Tifo
27 Gennaio 2022

Sì, viaggiare

Alba e tramonto degli Eagles Supporters, storico gruppo della Curva Nord laziale.

È il 1977 e nelle case di tanti ragazzi romani vengono consumati dalla puntina del giradischi due vinili su tutti: Io tu noi tutti di Lucio Battisti e Hotel California degli Eagles. Amarsi un po’, Sì, viaggiare e Neanche un minuto di non amore si alternano alle più rock Hotel California, Life in the Fast Lane e alla ballata Wasted Time. Battisti e gli Eagles diventeranno per quella generazione dei veri e propri punti di riferimento e di ispirazione.

Il primo per stile riservato e profondità dei testi. In un periodo storico che esige di schierarsi a destra o a sinistra, Battisti evade la polarizzazione (politica sì, ma anche sociale). Lucio è un vero anarchico. Gli Eagles invece, insieme ai Clash e ai Pink Floyd, con le melodie delle loro canzoni fotografano il ritmo su cui viaggiano tanti ragazzi che scandiscono la propria esistenza tra curva e sezione politica. Proprio da loro prenderà il nome uno dei gruppi più rappresentativi nella storia del tifo laziale: appunto, gli “Eagles Supporters”.

a proposito dei Clash…


All’inizio degli anni ’70 la curva è fortemente parcellizzata. I primi ultras, sicuramente lontani da ciò che questa parola può voler dire oggi ma certamente ben organizzati per i tempi, compaiono nel 1971 con il CML ’74 (Commandos Monteverde Lazio). Questi manterranno sempre una loro indipendenza tanto che ancora oggi sono presenti al Gate 49 della Curva Nord, staccati tanto dagli Irriducibili prima quanto dagli Ultras Lazio poi. Ma i primi ultras laziali si trovano anche in Curva Sud, dove troviamo gli Ultras, i Golden Boys, i Leopard di Ciampino, la Folgore, i C.A.S.T., i N.A.B., le Brigate S. Giovanni, la Falange, i Vigilantes, i Boys, i Tupamaros, i Marines, i Panthers e le Brigate Portuense.

Quella degli Ultras d’Italia è una storia complicata e affascinante. Noi di Contrasti l’abbiamo divisa in quattro volumi (per epoche storiche): ep. Iep. IIep. IIIep. IV


I gruppi presenti tra Nord e Sud sono troppi. Per questo motivo viene presa la decisione, nel novembre del 1976 durante una riunione presso la sede Associazione Nazionale Club Biancazzurri, di riunire tutti i nuclei giovanili sotto un’unica insegna: G.A.B.A. che sta per Gruppi Associati Bianco Azzurri (per anni erroneamente chiamata Gruppi Armati Bianco Azzurri).

“Allo scopo di incrementare il tifo intorno alla nostra Lazio, abbiamo deciso di creare un club formato da tutti i ragazzi della Curva Nord e Sud. Oltre alla finalità sportiva, il club intende moralizzare il tifo calcistico che spesso genera in atti di teppismo che niente hanno a che fare con i veri sportivi e soprattutto con lo sport.

Sportivi biancazzurri, uniamoci per essere sempre più forti con il nostro motto: TIFO CONTINUO”, si legge su un volantino distribuito prima di un Lazio-Bologna del 1976-77.

Un anno dopo questo gruppo, mantenendo la stessa anima, cambia nome in Eagles Supporters. A scegliere questo appellativo è Marco Saraz, figura di spicco nella scena ultras romana di quegli anni. Il motivo è semplice: Saraz intrattiene da tempo una corrispondenza con Sergio Puglisi, membro delle Brigate Gialloblu (Hellas Verona). Quest’ultimo firmava le sue lettere, oltre che con la scala a tre pioli, con due parole: Hellas Supporters.

Così il 2 ottobre 1977, in un Olimpico gremito e bagnato da pioggia scrociante durante un Lazio-Juventus, fanno il loro ingresso nel panorama ultras gli Eagles Supporters. E lo fanno in grande stile: confezionano nella loro sede a via Simone de Saint-Bon uno striscione di stoffa blu lungo 54 metri, il più grande mai realizzato in Europa. Giusto qualche metro in più rispetto a quello giallorosso del Commando Ultras Curva Sud.

