Ritratti
29 Marzo 2024

Dimitri Payet, l'odiato più amato al mondo

Compie oggi 37 anni un fuoriclasse dai due volti.

Quando qualche mese fa visitai l’Allianz Riviera, lo stadio del Nizza, la guida nell’introdurci alla storia del club disse in un inglese stentato una frase che mi colpì particolarmente: Noi del Nizza odiamo due cose più di tutte: il Marsiglia e Dimitri Payet”.

Un odio atavico quello fra i due poli della Costa Azzurra, che si riflette sul giocatore che meglio ha rappresentato il Marsiglia negli ultimi anni. Un odio che ha costretto addirittura a cambiare la conformazione dello stesso Allianz Riviera, costringendo il Nizza ad alzare una barriera fra il campo e la propria curva. La modifica fu fatta per evitare di ripetere quanto successo nel derby del 2021, quando parte della curva rossonera si riversò sul terreno di gioco per dare una lezione proprio a Payet che poco prima aveva risposto al lancio di bottiglie da parte degli ultras.



Non è sicuramente un tipo facile Dimitri Payet, lo sanno bene anche a Londra, sponda Hammers, dove la dirigenza del West Ham fu addirittura costretta a mettere Payet sotto scorta per proteggerlo dai suoi stessi tifosi a causa dell’imminente trasferimento al Marsiglia (che lui stesso aveva ‘chiesto’ minacciando i londinesi di rimanere fuori rosa tutta la stagione se non l’avessero ceduto).

Il carattere netto e divisivo di un francese nato e cresciuto lontano dalla Francia che tutti conosciamo. Payet nasce 37 anni fa a La Reunion, un’isoletta al largo delle coste del Madagascar rimasta amministrativamente territorio francese. Un ponte fra Francia e Africa, un vero e proprio melting pot culturale nel mezzo dell’Oceano Indiano: abitata in prevalenza da immigrati africani, cinesi e indiani. Un mondo a sé, fuori da cui il suo figlio più illustre sembra non essere mai riuscito a trovare la sua collocazione. A 12 anni lascia l’isola per trasferirsi nel continente. Si accasa in Normandia, a Le Havre, uno dei settori giovanili più prestigiosi del calcio d’oltralpe. Ma per un ragazzino schivo e burrascoso il passaggio dal sole africano alle nuvole normanne è troppo. Dopo quattro anni Payet torna a casa e il sogno di diventare un giocatore professionista è già finito, quella vita non fa per lui.

Mentre i suoi coetanei, la Generation 87 dei Benzema, Mènez, Nasri e Ben Arfa, si lancia nell’Olimpo dei grandi vincendo l’Europeo U17 del 2004, lui fa il commesso in un centro commerciale e gioca in una squadra locale, l’Excelsior. “La sua ambizione era rimanere alla Reunion, non andarsene”, rivela il suo allenatore dell’epoca.

Ma il destino si sa, spesso ha piani diversi. Uno scout del Nantes lo nota, e ha 18 anni contro tutto e tutti decide di riportarlo nella Francia continentale. Quel giorno c’era vento, il peggior nemico del calciatore, ricorda l’osservatore Renè Degenne, Dimitri non era stato molto bravo, ma aveva fatto due o tre azioni di grande classe. Con questa impressione lo abbiamo portato al centro di formazione”.


ODI ET AMO


Inizia così la carriera da calciatore di Dimitri Payet, nessuno all’epoca ci avrebbe scommesso un soldo. Ma dopo un anno passato nelle riserve esordisce in prima squadra, l’anno dopo è già uno dei migliori assist-man della Ligue 1.

Una carriera longeva costellata da lampi di genio, la sua. Payet galleggia, languisce per poi accendersi d’improvviso con un tiro, un passaggio, un dribbling. Payet in campo è come un fumogeno che brucia: di accecante bellezza ma evanescente e di breve durata. Se si dovesse ascrivergli uno dei vizi capitali, Payet sarebbe senza dubbio l’accidia. Veroniche, filtranti geniali e parabole balistiche ai limiti della fisica; Payet si pone in netto contrasto con le ali e i trequartisti moderni, veloci e dribblomani. Tozzo e tarchiato, il francese non ha mezzi atletici particolarmente spiccati, ma vi sopperisce con un tasso tecnico assolutamente sopra la media, grazie a cui riesce a condurre a proprio piacimento il ritmo del gioco. Negli ultimi 30 metri Payet ricorda quasi un giocatore di futsal, statico e abile soprattutto negli spazi stretti.

