Altri Sport
19 Marzo 2018

Del Potro, Federer e la personalità dell'arbitro

Del Potro batte Federer al Master1000 di Indian Wells, e pure con l'occhio di falco resta il problema della personalità dell'arbitro.

L’argentino Juan Martin Del Potro batte al tie break Roger Federer, il campionissimo, al Master 1000 di Indian Wells, in California. Con il punteggio di 6-4 5-7 (8-10) 7-6 (7-2), Delpo interrompe la serie di 17 vittorie consecutive del n. 1 svizzero. Il rilancio d’agenzia sarebbe sufficiente a raccontare di una partita tesa e combattuta, persa da Federer per il gran numero di errori gratuiti e vinta da Del Potro per la solidità dei colpi e concretezza nei break/set point, con scambi anche lunghi e complessi ma mai privi di colpi di genio. Per quest’ultimo è il primo Master1000 in carriera, che si aggiunge allo US Open nel 2009, al bronzo (Londra2012) e all’argento (Rio2016) olimpici, tornando finalmente al successo dopo anni di travaglio per la doppia operazione al polso.

 

Nel tennis il “VAR” esiste da tempo e si chiama “occhio di falco” o “challenge”, e permette di ricostruire al millimetro la posizione dentro-fuori dal campo. Ormai dotazione standard di tutti i tornei di un certo livello, risolve errori e dispute in modo molto più semplice di quanto non si faccia nel calcio.

Eppure, arbitro, dove sei?

Le personalità di Del Potro e di Federer sono da sempre simbolo di correttezza e serenità in campo, tuttavia ieri sera il chair umpire Fergus Murphy è stato un convitato di pietra, incapace di gestire la tensione di una finale: anzi, a tratti la sua passività sembrava fomentare l’inquietudine degli atleti. Se da un lato Del Potro lo accusava di chiedere al pubblico – americano, e quindi incapace di gestire un minimo di contegno – il silenzio solo per Federer, dall’altra questi lamentava anche platealmente l’incertezza delle chiamate e di non ricevere risposte su domande banali, come il cambio palle. E in cima alla sedia? Un breve borbottio, un mezzo sorriso.

Contemporaneamente, la SerieA italiana lasciava alla domenica sera il tradizionale strascico da moviolisti noiosi e annoiati, con Simone Inzaghi che chiede ai collaboratori di non mostrargli al termine della partita gli episodi – vuoi ormai per abitudine, vuoi per distrazione – che non vengono segnalati alla sua Lazio, o con l’arbitro Mariani totalmente in balia degli eventi a San Siro tra Milan e Chievo, per citare due esempi. Nello stesso weekend una specie di VAR è stato introdotto anche alla Milano-Sanremo per eventuali situazioni critiche in volata, ma non è servito usarla.

Se si pensa che introdurre un assistente elettronico tolga automaticamente ai direttori di gara la responsabilità di prendere una decisione, siamo proprio sulla strada sbagliata. Puoi decidere bene, puoi decidere male, ma non puoi subire gli eventi sperando che la macchina risolva il problema. La macchina che decide per noi non l’abbiamo ancora inventata, con buona pace di Leibniz e Raimondo Lullo , quindi fuori le palle e prendetevi la responsabilità.

 

Immagine copertina di Kevork Djansezian/Getty Images

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