A Sacchi ha risposto Don Fabio: due poli opposti.
All’intervista di ieri di Sacchi sulla Gazzetta ha risposto oggi Capello sul Corriere dello Sport (intervistato dal direttore Ivan Zazzaroni) con un elogio del “calcio all’italiana”: due poli radicalmente e irriducibilmente opposti – come furono il Milan di Sacchi e poi quello di Capello, entrambi vincenti – in una rappresentazione plastica del dibattito sportivo nazionale. Già a partire dall’attacco, il senso del discorso appare chiaro: «Oggi mi ha telefonato un giornalista spagnolo, mi ha detto che dalle sue parti va forte il calcio all’italiana: Villareal, Atletico Madrid, Real Madrid».
Quindi sulle critiche a Simeone, trend degli ultimi giorni: «Noi invece siamo quelli della costruzione dal basso. I passeggini laterali, tanti simpatici scambi con il portiere, la ricerca immediata della superiorità numerica, come dicono quelli più bravi di me (…) Ah, importante: alla fine nel calcio vince la qualità, non c’è discussione. Foden fa due dribbling, serve De Bruyne e il gioco è fatto». Qui si inserisce Zazzaroni, che spiega come un importante allenatore di Serie A, la sera stessa della partita, gli avesse scritto il seguente messaggio:
“Palla a Foden, ne salta 2, vincono…”
Possiamo solo avanzare ipotesi sull’identità del mister X, fatto sta che Capello riprende l’apologia del calcio all’italiana, che chiarisce non è difensivismo bensì eclettismo, sapersi adeguare alle situazioni e ai rivali: «Gli avversari non vanno aiutati a batterti e gente come Carlo, Simeone e Emery lo sa bene. Guarda un po’ come sono finite le partite delle spagnole. Quelli che dicono “noi siamo noi e ce la giochiamo alla pari con i più forti” mi fanno ridere. Giocano alla pari per retrocedere». E a proposito di giocare, la considerazione sulla penuria tecnica del nostro campionato:
«Da noi la palla non gira velocemente, saltella, non scorre in modo fluido».
Fabio Capello
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Quindi non poteva mancare il riferimento agli arbitri, altro storico tasto dolente per Don Fabio: «non farmene parlare. Sono tutta un’interruzione. Fermano il gioco ad ogni secondo, i contrasti per loro sono sempre punibili e così le nostre squadre non imparano a tenere alto il ritmo. Siamo rimasti indietro, in tutti i sensi, il problema principale però è che quelli bravi non vengono più in Italia, così manca il confronto con i migliori». Un aspetto specifico, quello del metro arbitrale che tende a spezzettare e fermare il gioco, su cui siamo tornati più volte anche noi.
Ma il pepe Fabio Capello, in una “vecchiaia” ormai anch’essa un po’ dogmatica e poco incline ai compromessi (come quella di Sacchi), lo mette nella stoccata finale: ai giornalisti – «voi vi divertite ad appiccicare etichette (come “preistorico”, ndr), alimentando pregiudizi» – e ai “giochisti”: «Quando sento parlare di spartito (termine che aveva usato ieri Arrigo, ndr), di percorso, mi viene l’orticaria».
Una lezione di pragmatismo quasi corrosiva quella di Capello. “Reazionaria” direbbe qualcuno, in certi passaggi anche eccessiva ma altrove ineccepibile, come nell’assunto secondo il quale il nostro calcio manca terribilmente di qualità. Perché alla fine, gira gira e al di là delle ideologie, nel pallone è quella che risulta decisiva, e il gioco non potrà mai compensare il gap di tecnica e intensità del nostro campionato. Chissà, forse si dovrebbero incrociare a metà strada Sacchi e Capello, ma la distanza tra i due mondi appare incolmabile. Quel vecchio volpone di Zazzaroni lo sa bene e non a caso, in chiusura, stuzzica Don Fabio: «Toglimi una curiosità: ti hanno mai invitato a tenere una lezione a Coverciano?»
Capello: «No… ho vinto troppo poco».