A partire dalla comunicazione, ha detto l'opinionista a Sky Calcio Club.
Mentre tra l’imbarazzo generale Beppe Bergomi eludendo la domanda sulle difficoltà dell’Inter parlava con toni da vero tifoso bauscia (“ora le critiche fanno male. Bisogna rimanere uniti fino a fine stagione”), Paolo Di Canio (critico nei confronti di Inzaghi) riportava un po’ di lucidità al tavolo del Club condotto da Fabio Caressa su Sky Sport ieri sera. L’analisi di Di Canio parte dalla comunicazione di Simone Inzaghi. «Prima di sentire le sue parole in conferenza dopo la Supercoppa vinta, mi sono detto: avrà imparato. Dirà “abbiamo vinto, bellissimo derby, un’altra coppa a casa, bravi i ragazzi: da questo momento pensiamo alla prossima partita tra quattro giorni perché è importantissima”».
Come forse ricorderete, invece, e come Di Canio puntualizza subito dopo, Inzaghi in quel post-partita rivendicherà (comprensibilmente, ci mancherebbe) di aver vinto un trofeo importante in un derby, cosa che non accadeva da tanti anni: è in questo atteggiamento, in questo togliersi il sassolino dalla scarpa anziché far rimanere la squadra sul pezzo, che secondo Di Canio si cela il vero problema di mentalità dell’Inter – mai così fragile come in questa stagione.
Lo ha ricordato anche Garanzini su La Stampa all’indomani della sconfitta contro lo Spezia al Picco: “anche in caso di qualificazione [ai quarti] Inzaghi potrebbe tornare in discussione già domenica prossima contro la Juve, perché 8 sconfitte in campionato non sono tante, sono troppe. Inzaghi è certamente un allenatore da Coppe, e il suo palmarès è lì a dimostrarlo. Meno, parecchio meno da campionato. In termini ciclistici si direbbe che è un corridore da grandi classiche: non da grandi giri”. Di Canio ha invece condotto le proprie riflessioni all’unica radicale ma anche seria e giusta diagnosi (almeno a nostro avviso):
«Inzaghi ha una comunicazione non da grande allenatore per grande piazza. Uno che si deve togliere il sassolino dalla scarpa dopo la Supercoppa e deve giocare un intero campionato non è un grande allenatore. Questo è il mio punto di vista».
Paolo Tomaselli sul Corriere della sera si è espresso con parole simili. Magari non così corsare come Di Canio – che avrà mille difetti ma su questo aspetto è una splendida eccezione nel panorama – ma comunque sufficientemente decise: “Nessuno sa più qual è la vera Inter, nemmeno il suo allenatore Simone Inzaghi, quasi sotto choc dopo la sconfitta di venerdì a La Spezia. E questo è il problema principale”. Soprattutto, però, “se servono così tante bacchettate per apprendere una lezione, vuol dire che i confronti post-partita — l’ennesimo [ieri] ad Appiano — lasciano le cose intatte: si potrebbe così cristallizzare l’idea che l’allenatore non abbia presa sulla squadra, ormai in una sorta di autogestione, almeno a livello di motivazioni”. Un’idea tutt’altro che infondata, aggiungiamo noi. Al punto che è diventato più difficile dimostrare il contrario.