Il monegasco è l’unica certezza per il futuro della Ferrari.
Charles Leclerc lo aveva confessato con la solita lucidità disarmante, seduto a braccia conserte nella sala stampa del Red Bull Ring: «Abbiamo capito perchè si crea il problema, ma dobbiamo ancora trovare una soluzione». Mezza bugia o mezza verità, dipende dai punti di vista. Forse un pizzico di pretattica perchè se è vero che la soluzione al problema non è ancora definitiva, lo è anche il fatto che la Ferrari ha saputo metterci una pezza, trascinata dal talento smisurato del monegasco. Dopo il Gran Premio della Stiria, in cui Leclerc ha chiuso settimo rimontando dall’ultimo posto, è tornato in auge il motto che spopola tra i ferraristi:
«Date una macchina a Leclerc!».
Nelle alture di Spielberg è arrivato l’ennesimo capolavoro di Charles, protagonista di una rimonta da urlo dopo il contatto con Pierre Gasly al primo giro che ha costretto il ferrarista alla sosta ai box per sostituire l’ala danneggiata. «Il passo della macchina era molto buono, è andata bene con le gomme», ha scandito il pilota al termine della gara non riuscendo a trattenere un briciolo di rimpianto:
«Abbiamo avuto una sensazione molto amara, da una parte è stata una delle nostre migliori prestazioni, ma senza quel problema all’inizio avremmo potuto fare meglio. Abbiamo fatto grandi sorpassi, la macchina era molto equilibrata».
Sul circuito austriaco, il Cavallino ha riscattato parzialmente il disastro del Gran Premio di Francia, in cui entrambe le Rosse avevano chiuso fuori dalla zona punti a causa di problemi di usura delle gomme. La Ferrari di oggi non conosce mezze misure. In Austria la scelta di prediligere un assetto più carico ha pagato. La Rossa ha sacrificato la qualifica del sabato per puntare tutto sul passo gara, con l’obiettivo di ridurre il consumo degli pneumatici.
La SF21 resta ancora indecifrabile: le due pole position di fila di Leclerc a Monaco e Baku avevano confermato la qualità della Ferrari sul giro secco, al netto delle difficoltà sul passo gara. Il secondo posto di Carlos Sainz nel Principato aveva acceso un barlume di speranza.
Aspettative dissolte, volate via come i pezzi degli pneumatici tra i curvoni del Paul Ricard.
In Francia, oltre alla consapevolezza di un inquietante passo indietro rispetto all’avvio di stagione, era arrivato anche il controsorpasso McLaren al terzo posto costruttori, obiettivo minimo dichiarato dal Cavallino. In Austria il trend si è invertito e la Scuderia ha riguadagnato terreno: Lando Norris (dato come fuori dalla portata della Ferrari alla vigilia) ha chiuso al quinto posto con Daniel Ricciardo addirittura tredicesimo. Ora Maranello insegue Woking a dodici lunghezze di distanza. Alle spalle della diarchia Red Bull-Mercedes sarà lotta serrata.
La Ferrari è dunque impegnata su un duplice fronte: migliorare la competitività della vettura 2021 e portare avanti il progetto per la prossima stagione, quando i nuovi regolamenti tecnici rimescoleranno le carte in tavola.
Le ambizioni di aprire un ciclo vincente passeranno per la bontà del progetto 2022. Inutile ribadire come la Ferrari, a secco di titoli dal 2008, abbia tutte le pressioni addosso: un eventuale fallimento aprirebbe una nuova pagina oscura nella storia di Maranello.
Va letta in quest’ottica la scelta dell’azienda di sospendere gli sviluppi sulla SF21, che ha corretto gran parte dei difetti della disastrosa SF100 del 2020 rimanendo nel perimetro dei pochi interventi consentiti a causa delle politiche di austerity della Formula 1 post Covid. La conferma è arrivata dal direttore sportivo Laurent Mekies: «Siamo già proiettati nel 2022 e non ci sarà nessun vero e proprio aggiornamento in arrivo per migliorare i punti deboli della vettura. Tuttavia si potrà sempre lavorare sui problemi, cercando una migliore comprensione, in modo da trovare nuove soluzioni da applicare».
Con i regolamenti attuali che congelano gran parte degli aggiornamenti a stagione in corso (sotto l’egida inflessibile del budget cup), Ferrari si è trovata ‘costretta’ a rivolgere tutti gli sforzi umani ed economici sulla monoposto del 2022. Interpellato sull’argomento, il giornalista e scrittore Leo Turrini ha fornito un’interessante chiave di lettura sulle colonne di Libero: «Non ho motivi per credere che lo staff attuale della Ferrari, semplicemente per un cambio di regole tecniche, possa partorire una macchina vincente. Perché rimarrebbero in campo sempre le stesse persone».
Le problematiche si allargano alla gestione sportiva dell’azienda nell’ultimo decennio: «Certamente Mattia Binotto avrà la sua quota di responsabilità, in quanto è lì da anni e nelle decisioni pregresse ha avuto un ruolo. Ma il disagio attuale parte da figure più antiche e ben più in alto di lui», ha aggiunto Turrini. «La Ferrari ha disperso un capitale umano incredibile. Mi riferisco anche alla fase ‘terminale’ della presidenza di Montezemolo, non è stato solo Marchionne a metterci del suo. Tra quelli che una decina di anni fa occupavano posizioni apicali nel reparto corse non c’è più nessuno: com’è possibile? Questa è la domanda che dovrebbero porsi i loro vertici. Tornare indietro, ovviamente, non si può. Ma è importante trarre le dovute conclusioni da questa storia triste, per far sì che non si ripeta».
Errori dai quali ripartire per focalizzare tutti gli sforzi sulla prossima stagione, in cui ogni team sarà obbligato a ripartire da zero. La nuova sfida alletta i tifosi del Cavallino, vogliosi di rivivere gli antichi momenti di gloria spazzati via prima dal dominio Red Bull-Vettel e poi da quello Mercedes-Hamilton. In uno scenario incerto (seppur carico di aspettative), la sicurezza si chiama Charles Leclerc. Dategli una macchina, e il ragazzo cresciuto sotto l’ala protettiva di Maranello sarà in grado di riportare il Cavallino ai fasti di un tempo. La classe, il talento e il tempo sono dalla sua parte.