Matteo Petrillo
1 articoli
Il rigido inverno di Campuasce rende la ‘stesa’ per il corso una prova di coraggio per tutti quei forestieri che non sono abituati a certe temperature. Durante la settimana, il centro è desertico; il sabato sera, invece, la città si rianima, e il giro dei pub a via Ferrari è un ottimo modo per combattere il freddo. Campobasso è così, una piccola realtà fatta di immutabili abitudini.
Appuntamenti che, se mancati, non permettono di vivere appieno il capoluogo molisano. Il più importante di questi è sicuramente la sfilata dei Misteri a Corpus Domini. Restando in ambito religioso, la domenica a Campobasso vuol dire soltanto una cosa: le partite del Lupo a Selvapiana.
La storia dei Lupi comincia nel 1919, anno in cui viene fondata l’Unione Sportiva Campobasso. I soldi a disposizione sono pochi e la città è più isolata rispetto ad altre realtà calcistiche. I colori sociali sono il rosso e il blu, ripresi dal gonfalone dello stemma cittadino: l’accostamento simboleggia i Crociati e i Trinitari, due confraternite che nel Cinquecento si facevano la guerra. La squadra è composta esclusivamente da elementi cittadini, ma è nelle partite in casa che il Campobasso dà il meglio di sé: al campo sportivo di Palazzo Magno cadranno squadre come il Savoia, la Salernitana e la Nocerina. Merito anche del dodicesimo uomo in campo, il caldissimo tifo rossoblù, che ormai ha consacrato il calcio a sport della città.
La città è povera e la gestione dei bilanci risulta alquanto ardua. Così, gli appassionati con qualche soldo in più contribuiscono alla causa facendo delle donazioni. Addirittura, il Comune aumenta il dazio sul vino ai suoi cittadini per aiutare la squadra. Bisogna difendere a tutti i costi quel calcio legato al territorio. Anche perché il Molise deve ancora rivendicare la sua autonomia regionale, che arriverà nel 1963 con la separazione dall’Abruzzo; a livello calcistico, bisognerà attendere fino al 1992 per il primo torneo molisano di Eccellenza. Sulla carbonella del mitico campo Romagnoli, i Lupi giocano per anni tra la Promozione Campania e la serie D.
Cambio scena. Siamo in Basso Molise, più precisamente a Ururi, uno dei paesi della comunità arbëreshë molisana. C’è un sedicenne che ha appena preso la corriera verso Campobasso: il ragazzo vuole diventare un calciatore e unirsi alla squadra del capoluogo.
In città, il tifo rossoblù accompagna i suoi beniamini nei campionati per conquistare la promozione. Negli anni Settanta, andare al Romagnoli significa assistere ad uno spettacolo sugli spalti: quando segna il Lupo, dai distinti partono razzi sparati da pistole scacciacani, mentre in tribuna una banda paesana sta suonando “Rosamunda”. È il periodo del Club Rossoblù, nato nell’estate del 1973 e con sede al corso. Due anni dopo, bandierine stese da un palazzo all’altro, auto che strombazzano in centro e striscioni del Lupo in tutte le strade: è la festa per la promozione in serie C.
Abbonati a ULTRA per vivere un’esperienza totale di Contrasti
Dopo decenni di campionati minori, il Campobasso fa il suo ingresso nel calcio professionistico. La piazza ha fame di grandi traguardi, ma il caro Romagnoli mostra i suoi limiti: il terreno è ancora in carbonella e il tifo organizzato deve accontentarsi di occupare tavoloni di legno sostenuti da tubi innocenti. Ci vuole ben altro per affossare il Lupo. Una lezione che il Livorno imparerà a sue spese, quando nel gennaio dell’80 crede di vincere a tavolino perché il Romagnoli è sotterrato dalla neve e la partita non può essere rinviata: quando tutto sembra perduto, dei tifosi rossoblù accorrono al campo e cominciano a pulirlo con pale, scope e mani nude.