Una città, due fedi


Data la grandezza ridotta del luogo, viene dipinta una lettera per volta: E A G L E S S U P P O R T E R S. Ai lati vengono disegnati gli unici due trofei che la squadra ha vinto fino a quel momento: la Coppa Italia del ’58 e lo storico scudetto firmato dalla Banda Maestrelli nel 1974. Resta però troppo blu tra la S di Eagles e la prima S di Supporters. Bisogna inserire un disegno.

La scelta ovviamente ricade su un’aquila, non una qualunque ma quella di Wehrmacht. L’originale stringe con gli artigli una corona al cui interno è presente una svastica. Quest’aquila è facilmente visibile sulle divise dei soldati nazisti. A suggerire la scelta di questo simbolo è Marrakech, ultras laziale soprannominato così per il colore della pelle e i tratti tipicamente nordafricani. I tifosi biancoazzurri sostituiscono la svastica con un teschio e sotto scrivono G.A.B.A. Dopo settimane di lavoro arriva Lazio-Juventus. L’olimpico conta 70mila presenze. Fanno così il loro esordio tra fumogeni e tamburi gli Eagles Supportes con lo “striscione più lungo del mondo”. La giornata, inoltre, è impreziosita da una prestazione maiuscola di Bruno Giordano che in quei novanta minuti segna una doppietta e fa registrare l’unica sconfitta (3-0) dei bianconeri in tutto il campionato.

Sugli spalti le Aquile, in campo un alieno: Bruno Giordano

Nelle curve degli stadi in quegli anni però non si tifa solamente. In particolare in quella laziale. Gli Eagles Supporters sono di destra, sia a livello parlamentare che extraparlamentare. E lo sono dalla nascita. Non sorprenderà sapere che Angelo Mancia, segretario della sezione Talenti dell’MSI e ucciso da un commando di terroristi, era fisso frequentante del muretto degli Eagles. Spesso presente in Curva Sud anche Giorgio Vale, ragazzo che, come drammaticamente fecero in diversi, intraprese la strada della lotta armata e morì di lì a pochi anni durante un conflitto con le forze dell’ordine. Questi sono solo due esempi ma non si contano i ragazzi che durante la settimana affollavano le sezioni del FUAN o del Fronte della Gioventù e la domenica andavano all’Olimpico. Insomma, lo stadio diventa un luogo dove arruolare ragazzi per poi portarli in piazza.

Qualcuno, comunque, che cerca di non far mischiare politica e calcio c’è. Chi perché di sinistra e chi perché interessato esclusivamente alla Lazio. Lo stesso Guido De Angelis, oggi una delle voci più conosciute tra i laziali, all’epoca era contrario a questa contaminazione. Soprattutto all’inizio però, nessuno all’opposizione venne ascoltato. A dimostrazione di ciò, per diversi anni, gli Eagles dalla stampa nostrana saranno etichettati come “la tifoseria più fascista d’Italia”. Questo per il gran numero di militanti presenti tra le sue fila e perché ad essere sventolati, ogni domenica, ci sono più tricolori che bandiere biancoazzurre. Senza dimenticare, inoltre, la croce celtica che firma ogni scritta nei pressi dell’Olimpico.

Qualcosa però cambia il 28 ottobre 1979, giorno in cui si registra la prima morte di un tifoso: Vincenzo Paparelli. Da quel pomeriggio, oltre al divieto dei rapporti tra gruppi organizzati e società, verrà impedito di portare fumogeni, torce, petardi e soprattutto non si potranno più esporre striscioni con nomi violenti.

Eagles Supporters non è un nome violento, l’aquila che ha come simbolo però è quantomeno ambigua. Per evitare di dover buttare quasi 60 metri di stoffa viene cambiato il disegno. Si passa dall’aquila di Wehrmacht a quella della Eldorado Lazio Basket, con l’aggiunta delle lettere ES vicino al becco. A partire da questo momento, principalmente a causa della repressione, la politica comincia ad avere sempre meno un ruolo portante all’interno gruppo.

