Interviste
04 Settembre 2023

Djibril Cissé: Liverpool, Lazio e House Music

Intervista esclusiva all'attaccante francese.

Della retorica del calciatore con annessa vita sregolata, da apprendista rockstar, sono piene ormai le pagine (e non solo). Quotidiani, riviste, pubblicazioni varie sia analogiche che digitali, sia nazionali che fuori confine, periodicamente, raccontano il futuro potenziale talento del calcio internazionale usando formule quali: “un autentico bad boy”, “difficile da gestire”, “con un carattere spigoloso, figlio di un’infanzia complicata” e potremmo continuare all’infinito con una lunga sequela di frasi fatte che si ripetono con la stessa innocua frequenza della piacevole quanto effimera hit estiva del momento.

Djibril Cissé, anche conosciuto come Lord Djibril Cissé de Frodsham, è uno dei pochi calciatori che risponde realmente a determinate descrizioni e che, al di là della vulgata retorica, può sostenere, con la sicurezza che deriva dalla verità, di aver vissuto in prima persona situazioni di un certo genere. Queste lo hanno reso, nel bene o nel male, la persona che è oggi.

Raggiungerlo per un’intervista, ovviamente, non è stato facile. In fondo, per quale motivo Vinz (interpretato da uno straordinario Vincent Cassel) nel celebre La Haine si sarebbe dovuto concedere a luridi giornalisti interessati solo allo scoop ed alla notizia acchiappa clic?

Djibril, come sta andando la carriera da DJ/Producer con lo pseudonimo di Tcheba?

Non posso davvero lamentarmi, sta andando molto bene ed è solo l’inizio. Devo ammettere che, finalmente, sto facendo cose che sogno di fare da tutta una vita. Va tutto alla grande!

DJ Tcheba

Negli ultimi anni hai anche fondato un brand d’abbigliamento, Mr. Lenoir: da dove arriva l’idea del marchio?

Sono cresciuto in un quartiere multietnico, ho vissuto a stretto contatto con: arabi, asiatici, africani… Io facevo parte dei cosiddetti noir. L’ispirazione per il nome del brand arriva proprio da lì.

È vera la notizia secondo la quale dopo aver acquistato la Manor House a Frodsham (circa 3 ettari di terra n.d.r.), nella contea del Cheshire, sei diventato ufficialmente Lord?

Con l’acquisto della casa, assumi anche il titolo nobiliare. Quindi sì, teoricamente posso essere definito Lord Djibril Cissé de Frodsham.

cissé

Attualmente lavori al servizio dell’AJ Auxerre come preparatore degli attaccanti. Come ti trovi in questo ruolo?

Mi piace, mi trovo bene in queste nuove vesti. So come si segna, fondamentalmente l’ho fatto per tutta la mia carriera. Credo sia più facile per me, rispetto a tanti altri, riuscire ad aiutare i giocatori offensivi in determinate situazioni. Capisco come si sentono, semplicemente perché ci sono passato anche io prima di loro.

Parlando invece della tua carriera calcistica, in Italia il tuo nome viene legato alla famosa finale di Istanbul stagione 2004/2005.

Ho dei ricordi splendidi di quella partita. Siamo scesi in campo consapevoli del fatto che avremmo sfidato una squadra eccezionale, in grado di schierare giocatori fantastici in ogni posizione del campo. Sapevamo che sarebbe servita una grandissima partita da parte nostra. Con tanto cuore ed un indissolubile forza di volontà, siamo riusciti a capovolgere il risultato e tornare a Liverpool con il trofeo tanto ambito.

Che cosa si prova nell’avvicinarsi al dischetto prima di calciare un rigore in una finale di Champions League?

La mia fortuna è che prima del mio rigore, il Milan aveva già realizzato due errori; quindi, rispetto ad altri compagni di squadra, posso ritenermi un privilegiato, sotto questo aspetto. Ho calciato il rigore con qualche pressione in meno. Ovviamente non posso dire sia stato rilassante: ho dovuto comunque affrontare Dida e tirare un rigore decisivo in una finale europea.



È vero che prima di firmare con il Liverpool, Zidane ha provato a convincerti a raggiungerlo al Real Madrid?

