Marco Cecchinato compie l'impresa che nessuno avrebbe pronosticato, ma non si tratta di un miracolo. 40 anni dopo Barazzutti c'è un italiano in semifinale all'Open di Francia.
E così, quarant’anni dopo, un tennista italiano è approdato nuovamente alle semifinali del Roland Garros. L’ultimo a riuscirci fu Corrado Barazzutti nel 1978, sempre sulla terra rossa di Parigi ma questa volta a firmare l’impresa è un ragazzo venuto da Palermo, il 25enne Marco Cecchinato. Ieri, sul campo intitolato alla leggendaria Suzanne Lenglen, il tennista siciliano s’è imposto sull’ex numero uno del mondo Novak Djokovic dopo una maratona di 3 ore e 26 minuti conclusasi con un palpitante tie-break finito 13 a 11 per l’italiano. E ora in semifinale l’attende il forte austriaco Dominic Thiem, attualmente numero 8 del mondo.
La qualità del gioco di Cecchinato
Sbaglieremmo però a pensare che il cammino sul “rosso” di Parigi rappresenti un miracolo tennistico perché quello di Cecchinato è il risultato di anni di duri sacrifici, di applicazione costante negli allenamenti e di anonimato nei Future e nei Challenger. Se fino a tre mesi fa il giocatore palermitano era conosciuto solamente per l’ottimo servizio e il potente dritto, la vittoria nel torneo di Budapest e le partite contro Carreno Busta, Goffin e Djokovic hanno mostrato un repertorio di colpi ampio e vario, una qualità di gioco raramente riscontrabile nei tennisti italiani: rovescio a una mano vincente sia in diagonale che in lungolinea, smorzate e colpi di taglio particolarmente efficaci nel sorprendere l’avversario e, soprattutto, una capacità di interpretazione della partita da top player. Tutte caratteristiche onestamente riconosciute nella conferenza stampa del dopo partita dal suo avversario negli ottavi di finale, il belga David Goffin: “Inseguivo le palle e non sono riuscito a risollevare il mio livello di gioco e subire di meno. Lui era molto continuo, è anche cresciuto di tono, spingeva molto bene, era molto vivo, era molto dinamico. Poi quando volevo forzare un po’ e fare io il punto, che non è il mio gioco… ho cominciato a fare tanti errori, avevo male al braccio, e poi non avevo nemmeno troppe gambe, perdevo lucidità”. “Ho fatto dei buoni colpi di tanto in tanto, ma mancavano della solita base” – ha proseguito Goffin – “andavo troppo veloce, impaziente, anziché costruire con maggior calma i miei punti come faccio di solito, cercando di farlo correre… Invece era lui che faceva correre me. E ha tenuto sempre un gran ritmo… A Roma l’avevo battuto ma oggi lui era un altro giocatore, giocava molto lungo, soprattutto con il rovescio mi bombardava vicino alla riga fin dall’inizio del punto. E poi anche con il dritto era molto preciso. Ha una bella mano, una buona smorzata, viene bene a rete quando deve farlo e anche con il servizio è stato molto efficace. Magari non fortissimo, ma con molti effetti e poi stava vicino alla riga per tenere l’iniziativa. E dopo mi faceva correre, non riuscivo a prendere il controllo degli scambi”.
Un percorso partito da lontano
Ci sono alcune date che segnano il percorso professionale di Cecchinato. La prima è indiscutibilmente il 2013 quando lascia la sua Sicilia per approdare alla corte di coach Sartori e di Andreas Seppi a Caldaro. E i risultati si vedono subito quando, nel giro di un anno, passa dal numero 411 del ranking alla posizione 163 in classifica vincendo il suo primo challenger a San Marino. Notava su Ubitennis nel 2015 Ubaldo Scanagatta: “Cecchinato è un esempio per i giovani che dalle retrovie smaniano per raggiungere i grandi palcoscenici e abbandonare l’impervio mondo dei Future e dei Challenger con nuovi e ambiziosi obbiettivi e, perché no, con il portafoglio più gonfio. Marco invece sembra essere diverso da questo modello appena descritto: a differenza dei suoi colleghi, il giovane palermitano continua a preferire i Challenger nostrani o nelle ‘immediate’ vicinanze, ai tornei ATP. Beh, la domanda sorge spontanea: perché? Perché un 23enne, dalle buone potenzialità, dovrebbe scegliere di rimanere nel limbo dei tornei minori, quando potrebbe tranquillamente permettersi di affrontare realtà più importanti? […] la vita del tennista non è semplice, specialmente se ci si trova in quelle zone di classifica, in cui basta un mese senza una vittoria per ritrovarsi 20-30 posizioni più indietro, mandando all’aria quanto di buono fatto nei mesi precedenti. Per non parlare poi del lato economico. Affrontare una trasferta di diverse settimane in un continente lontano dal proprio può rappresentare un azzardo, specialmente nel caso in cui quanto guadagnato non vada a finire nella colonna degli utili”.
