Il caso Cavani e il vero razzismo, quello della FA.
Il 2020 finisce come era iniziato. E credeteci noi non vorremmo essere ridotti a commentare notizie di (ormai) ordinaria imbecillità, di un’attualità così spicciola da risultare patetica, noiosa, volgare. Vorremmo andare ed essere oltre, lontano dalle connessioni, dai sermoni, dall’informazione quotidiana. Non avremmo alcuna voglia di sapere che Edinson Cavani è stato squalificato per tre turni dalla Football Association per frasi razziste: il tutto per aver risposto su Instagram “Gracias negrito” ai complimenti di un suo amico dopo la vittoria di ottobre contro il Southampton.
Non importa che fosse un tono scherzoso fra due ragazzi cresciuti insieme, né che in Sudamerica il termine negrito non abbia alcuna connotazione spregiativa o peggio razzista (anzi, ha una valenza affettuosa). No, dopo un processo di oltre due mesi la FA ha deciso per tre turni di squalifica, 110mila sterline di multa e ancora peggio un corso di “rieducazione”. Quest’ultimo aspetto è stato sottovalutato, nel comprensibile focus sulla punizione sportiva, ma è emblematico del momento storico a cui siamo arrivati in Occidente: qui siamo oltre Huxley, Orwell e Bradbury.
Dovremmo tutti (o quasi) non solo stigmatizzare ma temere una deriva di questo genere; ne dovremmo essere sinceramente e sinistramente inquietati.
Per cosa viene “condannato” esattamente Cavani? Tolta la ragione xenofoba-razzista, evidentemente inesistente, viene punito a scopo di sensibilizzazione, di (ri)educazione appunto. Tutti sono convinti della buona fede del Matador, anche la Football Association, eppure bisogna capire che certe parole non le si può usare, letteralmente, neanche per scherzo. Anche qui siamo oltre l’isteria e la demenza, il dogmatismo e l’ideologia: siamo in un mondo nuovo che, attraverso l’esercizio della forza e delle sue prerogative, intende rieducare anche gli innocenti.
Non è infatti la prima volta, e non sarà l’ultima, che la FA ricorre alle maniere forti per i suoi intenti didattici: pensiamo alla questione Bernardo Silva-Mendy, amici da una vita. Il portoghese aveva postato sui social un’immagine con un giovanissimo Mendy e il testimonial di una marca di cioccolatini, tale Conguitos, scrivendo: “Guess who” (Indovina chi). Mendy aveva apprezzato ma non così la rieducazione inglese, la cui mannaia si era abbattuta su Silva sotto forma della combo squalifica-multa. E pensare che tutto ciò aveva anche provocato le proteste del più anti-razzista a parole tra gli allenatori, Pep Guardiola.
Ma comunque, tornando al punto di partenza, veramente non vorremmo commentare certi episodi, e qualcuno coglierà la palla al balzo per suggerirci caldamente di non farlo. Eppure, quando notiamo che in privato tutti ricorrono al “buon senso” e in pubblico invece al “senso comune”, qualcosa ci scatta. Non vogliamo scadere nella retorica orwelliana del dire la verità come atto rivoluzionario nel tempo dell’inganno universale, semplicemente riteniamo necessario scrivere come Cavani paghi una rieducazione che sa di regime. Il regime dei buoni e dei giusti, ma pur sempre un regime.
Anche perché in Sudamerica “negrito” – vezzeggiativo di “ne*ro”, ma non usiamo il termine sennò facciamo la fine del quarto uomo rumeno (si può dire rumeno?) – è un’espressione che si usa da sempre come “tano” per gli italiani, “turco” per i mediorientali, “chino” per gli orientali e così via. Il totalitarismo sta allora proprio qui, nell’ottusità di chi neanche riconosce il modello degli altri, ma anzi strappa un termine a un’altra lingua/cultura per renderlo universalmente esecrabile e razzista. Tutto ciò trasuda un fondo di superiorità razzialeche la FA pretende di avere nei confronti di altri popoli che, meno sviluppati e più “primitivi”, sono razzisti senza neanche rendersene conto. Perché di questo si tratta.
Cavani sconta quello che Massimo Fini, ricollegandosi a una tradizione che va da Pasolini a Flaiano passando per Giuseppe Berto, definisce sul Fatto Quotidiano dell’11 dicembre 2020 “il razzismo degli antirazzisti” (evoluzione naturale del concetto “il fascismo degli antifascisti”).
Fatto sta che l’uruguaiano è costretto adesso a una rieducazione dopo non aver fatto nulla di sbagliato, e neanche lontanamente malizioso. C’è chi è convinto che tutto ciò segni un altra tappa nel cammino lineare del progresso, eppure ieri alle 23 italiane, proprio a Londra, il Big Ben ha suonato l’addio della Gran Bretagna all’Unione Europea. Che la storia non sia lineare come dicono, chissà! Di sicuro qualcuno non ha ancora capito che quello degli Inglesi è stato un gigantesco vaffa, anche a gente come i membri della Football Association.