Esisterà, inoltre, anche un periodo privo di contaminazioni politiche per la curva laziale. Dal 13 febbraio 1983 all’avvento degli Irriducibili. Quel giorno si gioca Lazio-Como e in curva Nord viene esposto uno striscione dai Viking, gruppo nettamente più radicale degli Eagles, con scritto: “Onore al camerata Di Nella”. Di Nella si chiama Paolo. È un ragazzo come tanti e proprio come tanti è vittima dell’odio politico. Muore, dopo una settimana di coma, perché colpito sulla nuca con spranghe di ferro da un gruppo di compagni mentre stava facendo un’affissione. Il suo omicidio, nonostante la giustizia non troverà mai dei colpevoli, segna uno spartiacque nelle piazze come negli stadi.

irriducibili lazio
L’evoluzione (e la radicalizzazione degli ideali) degli Eagles Supporters: gli Irriducibili

Leggiamo da Repubblica: “Paolo Di Nella si diceva fascista, era iscritto al Fronte della Gioventù e attaccava manifesti dell’Msi. Noi non sappiamo nulla del come abbia vissuto la sua brevissima vita […]. E non abbiamo bisogno di sapere nulla: a noi basta sapere che un ragazzo di venti anni è stato coscientemente condannato a morte”. Il suo omicidio smuove qualcosa. Sandro Pertini, Presidente della Repubblica, si reca personalmente all’ospedale per sincerarsi delle condizioni del ragazzo. Lo stesso Enrico Berlinguer, segretario del PCI, quando viene a conoscenza della morte manda un telegramma alla famiglia con su scritto:

“La morte del vostro giovanissimo Paolo, vittima di un’aggressione disumana, che ha scosso e sdegnato ogni coscienza civile, suscita anche il commosso compianto dei comunisti. Vi preghiamo di accogliere le nostre condoglianze e la nostra solidarietà”.

È per questo motivo che quel 13 febbraio, quando viene mostrato lo striscione, ad applaudire non è solo la curva Nord ma tutto lo stadio. La politica quel giorno, di fatto con un gesto politico, esce dallo stadio ma soprattutto dalla “tifoseria più fascista d’Italia”. L’Italia sembra come essersi resa conto che quella che si è combattuta è stata una guerra a perdere e chi ci ha rimesso sono stati solamente centinaia di ragazzi con le loro famiglie.

Confinare, però, gli Eagles esclusivamente alla politica sarebbe estremamente riduttivo dal momento che in diverse occasioni il gruppo si è fatto carico di gesti di solidarietà e di battaglie popolari. Parliamo di uno dei periodi più duri, calcisticamente parlando, della storia della Lazio. Eppure gli Eagles Supporters riescono a farsi notare dal resto d’Italia per il loro modo di tifare spontaneo e genuino fatto di cori, canti popolari, fumogeni e tamburi che ogni domenica colorano l’Olimpico.

Proprio sui campi della B, nasce il loro motto: “Tarpateci le Ali, riprenderemo a volare”. Sono sempre loro a scendere in piazza, a via Allegri, nel 1986, alla vigilia della sentenza d’appello per evitare la retrocessione della Lazio in Serie C1. Di fatto quel giorno sono i tifosi a salvare la squadra da una possibile scomparsa.


Tra i gesti più nobili c’è indubbiamente quello avvenuto nel 1979. Gigi Radice, allenatore del Torino, fa un terribile incidente e nonostante tra le tifoserie non ci sia alcun tipo di gemellaggio, dalla curva si alza uno striscione con scritto: “Forza Radice, vinci lo scudetto della vita”. Con gli occhi di oggi potrà apparire banale come gesto ma in quegli anni così tesi in cui nulla è scontato non lo era assolutamente. Degli Eagles Supporters i giovani tifosi laziali ricordano soprattutto l’accordo tra società e tifoseria per il costo dei biglietti abbassato fino alle 2mila lire.

Inoltre, sarà sempre in questo periodo con gli Eagles che gli ultras laziali passeranno definitivamente dalla curva Sud alla Nord. Una decisione presa dai più giovani, non senza scontri, fisici e verbali, soprattutto con i più anziani come Goffredo “il tassinaro”. Durante un Lazio-Udinese del 9 dicembre, tutti tranne i Viking che per un altro anno rimarranno ancora in Sud, si trasferiscono in Nord. Anche e soprattutto per onorare la morte di Vincenzo Paparelli, morti sui gradoni di quell’angolo di stadio: “È morto qui, in curva Nord. Questa deve diventare la nostra casa”, si legge in uno dei volantini distribuiti fuori lo stadio.

