Edouard Berth nel suo Les méfaits des intelectuels affermava, senza esitare, che la vera fonte dello spirito di libertà è l’azione pratica. Sembrano averlo dimenticato le tifoserie delle squadre presenti quest’anno nei gironi di Champions League, con un clima che sugli spalti ricorda vagamente lo stadio vuoto durante il periodo pandemico. Con le dovute eccezioni, rappresentanti di piazze con una tradizione ultras quali Ajax, Young Boys, Atalanta e altre (in questo senso non può stupire il preoccupante assalto dei bergamaschi ai tifosi dello United, avvenuto con spranghe e cinte in un pub cittadino la sera prima del match e già costato 4 Daspo), ad essere netta maggioranza sono tifoserie che passano gran parte della partita sedute, o in qualche caso anche pagate per essere sugli spalti.
Fortunatamente quest’anno come antidoto allo scialbo (almeno sulle gradinate) mercoledì di coppa, sembra esserci il giovedì.
L’Europa League, la competizione che conta di meno. Prendendo ancora in prestito le parole del sindacalista francese, qui siamo nel cuore della vita. Il torneo è vivo, allegro, impetuoso e al suo interno «forme nuove rompono incessantemente le vecchie, senza che si abbia il tempo di cadere intorpiditi nella monotonia». Livello della competizione notevolmente più alto degli anni scorsi, numerose squadre con tradizioni ultracentenarie che popolano i vari gironi, ma non è questo che oggi ci interessa. Il punto è che è tornata la gente, non i cartonati. Persone passionali e arrabbiate, non automi freddi e razionali.
Le prime tre giornate del girone sono state elettrizzanti per i tifosi delle squadre impegnate in Europa League, mentre il continente intero sembra essersi risvegliato da un torpore lungo diciotto mesi: finalmente si è tornati a vivere, seppur non a pieno in molti Paesi, lo stadio e le trasferte. Tutta l’Europa calcistica è stata scossa da moti insurrezionali, un ’48 preventivabile già dal giorno del sorteggio di fine agosto. Quello stesso giorno il giornalista e scrittore Adam Digby su Twitter commentava ironicamente il girone E, in cui il destino ha deciso di far affrontare Lazio, Marsiglia, Galatasaray e Lokomotiv Mosca. Tralasciando il valore tecnico del gruppo, il suo commento recitava
«What if we put all the Ultras we’re worried about in one group?» (Che succede se mettiamo tutti gli ultras di cui siamo preoccupati in un unico gruppo?).
E infatti, nonostante una prima giornata sotto le aspettative per via del divieto di trasferta per i laziali in Turchia, la seconda giornata ha rivelato ciò che il gruppo realmente è, una bomba a orologeria. La rivalità tra Lazio e Marsiglia affonda le radici in un’amichevole dei primi anni ’90, nella quale i tifosi della Lazio sottrassero una pezza con su scritto “ULTRAS” ai francesi, esponendola davanti ai loro occhi per tutta la partita. Il confronto si è poi inasprito nei primi anni 2000 quando le due squadre si trovarono di fronte più volte in Champions League, fino ad arrivare alle recenti edizioni dell’Europa League in cui le trasferte e i relativi prepartita furono una follia, con scontri e cacce all’uomo. Alla base dell’odio tra laziali e marsigliesi però vi è innanzitutto una differenza ideologica e culturale, con i tifosi francesi notoriamente tendenti a sinistra.
Ecco perché entrambe le partite sono state considerate a rischio, con il conseguente divieto di trasferta. Nell’ordinanza emessa dal Ministro dell’Interno francese, ad esempio, sono stati vietati i «viaggi individuali o di gruppo, con qualsiasi mezzo, per valichi autostradali, porti e aeroporti francesi, ai tifosi della Lazio o chi si comporta come tale». Addirittura “a chi si comporta come tale”, ma a far discutere non è stato tanto questo (di per sé preventivabile), bensì le ragioni del provvedimento:
«il comportamento violento di alcuni tifosi della Lazio in modo ricorrente intorno agli stadi e nei centri cittadini dei luoghi di ritrovo nonché la ripetuta interpretazione di canti e saluti fascisti». Un caso che prima è diventato sportivo e poi addirittura politico, con tanto di richieste di scusa alla Francia.
Ordine pubblico e sicurezza interna, comunque, che non sembravano essere tanto a cuore delle autorità francesi per il match tra Marsiglia e Galatasaray, occasione che ha manifestato al mondo la forza distruttiva del girone. Un Velodrome strapieno e carico di adrenalina ha infatti accolto i tifosi turchi nel settore ospiti dell’impianto, sistemando i mai pericolosi tifosi del Galatasaray proprio vicino a una delle gradinate più calde dei tifosi marsigliesi, “Les Virage Nord”. Chi ha negli occhi le immagini del celebre Galatasaray-Manchester United del 1993 capirà subito il motivo per cui la partita è stata interrotta tre volte, e l’arbitro costretto a concedere dieci minuti di recupero per tempo. Lancio di fumogeni, seggiolini e continua ricerca del contatto tra le due tifoserie hanno reso l’incontro a dir poco elettrico, trasmettendo la rabbia persino alle tribune che, ad ogni contatto tra i giocatori, subissavano di fischi e oggetti gli ospiti giallorossi.
