Papelitos
17 Gennaio 2020

Salviamo la Coppa Italia dalla sua depressione

Orari improponibili, stadi deserti, formazioni rimaneggiate. La Coppa Italia sta morendo lentamente.

Alle ore 15 di martedì scorso la barra del mio umore stava toccando notevoli picchi verso il basso. La pioggia cadeva, stanca e costante, sulla sessione universitaria, sempre nuova e sempre uguale. Con questo animo, mi sono avvicinato all’Ottavo di finale di Coppa Italia che vedeva fronteggiarsi Napoli e Perugia. È bastata la prima inquadratura alla desolante cornice di un San Paolo deserto per farmi capire che l’umore, già in basso, si sarebbe presto ulteriormente abbassato.

 

 

Che razza di competizione è mai diventata la Coppa Italia? Caratterizzata da squadre che si presentano con formazioni rimaneggiate (si badi bene, anche dalle piccole di Serie A!) e giocatori scongelati per l’occasione, da orari improponibili e da stadi tristemente vuoti.

 

 

Come biasimare i poveri napoletani che, dovendo giustamente lavorare (di martedì alle 15) non hanno avuto l’ardore di chiedere un permesso per ammirare i loro beniamini alle prese con i vari Falzerano, Bonaiuto o Nzita. Per non parlare, poi, dei tifosi venuti da Perugia (pure troppi!) per riabbracciare dopo più di dieci anni il loro storico condottiero Serse Cosmi, all’inizio del suo secondo mandato. Una marea di aspetti negativi che rendono questa competizione non degna di questo nome.

 

Fiorentina Atalanta Coppa Italia
Pol Lirola festeggia il vantaggio contro l’Atalanta, nell’ultima di Coppa Italia (foto Gabriele Maltinti/Getty Images)

 

 

Da anni, ormai, la Lega ha apparentemente abbandonato la Coppa al proprio destino, intrappolata in una formula vecchia e poco stimolante, che non riesce ad incentivare l’intrattenimento e che necessiterebbe di una rivoluzione radicale. Snobbata per la maggior parte delle volte dalle grandi squadre, che decidono di puntarci solo come obiettivo di ripiego, col tentativo di salvare una stagione dai risultati deludenti.

 

 

Compagini, che, oltretutto, entrano in gioco a partire dagli ottavi di finale, con la ghiotta possibilità di approdare in finale attraverso una manciata di partite. Il punto debole, difatti, sta proprio nei principi cardine che compongono la struttura di questa competizione. In primis, il diritto di giocare in casa. Un concetto che va contro l’essenza stessa dello sport e della competizione, e che, molto spesso, taglia in partenza le gambe alle pretese di vittoria delle piccole – vedasi Lazio v Cremonese e Napoli v Perugia, da ultime.

 

 

Solo cambiando una regola così semplice, avremmo incontri equilibrati e stimolanti, sulla falsa riga di quelli che in Inghilterra chiamano “Giant Killing”, le cadute dei Davide al cospetto dei Golia. Ci sarebbe la possibilità di assistere all’incontro di mondi distanti anni luce gli uni dagli altri. Ad un Cristiano Ronaldo che, per la prima volta, calca il terreno del Garilli di Piacenza, ed ai suoi tifosi che avrebbero l’occasione di godersi dal vivo fuoriclasse che altrimenti potrebbero vedere solamente tramite uno schermo. O pensare che il calendario possa offrirci un derby tutto veronese tra Hellas e Virtus, terza squadra della città, militante in Lega Pro ed allenata dal suo stesso presidente.

 

Siamo il paese dei campanili, del Palio Siena e della Giostra del Saracino. Materiale per intrattenere l’affamato pubblico calcistico ce ne sarebbe a bizzeffe.

 

Attendiamo, quindi, una svolta per il futuro di una Coppa che rappresenta appieno un problema atavico del nostro paese: lo spreco di un immenso potenziale. Nella speranza, per noi appassionati di calcio e sport, per dirla alla Franco Battiato, di non dover alzare ancora una volta Bandiera Bianca.

 

 

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