Uno dei calci piazzati più belli e incredibili della storia

Sebbene sia stato schierato negli anni come ala, trequartista e seconda punta il suo ruolo naturale è quello del numero 10 vecchio stile, in grado di svariare su tutto il fronte offensivo. Un regista arretrato, un catalizzatore di gioco che sfrutta a pieno il proprio predominio tecnico sugli avversari.

Questo quando non è impegnato in una continua lotta intestina contro sé stesso, i suoi compagni di squadra, il suo club o i suoi tifosi. Dopo essere sbocciato al Nantes approda al Saint-Etienne, dove un rapporto difficile con l’allenatore e lo spogliatoio sfocia in una rissa con il compagno di squadra e capitano Blaise Matuidi. L’allontanamento dai verts lo porta al Lille di Rudi Garcia, dove sboccia definitivamente alla seconda stagione con 12 gol e 13 assist. Payet è ormai il talento sulla bocca di tutti, lo cercano le big europee, ma quale posto migliore per un giocatore da strada, divisivo e stiloso come Payet che Marsiglia, porto di mare e incrocio di culture come la sua Reunion.

Il gol di Payet contro il PAOK lo scorso anno

La scelta di rimanere in Francia è forse uno dei punti di svolta negativi della sua carriera, ma gli permetterà di incontrare il suo più grande maestro. Quando due come Payet e il Loco Bielsa si incrociano l’impatto non può che essere dirompente. I primi tempi sono traumatici, l’allenatore argentino lo mette fuori rosa per lo scarso impegno negli allenamenti. Ma questo fa un effetto particolare sull’isolano, le parole di Bielsa lo colpiscono e inizia a lavorare più duramente. Il vice del Loco qualche anno dopo dirà: “È un peccato che Dimitri non abbia incontrato Marcelo quando aveva vent’anni: sarebbe potuto diventare il migliore giocatore del mondo”. Bielsa torna sui suoi passi è fa di Payet il centro della sua squadra et voilà: 7 reti, 16 assist e titolo sfiorato.

“Sarei morto per lui”.

Marcelo Bielsa su Dimitri Payet

A cavallo fra il 2015, anno in cui passa al West Ham, e il 2016, anno dell’Europeo, Payet è senza dubbio uno dei giocatori migliori al mondo. Ad Euro 2016, in una nazionale funestata dallo scandalo Benzema-Valbuena, si carica la Francia sulle spalle. È la rivincita del diciassettenne che mentre i suoi coetanei trionfano all’Europeo di categoria è nella sua isola natale in mezzo all’Oceano Indiano per ritrovare sé stesso.

Dopo l’Europeo continua l’infinita girandola di club, litigi, corsi e ricorsi. Si fa prima amare e poi odiare dai tifosi del West Ham, torna a Marsiglia: “Non avevo più voglia di giocare nelle zone basse della Premier League. Il calcio difensivo che praticavamo non mi dava alcun piacere”. In Francia ritrova Rudi Garcia ma vive, ancora una volta, annate altalenanti caratterizzate da svariati infortuni che gli costano la convocazione al Mondiale 2018, probabilmente il più grande rimpianto della sua carriera. Nel 2021 arriva sulla panchina dell’OM un discepolo di Bielsa, Sampaoli, con cui Payet ritrova una seconda giovinezza vivendo nel 2021/22 l’annata migliore degli ultimi anni. Rivelerà poi che l’ex CT della Selección gli ha chiesto solo di “essere me stesso e di essere felice”.

“Ho sempre scelto i miei club in base ai loro stadi. Devono essere pieni e deve esserci un’atmosfera. Questo è ciò che conta di più. Avevo bisogno di questa passione. Senza di essa, sarei morto lentamente. Adoro quando i tifosi sono esigenti”.

Dimitri Payet

La carriera di Payet oggi si avvia a 37 anni sul viale del tramonto. In estrema coerenza con la sua storia ha scelto un teatro piuttosto insolito per allontanarsi dalle scene: il Vasco da Gama, un club da sempre impegnato contro la discriminazione e fra le prime squadre brasiliane a schierare giocatori neri. A conti fatti il francese resta l’ennesimo eterno talento mai del tutto sbocciato. Genio e sregolatezza, un giocatore intrattabile, controverso.

Con ogni probabilità Payet chiuderà la sua carriera senza trofei nel palmarès. Ma il giocatore dell’isola di Reunion è stato capace di una cosa che ad altri vincenti hanno mancato: emozionare. Estremo odio o estremo amore, gioia, estasi visiva, Payet è un giocatore da emozioni forti, e a noi in fondo interessa questo.

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Michele Larosa

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