Sì, ricordo che ne abbiamo parlato nel corso della Coppa del Mondo del 2002 giocata tra Giappone e Corea. L’offerta era allettante, non capita spesso di essere cercati dal Real ma avevo già dato la mia parola al Liverpool. A posteriori posso dire di aver fatto la scelta giusta, visti i risultati ottenuti con i reds.

Nel corso della tua carriera sei stato allenato da numerosi allenatori con metodologie ed idee totalmente differenti tra loro. Che ricordo hai della guida di Rafael Benítez?

Un grande allenatore, abbiamo vinto 3 titoli insieme. Un tecnico intelligente, preparato tatticamente e in grado di adattarsi con grande facilità ad ogni situazione proposta dalla partita.

Il 12 luglio del 2011 hai firmato con la Lazio.

Ho degli splendidi ricordi legati all’esperienza in Italia. È stato davvero difficile lasciare la maglia biancoceleste. Sarei potuto rimanere, ma sarei stato costretto a giocare fuori posizione: sono una prima punta ed il tecnico continuava a schierarmi come ala. Ripeto: è stata una decisione difficile ma volevo giocare nel mio ruolo, anche per conquistare il posto in nazionale.

Un pensiero sul patron Claudio Lotito?.

Ho avuto modo di incontrarlo in poche occasioni. Nonostante ciò, non posso che avere un’opinione positiva: in 6 mesi non abbiamo avuto nessun tipo di problema, era particolarmente legato alla squadra ed alle vicende che gravitavano attorno la Lazio.

Mi puoi raccontare i retroscena dietro la foto ed i video che ti ritraggono abbracciato a Samir Nasri dopo la vittoria del titolo del Manchester City nell’ultima giornata della stagione di Premier League 2011-2012?

All’epoca indossavo la maglia dei Queens Park Rangers. La nostra squadra aveva evitato la retrocessione, nonostante la sconfitta rimediata all’ultimo secondo, ed il mio brother poteva finalmente festeggiare, dopo mesi molto impegnativi, la vittoria del titolo nazionale inglese. Conosco Samir da una vita, per me è davvero un fratello. Chiaramente, da parte mia, non c’era nessun tipo di interesse o simpatia nei confronti del Manchester City.

Hai anticipato i tempi trasferendoti in Qatar all’Al-Gharafa nel 2013. Che idea ti sei fatto della crescita del movimento calcistico medio-orientale?

All’epoca non c’era l’interesse che c’è oggi nel paese nei confronti del calcio. Negli ultimi anni hanno investito moltissimo cercando di trasformare i loro campionati in punti di riferimento internazionali. È comprensibile che vogliano far crescere il movimento e non vedo perché non possano ottenere buoni risultati in breve tempo. Molti calciatori di primo livello hanno già raggiunto quelle terre ed altri sicuramente lo faranno.

Ti manca il calcio?

È innegabile che sia, ad oggi, ancora una parte importante della mia vita. Nonostante ciò, ho 42 anni ed ho dovuto voltare pagina, focalizzando le mie attenzioni su altro.

Tuo padre prima (difensore della nazionale ivoriana), poi tu ed ora anche i tuoi figli (Prince Kobe Cissé è, ad esempio, parte integrante del settore giovanile del Liverpool): tutti giocatori di calcio ad ottimi livelli. Come te lo spieghi?

Non saprei, credo sia semplicemente una dote, un qualcosa di innato.

Nel corso della tua carriera hai anche avuto l’onore di lavorare con il celebre regista, sceneggiatore, produttore francese Luc Besson realizzando un piccolo cameo nel film T4XI. Come ti sei trovato lontano dal rettangolo di gioco?

È stata un’esperienza davvero unica. È stato un piacere prenderne parte, anche perché Besson è ancora un grandissimo nome nell’industria cinematografica nazionale.

Sei stato uno degli sfortunati protagonisti della spedizione francese ai Mondiali sudafricani.

Lo considero un capitolo chiuso della mia vita. Mi dispiace se, in qualche maniera, abbiamo mancato di rispetto ai nostri tifosi o alla maglia della nazionale. Ne ho già parlato in passato, credo sia necessario guardare avanti e chiudere la questione una volta per tutte.


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