Anche la squalifica del luglio 2016 per presunte scommesse ha forgiato il carattere del giovane palermitano. In questo periodo cambia allenatore e si affida alle cure di Simone Vagnozzi che, oltre a permettergli un salto di qualità dal punto di vista psicologico e della personalità, gli trasmette un prezioso “comandamento” e cioè che il talento va coltivato con il sacrificio degli allenamenti e con l’abitudine a giocare incontri ad alta intensità. Lo stesso Cecchinato, con molta onestà, ha ammesso il decisivo contributo di Vagnozzi nel miglioramento della qualità del suo gioco come riportato da Riccardo Crivelli su La Gazzetta dello Sport: “È una persona molto intelligente: sfruttava alla grande i suoi punti di forza e te lo trasmette sul piano tattico. Inoltre, mi ha fatto capire che per arrivare ad alti livelli bisogna trascorrere tanto tempo sul campo”. Alla luce di questo percorso, arricchito dalla vittoria al torneo di Budapest lo scorso aprile, non deve sorprendere quanto fatto da Cecchinato a Parigi in quanto ha messo pienamente a frutto il lavoro svolto in questi mesi. A Carreno Busta ha lasciato la miseria di appena quattro game negli ultimi due set e ha riservato lo stesso “trattamento” a Goffin (tre giochi nel terzo e quarto parziale di gioco). Non male se pensiamo che lo spagnolo è numero 11 del mondo e il belga è in decima posizione nel ranking ma è nel match contro Nole Djokovic che abbiamo assistito al definitivo salto di qualità di Cecchinato. La grande reattività psicologica nei frangenti cruciali della gara, i due tiebreak vinti con autorità contro l’ex numero uno del mondo e l’incredibile rimonta nel quarto set mostrano una solidità mentale insospettabile in un giocatore italiano senza dimenticare che il pubblico parigino era tutto dalla parte del serbo. Al termine del match, il tennista palermitano è scoppiato in un pianto irrefrenabile, lacrime che ci hanno mostrato una grande umanità in un circuito super professionale come quello del tennis.
Dove arriverà Cecchinato?
Se fino a due settimane fa era impensabile un risultato così prestigioso in un torneo dello Slam, altrettanto arduo è capire ora quale sarà il futuro di Marco Cecchinato. Il timore che inizia a serpeggiare tra appassionati e addetti ai lavori è che l’impresa parigina possa restare un bellissimo quanto isolato exploit nella carriera del giocatore italiano e che servirà dare continuità al proprio tennis per issarsi stabilmente nell’élite mondiale. Le condizioni giuste ci sono tutte: ampia varietà qualitativa di gioco, applicazione continua in allenamento e grande capacità psicologica di reggere la pressione. La speranza, quindi, è che Cecchinato possa continuare questo cammino di crescita e diventare al più presto un giocatore da primi dieci posti del mondo. Oltre al tennista palermitano, questa edizione del Roland Garros ci restituisce un Fabio Fognini particolarmente volitivo e un Matteo Berrettini in piena ascesa, tutti sintomi che stanno a indicare un movimento maschile in salute specie in ottica Coppa Davis. Se la sconfitta dello scorso aprile con la Francia aveva cominciato a far riflettere l’intero ambiente su un imminente ricambio generazionale (Seppi viaggia sui 34 anni, Lorenzi sui 36 e Bolelli sui 32), la terra di Parigi ci restituisce, oltre al tennista di Arma di Taggia, due ottime pedine per continuare a contare nel tennis internazionale. E ora non resta che assistere alla semifinale Cecchinato-Thiem sperando in un’altra grande, esaltante partita.
Storia del biathlon, uno sport nasce dalla pratica militare e si diffonde oggi come una delle più importanti passioni sportive dell'Europa e del mondo.
Il libro del filosofo francese Jean-Claude Michéa ripercorre le fasi del calcio: da sport delle élite a sport popolare, per diventare infine uno strumento nelle mani del capitalismo finanziario e globale.
Come Roger Federer ha vinto Indian Wells, confermandosi il più forte del 2017. Come ha portato alle lacrime il valoroso Stan Wawrinka, l'eterno secondo svizzero vissuto due volte.
Leggi, approfondisci, rifletti. Non perderti in un click, abbonati a ULTRA per ricevere il
meglio di Contrasti.