La partita si gioca e il Campobasso onora il sacrificio della sua gente vincendo contro gli amaranto: ‘U Campuasce è n’ata merc.
Ormai non si parla d’altro che del Campobasso e della sua lotta per andare in serie B. L’entusiasmo è travolgente, ma non mancano momenti duri. Tra questi, la partita in casa contro la Cavese, che si trasformerà in guerriglia: i molisani resistono all’assalto dell’Aquila selvaggia e, uscendo dalla città, i campani rischiano pure di beccarsi delle schioppettate da fucili misteriosi. Il clima era stato così teso poiché il risultato di quella giornata sarebbe stato determinante per la chiusura del campionato. Quello del Lupo si chiude a Rende, dove i tifosi vedono sfumare il sogno promozione. Sul pullman di ritorno sono tutti delusi e restano in silenzio. La società rischia il fallimento.
Ma è proprio nell’ora più buia che si fa strada una grande speranza. La società viene acquistata dall’imprenditore edile Antonio Molinari, che crede ancora nella tanto agognata promozione. Sulla carta, il Campobasso è uno squadrone; sul campo, invece, il gruppo è senz’anima e non ingrana mai: il campionato comincia malissimo. Allora la società decide di cambiare rotta, così chiama in panchina Antonio Pasinato. L’allenatore altoatesino ritrova la sinergia nella squadra e il Campobasso sale fino a metà classifica.
Gli anni Ottanta sono una stagione d’oro per il tifo rossoblù. Diverse sono le pubblicazioni di stampa periodica che raccontano le gesta del Lupo. Lo sport cittadino è anche oggetto delle caricature di Tonino Perrone, vignettista campobassano scomparso troppo presto. Nasce Telemolise, la prima emittente privata della regione: il giornalista Antonio Di Lallo inaugura una trasmissione destinata a diventare un’icona per molti appassionati. Al Romagnoli, il tifo organizzato dà vita al glorioso Commando Ultrà Campobasso 1981. Ognuno fa la sua parte per dare supporto alla squadra, adesso tocca agli undici lupi in campo.
Dal rischio retrocessione al miraggio promozione: la stagione 1981-1982 è un’altalena di emozioni. Il Campobasso ha intrapreso una scia positiva che lo ha portato fino ai primi posti in classifica. Qui inizia una scena chiave della storia: una carovana di quaranta e passa pullman è partita da Campobasso in direzione Casarano. Quella partita in trasferta è una delle ultime giornate di campionato, vincerla è importante per andare in promozione. Il risultato finisce in parità, ma a Casarano accade un episodio cruciale: dei tifosi locali cominciano una sassaiola verso il pullman degli avversari e colpiscono un giocatore al suo interno. La giustizia sportiva valuta il caso e assegna al Campobasso la vittoria a tavolino.
A fine stagione, quei punti saranno decisivi per realizzare il sogno: il Campobasso viene promosso in Serie B.
Quel ragazzo che, anni prima, era partito da Ururi per diventare un calciatore nel capoluogo, ha visto una squadra passare dalla Promozione Campania alla Serie B: quel ragazzo ora è un uomo, e si chiama Michele Scorrano, è il capitano della squadra e il mastino della difesa rossoblù. Più di vent’anni dopo, l’inviato di una tv locale intervista l’ormai ex calciatore del Campobasso per parlare degli anni d’oro. Il giornalista in questione è Giovanni Di Tota, membro storico del Cuc 1981 che sugli spalti suonava il rullante.
Le parole di Michele Scorrano sono un manifesto al significato di onorare la maglia della propria regione: “Noi, oltre a fare questo meraviglioso lavoro, avevamo un impegno sociale da portare avanti: far conoscere la nostra regione, che era un po’ dimenticata da tutti quanti. Penso che siamo riusciti a farlo nella maniera più bella e a pieni voti. Tramite il calcio abbiamo dato il meglio del Molise. Una squadra di giocatori non di grosso nome, che rispecchiava il carattere della propria gente, abituata a soffrire nella vita, e noi lo dimostravamo sul campo”.
