Calcio
21 Novembre 2019

Colpo di stato in Serie A

La guerra intestina nel mondo del calcio italiano continua a mietere vittime.

Bisogna essere preparati alla guerra oggi, non domani. Così possiamo sintetizzare il golpe silenzioso avvenuto nella lega di Serie A con le dimissioni di Gaetano Micciché: quest’ultimo, (ex) presidente della Lega di Serie A, ha infatti firmato le dimissioni dopo la chiusura dell’istruttoria, da parte della procura federale, sulla nomina avvenuta venti mesi fa.

 

Ma andiamo con ordine. Il 19 marzo 2018, Micciché viene eletto presidente della lega di Serie A. Il regolamento prevede l’unanimità dei presidenti delle società del massimo campionato, ma lo scrutinio del voto è segreto. Stando alle voci di corridoio, due presidenti di Serie A non avrebbero votato Miccichè, e lo stesso Enrico Preziosi parlò pubblicamente di mancata correttezza nella procedura di elezione. In effetti, al momento dello scrutinio, Baldissonni – vice presidente della Roma -, considerò la votazione inutile per l’unanimità nella scelta.

 

Fu questa la linea seguita, e Micciché venne eletto per acclamazione senza un effettivo scrutinio delle schede: la procedura fu infine ritenuta valida dal notaio Calafiori, presente come da regolamento all’elezione, e subito dopo si provvide alla modifica dello statuto, definendo l’elezione con il sistema di maggioranza e non più all’unanimità.

 

Il Presidente della Lega di Serie A, Gaetano Miccichè. (Foto di Valerio Pennicino/Getty Images for Lega Serie A)

 

Ed ecco che entra in scena la Procura Federale. Nell’ottobre 2019, il procuratore Giuseppe Pecoraro apre l’indagine per violazioni dello statuto. Ad attivare gli 007 federali ci pensa Enrico Preziosi e il 4 ottobre 2019, in un’intervista pubblicata su Business Insider, il patron del Genoa ammise che furono commessi errori procedurali sull’elezione di Miccichè. 

“Il 70% dei presidenti non è contento di come vanno le cose, se si tornasse indietro, Micciché non sarebbe eletto” (Enrico Preziosi)

In queste parole Preziosi manifesta tutta l’insoddisfazione della Lega di Serie A per le politiche perseguite da Miccichè, uomo fidato di Malagò: ed è questo il punto nevralgico. Da gennaio 2019, nel mondo dello sport nazionale, si combatte una guerra silenziosa – almeno mediaticamente – tra il CONI e la società governativa Sport e Salute seguita alla riforma gialloverde. Al centro dello scontro il finanziamento delle federazioni sportive, e soprattutto il ridimensionamento di Giovanni Malagò.

 

Sabelli invece, presidente di Sport e Salute, può contare sul supporto politico del presidente della FIGC Gabriele Gravina, che in più occasioni ha contestato le politiche di Malagò – non ultimo il parere sfavorevole alla nomina di Gianni Petrucci, presidente della Lega basket, nel ruolo di mediatore tra CONI e la società governativa. Insomma, gli schieramenti sono evidenti: da un lato FIGC e Sport e Salute, dall’altra il CONI con Malagò sempre più marginalizzato e ciò che resta della sua monarchia (sull’elezione di Miccichè, Malagò, aveva messo il suo timbro, e sarebbe anch’egli coinvolto nel caso di irregolarità).

 

L’ex monarca, Giovanni Malagò (Foto di Paolo Bruno/Getty Images)

 

Ecco dunque perché eliminare Miccichè. A breve scadrà il quadriennio olimpico, e nel 2020 si dovrà rieleggere il presidente della FIGC: Gravina, a quanto sembra, non vorrebbe ricandidarsi lasciando campo libero a Cosimo Sibilia. Il nuovo statuto della Federazione prevede infatti che sia sufficiente in prima votazione il 50,01 per cento e Sibilia, come presidente della LND (Lega Nazionale Dilettanti), può contare già sul proprio peso pari al 34%; Gravina, d’altro canto, non abbandonerebbe il mondo dello sport ma passerebbe alla presidenza della lega di Serie A, nonostante l’esperienza alla guida della Lega Pro non sia stata delle migliori.

 

Le dimissioni di Micciché, e il conseguente commissariamento della Serie A, aprirebbero le porte a questo piano per ridisegnare il calcio italiano, eliminando ogni fedelissimo di Malagò. In questo contesto Luigi De Siervo, amministratore delegato della Serie A, ha convocato per lunedì 2 dicembre alle ore 12.00 l’assemblea per l’elezione del nuovo presidente: un commissario che potrà durare poco meno di un anno, una sorta di traghettatore fino alla fine del quadriennio olimpico. Con questa mossa il Consiglio Federale della FIGC, detto in parole povere, può commissariare la Lega Serie A.

Le dimissioni di Micciché, e il conseguente commissariamento della Serie A, aprirebbero le porte a questo piano per ridisegnare il calcio italiano, eliminando ogni fedelissimo di Malagò.

Inutile sottolineare come in ballo ci sia la discussione miliardaria sui diritti televisivi della Lega di Serie A con l’offerta di Mediapro ritenuta molto appetibile da tutta l’area politica di Claudio Lotito. Mediapro ha confermato il valore di 1,15 miliardi di euro a stagione (1,3 circa con i diritti di archivio, la produzione, la raccolta pubblicitaria e marketing) con un’opzione di rinnovo tra le parti per altri tre anni a certe condizioni economiche.

 

Ecco la lotta intestina che si sta combattendo nel calcio italiano, partita dal CONI contro Sport e Salute, da Malagò contro Sabelli. Difficile pronosticare il vincitore in questo gioco di potere ma attualmente sembra che quest’ultimo, con più sponde politiche, sia ormai in vantaggio.

 

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