Senza dimenticare la goliardia. I CUCS, gruppo portante del tifo giallorosso e principale antagonista degli Eagles in quegli anni, durante un derby realizza un grande striscione con scritto: “Roma alza gli occhi e guarda il cielo… è l’unica cosa più grande di te”. La risposta dei laziali è immediata. Giusto qualche decina di minuti e viene srotolato uno striscione in curva Nord con scritto: “Infatti è biancazzurro”. O quando durante una trasferta del 1985 a San Benedetto venne esposto uno striscione in testa al corteo che ha portato i tifosi allo stadio con scritto: “Puzzate de pesce”. O quando ancora contro il Campobasso, durante il secondo spareggio, dopo il gol di Fabio Poli che evita la retrocessione alla Lazio viene mostrato un altro striscione con scritto:

“Nove punti non sono stati sufficienti, la prossima volta datecene venti”.

Immagini di un derby d’altri tempi

Questo e molto altro permetterà agli Eagles Supporters di diventare un fenomeno di massa. Tre anni dopo la fondazione nasce anche una rivista con il loro nome. Esce ogni domenica quando la Lazio gioca in casa e tra i tanti ragazzi che ci scrivevano qualcuno oggi è diventato giornalista per quotidiani nazionali e Rai.

“Gli ES sono autonomi e le loro uniche entrate provengono dal tesseramento che consente ai giovani di iscriversi o come soci con sole 3.000 lire o come sostenitori con 5.000 lire, validità annuale. Le spese sono enormi. […] Non è certo il modo migliore, ma ciò permette di non chiedere niente alla società rimanendo fuori da manovre di qualsiasi tipo”, veniva scritto in uno dei pezzi.

Capitolo importante nella storia degli Eagles, inoltre, sono le coreografie. Con loro l’Olimpico conosce un nuovo modo di colorare lo stadio. È il 19 marzo 1979, l’ultimo prima della morte di Paparelli. Roma è blindata perché appena tre giorni prima le Brigate Rosse hanno rapito Aldo Moro. Ciò non impedisce agli Eagles Supporters di dare vita alla prima coreografia fatta non di soli fumogeni della storia del tifo romano. Un gigantesco telone con scritto “VE MANNAMO IN B” in un attimo fa esaurire ogni possibile funzione al tabellone luminoso. Niente più marcatori o formazioni. Sopra le teste dei tifosi in Nord si legge solo questa gigantesca scritta.

Eagles Supporters ve mannamo in b
Più chiaro di così…

Come dimenticare poi un’altra storica coreografia fatta nel 1985. Una Lazio retrocessa con 8 giornate di anticipo e solo due vittorie all’attivo gioca un derby che in termini di classifica ha poco da dire ma che diventa così importante perché, come mai prima, fa venire fuori il carattere orgoglioso degli Eagles. Viene srotolato un grande telone raffigurante un Sole con raggi bianco celesti e con scritto in basso:

“Solo i vili e i mediocri conoscono la sconfitta, noi siamo grandi e risorgeremo”.

Con il passare degli anni però nascono malumori tanto che nel 1987, da un centinaio di ex Eagles (e non solo) vengono fondati gli Irriducibili. La convivenza, come spesso accade nelle curve con più gruppi, è difficile, a tratti impossibile. A maggior ragione se il modo di tifare è così diverso: british per gli Irriducibili, argentino per Eagles. Per questo, sorvolando su scontri e diffide, gli Eagles cedono definitivamente il passo. Accade così che nella stagione 1992-93, proprio quella in cui arriva Paul Gascoigne, questo gruppo che Nel sole, nel vento, nel sorriso e nel pianto (sempre restando fedeli a Battisti) ha fatto la storia, fagocitato dagli Irriducibili, si scioglie.

Oggi degli Eagles in Curva Nord, tranne qualche bandiera o pezza in trasferta, è rimasto poco o niente. Indubbiamente però non si scalfisce il ricordo e la gratitudine di chi, negli anni più bui che ha vissuto la Lazio, è stato in grado di segnare il tifo in Italia e nella città eterna.


immagine di copertina © Rivista Contrasti

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