Torniamo all’estate dell’82 a Campobasso. Quando arriva la notizia dell’esito della sentenza emessa dal giudice sportivo, i liceali escono in anticipo dalle loro classi e scendono in strada per festeggiare. Al centro storico, in via Marconi, i festeggiamenti consumano un quintale di penne all’arrabbiata. La statua di Villa Flora e quella di Gabriele Pepe vengono vestite di rossoblù. I tifosi si tuffano nelle fontane di piazza Municipio e Villa dei Cannoni. Il sindaco premia il presidente Tonino Molinari e lo squadrone di mister Antonio Pasinato. Cartoline spensierate di una grande festa sportiva.
In un’intervista di quest’anno, Maurizio Sarri ha dichiarato che bisognerebbe riportare i grandi club a disputare la Coppa Italia nei campi delle squadre minori. Vedi: Campobasso-Juventus, 18 febbraio 1985. Il Campobasso d’altra parte ha un forte legame storico con la squadra allenata da Sarri: esordio in serie B in trasferta contro la Lazio nel 1982, retrocessione in serie C dopo lo spareggio salvezza contro la Lazio. Era il 5 luglio del 1987, al San Paolo di Napoli il Campobasso salutò una categoria che non riuscirà più a raggiungere. Cinque stagioni in Serie B, arrivando a meno cinque punti dalla Serie A. L’impresa sportiva dei molisani fa parte della cultura pop degli anni Ottanta, come la partita Lazio-Campobasso in una scena del film “L’arbitro, il tifoso e il calciatore” di Pier Francesco Pungitore.
Il Campobasso era comunque riuscito a togliersi qualche sfizio. Ad esempio quando uscì imbattuto da San Siro nella gara di ritorno contro il Milan, nel 1983. Oppure quando vinse in casa contro la Fiorentina nei gironi eliminatori di Coppa Italia, nell’agosto dell’82: quella fu anche la prima partita da radiocronista di Riccardo Cucchi. Tre anni dopo, accadde un miracolo che rimarrà scolpito nella mente di ogni tifoso rossoblù.
Febbraio 1985, Campobasso centro: davanti all’Hotel Roxy, la folla circonda un pullman venuto dal nord. Nel delirio generale, qualcuno lancia fiori e qualcun altro persino una catenina d’oro. Leggendo la scritta sul pullman è presto spiegato il motivo di una simile bolgia: a piazza Savoia è appena arrivata la Juventus di Trapattoni. La Juve a Campobasso, una notizia che suona quasi irreale. La sbornia, anzi la pelle da serie B è lunga da smaltire.
Dieci anni prima, il Lupo giocava sulla carbonella del campo sportivo Romagnoli. Il 13 febbraio del 1985, la città intera è in contrada Selvapiana a riempire lo stadio del Lupo, il Nuovo Romagnoli, inaugurato con la partita in Coppa Italia contro la Vecchia Signora. Quel giorno, in Molise, accade l’impensabile, Davide che batte Golia: Campobasso 1, Juventus 0.
L’immagine si ferma nell’istante precedente al triplice fischio, è difficile immaginare il tripudio che venne dopo. I tifosi rossoblù stavano vivendo il momento più alto del calcio in Molise. Purtroppo però, tutte le cose belle finiscono.
Il Campobasso aveva raggiunto le nuvole e da lì la caduta fece malissimo. La società sprofondò in una crisi profonda e dovette dichiarare il fallimento. Nel corso degli anni si susseguiranno diverse rifondazioni; addirittura, nel campionato di Eccellenza 2002-03 figuravano due squadre di Campobasso.
