Dall'acquisto di Messi ai club italiani.
Il Barcellona e il caso Messi sono l’esempio di come le eccessive spese degli anni pre-pandemia, sia quelle per i cartellini che per gli ingaggi, stiano portando – se non l’hanno già fatto – il mondo del calcio verso il collasso economico. I catalani hanno quindi dovuto rinunciare al campione argentino per rispettare le regole imposte dal salary-cap vigente nella Liga: rinnovare il contratto di Messi avrebbe significato, per stessa ammissione del presidente Laporta, portare la spesa per gli stipendi al 110% rispetto alle entrate del club. Numeri che lasciano presagire nulla di buono.
In un quadro del genere è stato facile per il Paris Saint Germain, società che di certo non ha problemi di liquidità, gettarsi su Leo Messi e tesserarlo offrendogli un ingaggio faraonico. La proprietà d’altronde è disposta a tutto pur di aumentare la collezione di campioni in squadra (anche se molti si chiedono se le spese del fondo qatariota continueranno anche dopo il mondiale 2022 nel Paese) nella speranza che questo porti il club parigino a vincere la tanto agognata Champions League.
Nonostante la disponibilità economica quasi illimitata, il club francese ha fatto sapere che non tutto lo stipendio di Messi verrà pagato con soldi provenienti dalle casse del club: una parte, nello specifico quella relativa ai premi, sarà infatti pagata con i fan token del club, una moneta virtuale che sta piano piano conquistando il calcio su scala globale.
Lanciata dalla società Socios, piattaforma che si basa sull’idea di Direct to Consumer (D2C), strategia di marketing che consiste nel vendere il prodotto direttamente al consumatore finale senza intermediari, il principio dei fan token è semplice: le società vendono ai propri supporters sparsi in tutto il mondo, anche quelli che non hanno mai messo piede allo stadio e probabilmente mai lo faranno, delle azioni virtuali che offrono la possibilità di prendere parte ad alcune decisioni della società in ambito di marketing, acquisto di pacchetti stadio in esclusiva e tanti altri privilegi.
I fan token sono quindi una modalità di finanziamento reale che vive e si sviluppa nel mondo virtuale, un finanziamento diretto da parte dei tifosi che consente di versare denaro contante nella casse dei club senza che sia necessario fare aumenti di capitale emettendo nuove azioni oppure obbligazioni. In un periodo come quello dell’ultimo anno e mezzo, fatto di incassi zero e ristrettezze economiche, se le persone non possono più andare negli stadi e nei negozi ufficiali bisogna fare in modo che siano questi ad arrivare da loro. Certo i tifosi resteranno sempre esclusi dalle decisioni che davvero contano – mercato, gestione spese etc. –, ma in questo modo avranno almeno l’illusione di essere più vicini e soprattutto più coinvolti nella vita della loro squadra del cuore.
Il fantasista argentino è così il primo calciatore al mondo ad essere pagato anche con i fan token, un altro primato, seppur virtuale, da aggiungere ai tanti già in bacheca (tecnicamente il PSG ha poi lanciato un pacchetto di benvenuto Messi, regalando al giocatore una serie di fan token da gestire a suo piacimento). I francesi sono stati tra i primi, nel mondo del calcio, a capire le potenzialità di questo strumento iniziando la collaborazione con Socios nel 2018. E solo negli ultimi mesi, grazie al mercato fatto da Leonardo e Al-Khelaifi, il volume di scambio dei fan token del PSG ha superato il miliardo di dollari.
Questo tipo di strategia sta facendo proseliti tra le squadre di tutto il mondo: dal Valencia ai Glasgow Rangers passando per l’Everton e altre squadre inglesi.
I club italiani, con un po’ di ritardo, stanno piano piano entrando anche loro nel mercato. Milan (pure i rossoneri hanno realizzato fan token da regalare ai nuovi acquisti del mercato estivo ma questi non saranno integrati nello stipendio), Roma, Juventus e Inter, ultima in ordine temporale, sono alcune delle squadre della nostra Serie A che hanno colto la palla al balzo guadagnando qualche milione extra dalla collaborazione con la Socios, DigitalBits e BitMEX, tutte società di criptovalute.
I nerazzurri addirittura hanno la Socios come nuovo sponsor principale sulle divise 2021/2022. Sorprende, nel ristretto nucleo di squadre italiane che hanno investito in questo mercato, la presenza del Novara calcio, club che in questi giorni rischia addirittura di non potersi iscrivere neanche al campionato di Serie D. Particolare anche il caso della Fiorentina: il club viola ha realizzato, per festeggiare i novantacinque anni della società, novantacinque maglie in edizione limitata con applicato uno smart patch collegato a un Non Fungible Token (NFT), in pratica un certificato digitale che consentirà di riconoscerne i proprietari, quasi come fossero gli unici possessori di un pezzo d’arte introvabile.
Se da una parte ci sono milioni di tifosi ben contenti di spendere per poter dialogare a distanza con la propria squadra e con i propri beniamini, tanti altri non hanno gradito questa nuova forma di guadagno. Ad esempio i sostenitori di West Ham e Borussia Dortmund, che hanno sempre manifestato la loro contrarietà al progetto fan token, tanto da costringere le due società ad abbandonare l’idea. Il calcio, dopo il passaggio al live streaming con la trasmissione delle partite da parte delle piattaforme DAZN e Amazon Prime, continua la sua trasformazione irreversibile verso l’universo tecnologico (e tecnocratico). Alla faccia dei tifosi, non più fruitori ma finti investitori.