Il patron viola è tornato all'attacco su procuratori e agenti.
Grazie a Dio esiste Rocco Commisso. Che ci volete fare, a noi i presidenti piacciono così: veraci, senza peli sulla lingua e con qualche pelo di troppo sul petto. Commentando la sfuriata di Rocco a Radio24, Ivan Zazzaroni sul Corriere dello Sport ha scritto che «non c’è più spazio per accuse “generiche”, per tempeste che si esauriscono in un bicchier d’acqua» e ha ragione da vendere. Intanto però un segnale, l’ennesimo, Commisso l’ha dato.
«Bisognerebbe introdurre una norma perché qui è come il Far West. Lo dico per il bene del calcio italiano […]. Qui c’è chi arriva a chiederti il 10% di commissioni, a volte addirittura il 20%. È stato lo stesso Gianni Infantino, numero uno del calcio mondiale, a specificare che in un anno ai procuratori sono andati almeno 700 milioni».
Come mai Commisso si scaglia così veementemente contro i procuratori? Il suo discorso è certamente economico, ma forse c’è dell’altro. Ne parlavamo a proposito del caso Balotelli, quando Gazzetta in pochi giorni lanciava la candidatura di Supermario in azzurro, la riproponeva con forza dopo le difficoltà della nazionale e dedicava ampio spazio ad un articolo (folle) basato sull’overall a Fifa dell’ex fenomeno del Manchester City come prova (?) dello spessore del calciatore. Quando Commisso parla di procuratori e commissioni – curiosa l’allitterazione col patron viola – non sta semplicemente facendo casino, ma sta lanciando un segnale forte al movimento tutto. Ora, senza scadere nella barbarie al rovescio dei giocatori che contrattano coi club sulla base delle proprie statistiche, il problema denunciato da Commisso esiste e non è semplicemente economico ma egemonico.
Ricordate cosa è accaduto questa estate con Rino Gattuso? Mendes, colosso del calcio mondiale, voleva farlo lui il mercato della Fiorentina, piazzando – ça va sans dire – i propri uomini nella rosa allenata (dal suo assistito) Rino Gattuso. Il gioco delle tre carte, insomma. Ma con Rocco non si fotte mica.
«Io, ad esempio, sono sotto scacco di gente che vuol mandare via Vlahovic e guardare cosa è successo con Donnarumma. I club danno l’opportunità a questi ragazzi di affermarsi, poi si vede cosa accade. È il momento di dire basta».
In questo senso il Milan – con Donnarumma ma anche con Kessié – è un modello da seguire. Commisso, che si è poi espresso sulla vicenda delle plusvalenze e sulla Superlega («la Juventus potrebbe finire in Serie B e giocare sempre la Champions mettendo a posto i conti. Dove sarebbe in questo caso la meritocrazia?»), ha ribadito la sua posizione sul caso Vlahovic: «non mi farò ricattare». Sembra di risentire Claudio Lotito, che in una celebre intervista al Foglio di tanti anni fa disse:
«nel calcio la gente pensa di aver trovato sempre qualche fesso da mungere. E spesso i fessi sono i presidenti delle squadre di calcio. Ma io non sono fesso. Non mi faccio mungere. […] Con me pensavano d’aver preso la vacca per le zinne, e invece hanno preso un toro per le palle».
Ecco, è accaduto con Lotito – prossimo senatore della Repubblica –, sta accadendo con Commisso: gran parte della stampa gli si rivolta contro, con l’appoggio sornione dei procuratori. Non a caso Commisso ha parlato a Radio24, mica si è concesso a qualche giornale (o tv locale…). Ma tra tette, culi, mani proibite, love story e notizie sul fantacalcio, forse Commisso, Lotito e chi come loro denuncia i problemi strutturali del nostro calcio andrebbero ascoltati con più serietà. C’è del vero anche dietro al folklore.