Un talento straordinario, solitario nella sua innocenza.
Colin e Bronwyn Stoner sono gente di campagna. Lui bracciante, lei figlia di un allevatore di cavalli. Vivono come nomadi: girano l’Australia lavorando di fattoria in fattoria. Durante l’impiego, trascorrono il tempo in case provvisorie che abbandonano a lavoro terminato. Nel farlo portano con loro i figli Kelly e Casey. Papà Colin ha le spalle larghe da contadino ma anche un’innata passione per le motociclette. Casey però non eredita il fisico da campagna bensì il talento motoristico. E a tre anni guida già una Yamaha PW50 appartenuta alla sorellina Kelly.
Il piccolo Casey muove i primi passi lungo gli sterrati della campagna australiana. Cresce confinato nel suo microcosmo: famiglia, campagna e moto, nient’altro. La motocicletta diventa presto il suo giocattolo preferito e inizia ad eccellere in una specialità: il dirt track. Nato nelle pianure aride del Nuovo Galles del Sud, il dirt track si corre su piste ovali sterrate. Pieghe su sassi, granito o ghiaia: divertimento assicurato.
Stoner durante il GP di Donington Park nel 2009
Sugli ovali di dirt track matura una straordinaria sensibilità di guida. Col fondo sterrato, d’altronde, bisogna saper controllare le derapate della moto in curva ed è qui che Casey affina lo stile che lo porterà a vincere due titoli mondiali in MotoGP. La campagna e la guida sugli sterrati raccontano molto di Casey Stoner. La vita da nomade lo ha reso chiuso e introverso, con quell‘inquietudine persistente dietro lo sguardo malinconico, incassato in un volto dai tratti puerili. Non proprio l’ideale per attrarre le simpatie del paddock.
Stoner non è conforme agli stereotipi del motociclista: non è fascinoso come Agostini, nemmeno estroverso come Rossi. La carenza di rapporti umani ha invece forgiato un uomo schivo e solitario.
Casey è cresciuto lontano dai suoi coetanei, spesso rinchiuso nel suo mondo. Moto, derapate, gas, pieghe. Nessun’altro gioco, nessun’altro svago. Mai andato nemmeno a scuola perché riceveva lezioni a domicilio. Un’infanzia e una adolescenza dalle sfumature antiche, come si evince dal carattere restio ma anche burbero e genuino, da uomo di una volta, che il pilota ha dimostrato per tutta la sua carriera.
“Rolling Stoner”
L’ultima casa gli Stoner la abbandonano nel 1998, quando Casey ha 13 anni. Secondo la leggenda, mai del tutto confermata ma nemmeno smentita, Colin e Bronwyn vendono tutte le loro proprietà (poche, a dire il vero) per investire sulla carriera di Casey. La famiglia lascia l’Australia e vola in Inghilterra, dove il baby prodigio può correre le gare di velocità (in Australia è proibito al di sotto dei 14 anni). Della vita degli Stoner in Gran Bretagna si conosce poco, si sa soltanto che comprano un camper e girano il Paese seguendo passo passo l’ascesa di Casey verso il motomondiale. È Alberto Puig, scopritore di talenti motoristici e poi team principal della Honda HRC, a mettergli gli occhi addosso e inserirlo nel giro dei durissimi campionati giovanili spagnoli . . .
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