapisti, che accorrono in soccorso del difensore catalano. Bartra è intontito, sta chiudendo gli occhi, e i fisioterapisti, come in un film di guerra, lo schiaffeggiano per tenerlo sveglio, urlandogli: «Marc, non addormentarti!». Mentre Bartra pensa che deve rimanere vivo per sua figlia, il primo pensiero dei presenti va immediatamente all’Isis.
Accanto alla scritta “Echte Liebe”, amore vero, scritta sulla fiancata del pullman, c’è il beffardo foro di una scheggia. La notizia si diffonde tra media e forze dell’ordine. Sulla scena arrivano venti blindati della polizia e i primi giornalisti, che si trovano davanti i giocatori intontiti come zombie, chiusi in un silenzio tombale, i volti pieni di cenere, gli occhi sbarrati, paralizzati dallo shock.
Chiamano a casa, dicendo ai parenti di stare allo stadio perché temono che ci siano attentatori all’esterno. Hans-Joachim Watzke, amministratore delegato del Borussia, dopo essere stato informato dell’accaduto, viene portato in un’oscura stanza del Westfalenstadion. È senza finestre, opprimente, è la stanza del comitato anticrisi. Ancora non si capisce quanto sia grave la situazione. La speranza è che non ci siano altre bombe. Le strade attorno l’impianto vengono monitorate a tempo record, e gli artificieri danno il via libera al deflusso degli spettatori presenti, comunicando loro che la partita è ufficialmente rinviata.
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