Nonostante tutto, la Curva Nord non ha mai lasciato il branco. Dopo il Cuc 1981 sono nati numerosi gruppi e sottogruppi. Tra i più importanti ci sono gli Smoked Heads, gruppo ultras nato nel 1986 e scioltosi nel 2016 dopo trent’anni di tifo organizzato e iniziative sociali. Nel 2004 diedero vita alla onlus “Ultrantirazzista”, un progetto che raccolse migliaia di euro in donazioni a ospedali, strutture di accoglienza e aiuti umanitari. Tra i valori della curva, infatti, c’è anche l’antirazzismo, condiviso con gli altri partecipanti ai Mondiali Antirazzisti.
Non è casuale dunque l’amicizia con Fasano, dove i tifosi rossoblù si recano ogni anno per partecipare alla Festa Antirazzista, organizzata dagli Allentati e dai Fasano Ultras. Gli Smoked Heads hanno inoltre contribuito alla storia societaria del Campobasso attraverso le esperienze del comitato “Noi siamo il Campobasso” e del successivo progetto di azionariato popolare.
Nel 2021, il Campobasso viene promosso in Serie C e in città si torna a festeggiare. Purtroppo però, il ritorno nel calcio professionistico dura appena una stagione, dato che un cavillo burocratico squalifica i molisani dal campionato. La delusione viene raccolta anche dal mondo politico, prima dal Comune di Campobasso e poi da Claudio Lotito. Alle ultime elezioni politiche, il presidente della Lazio è stato candidato da Forza Italia proprio in Molise, una terra da esplorare a suon di scope e passatelle. L’attuale senatore della Repubblica in campagna elettorale dichiarò:
“Io voglio risarcire il Campobasso perché la Lazio nel 1987 in uno spareggio a Napoli determinò la sua retrocessione, oggi quindi la Lazio deve ridare qualche cosa al Campobasso e io sono a disposizione per darlo”.
Sembra proprio che le storie dei biancocelesti e dei rossoblù continuino a intrecciarsi.
Oggi il Campobasso ha una nuova proprietà statunitense e punta alla promozione. La piazza non può fare altro che dare fiducia a questa gestione, dopo i disastri provocati da avventurieri di provincia e presidenti-padroni, che evidentemente non hanno onorato la maglia del Lupo. Una storia che da più di un secolo continua ad appassionare gli amanti del calcio in Molise. Le nuove generazioni imparano a conoscere il Campobasso soprattutto tramite i racconti di coloro che hanno vissuto i suoi anni d’oro.
Il vecchio Romagnoli è il tempio calcistico di quell’avventura. Dove c’erano i tifosi, oggi c’è un grande parcheggio, e l’immagine dei Lupi che giocano a calcio appare soltanto ai sognatori. Ma il campo da gioco è ancora lì: tutti lo hanno ignorato per anni, mai lui non ha mai smesso di raccontare le storie dei suoi vecchi compagni di squadra.
Finché non è intervenuta la politica, facendo passare in Consiglio regionale una delibera per cementificare il vecchio Romagnoli e far sorgere al suo posto la nuova sede della Regione. Una decisione respinta da parecchi campobassani, i quali preferiscono il verde del campo al grigio del cemento. Non si tratta soltanto del capoluogo: le istituzioni non riescono a capire la rilevanza sociale del vecchio Romagnoli per tutto il Molise. Quel campo testimonia il sacrificio di tutti i giocatori che hanno vestito e onorato la maglia rossoblù. Una squadra che ha portato in tutta Italia il messaggio di un calcio come impegno sociale per il proprio territorio.
Anziché fare tesoro di questi valori, la politica toglie alla gente per dare a sé stessa. Certo, c’è lo stadio a Selvapiana, ma non è la stessa cosa: il vecchio Romagnoli è un campo popolare, al centro della città, e merita un destino migliore di quello che ha in mente la politica. Tipo? Un posto verde dove tutti possano praticare sport e ricordare l’impresa sportiva del Campobasso, una preziosa fonte di ispirazione per questo Molise che ha tanto bisogno di impegno sociale per non sprofondare. Forza Lupo!
Per tutte le foto raccolte e inserite nell’articolo (compresa l’immagine di copertina) si ringrazia Campobasso unica fede.