Ma questo non è l’unico girone a rischio, in una “follia” collettiva che sembra aver coinvolto tutta l’Europa. Il girone H non è stato da meno, e sin dal primo turno a Zagabria i Bad Blue Boys della Dinamo hanno accolto gli Hammers, nel prestigioso ritorno sulle scene internazionali, a modo loro. Il messaggio dei croati è stato chiaro: due striscioni, uno in sovraimpressione che recita “Congratulations, you’ve just met the…” e l’altro, esposto in basso, con la scritta “Bad Blue Boys”, una delle pezze più grandi al mondo per dimensioni. Alcuni lo scambiano per un omaggio alla celebre firm di Cass Pennant, la ICF, che era solita lasciare un biglietto con su scritte queste parole agli avversari, ma dovranno ricredersi solo qualche ora dopo quando, in tarda serata, inizia la caccia all’inglese per le strade della capitale croata.
Nel secondo turno è toccato a questi ultimi rifarsi: in uno Stadio Olimpico di Londra dipinto di Claret and Blue e in trepidante attesa, i tifosi del West Ham hanno accolto gli austriaci del Rapid Vienna. Anche qui gli scontri sulle tribune non sono tardati ad arrivare, con gli inglesi ansiosi di ricambiare l’affetto ricevuto a Zagabria dai BBB, e di vendicarsi proprio con il Block West austriaco, amico fidato dei croati. Ma lo spirito della competizione sembra essere arrivato persino a Leicester: qui, nella prima partita del girone, i tifosi delle Foxes hanno messo da parte quelle oscene manine di plastica fornitegli dalla società per passare alle mani (vere) con gli ultras napoletani, in totale stato di grazia dopo il pareggio di Oshimen allo scadere.
Ed è proprio il gruppo del Napoli, il girone C, che merita attenzione.
L’amicizia tra i russi dello Spartak Mosca e i napoletani non ha comportato una perdita di fascino perché gli Ultras del Legia Varsavia, celebri per le loro scenografie autocensurate contro la Uefa, hanno dato spettacolo nella partita contro il Leicester. Nel momento in cui gli inglesi si sono inginocchiati prima del fischio d’inizio per solidarietà al movimento BLM, i polacchi hanno esposto la loro scenografia raffigurante un uomo non identificato che indossa una corona e la scritta “Inginocchiati davanti a sua maestà”. C’è chi ha identificato nell’uomo l’intero popolo polacco, da sempre poco incline ai formalismi, ma il messaggio non sarebbe potuto essere più chiaro.
Comunque non finisce qui, e anzi potremmo continuare a lungo: ogni gruppo trasuda infatti storia e tradizione, e ha visto migliaia di tifosi invadere la strade d’Europa come non accadeva da tempo. Pensiamo a quelli del Royal Antwerp (l’Anversa), che hanno accolto i tifosi avversari dell’Eintracht Francoforte – altra tifoseria storicamente calda – nel “migliore” dei modi. Prima gli scontri con la polizia fuori dalla stadio, poi i petardi e i fumogeni lanciati in campo; infine, dato che ad Anversa la transizione ecologica è ad un livello molto avanzato, i tifosi di casa hanno dimostrato di avere a cuore la lezione di Greta e dei movimenti ambientalisti. Basta con i lanci di motorini dal terzo anello di San Siro, nel frattempo è arrivato il progresso: se il motorino inquina troppo, meglio lanciare direttamente un monopattino elettrico, silenzioso ed ecosostenibile.
In tutto ciò, chissà cosa sarebbe successo se non fossero state vietate le trasferte ai marsigliesi e ai polacchi del Legia nella terza giornata.
Anche la nuovissima Conference League in questo senso lascia ben sperare, offrendo sulle gradinate un contraltare al triste “spettacolo” del campo. Una menzione particolare per gli eroici tifosi romanisti presenti a Luhansk, in una trasferta apparentemente anonima che con ogni probabilità ricorderanno per tutta la vita, e per le poche centinaia a petto nudo in Norvegia a Glimt, che faranno altrettanta fatica a dimenticare le sei reti subite. Infuocato anche il clima sugli spalti del De Kuip di Rotterdam, pieno in ogni ordine e posto, e in molti altri impianti in giro per il continente. Un clima di esaltazione generale che, con tutti i suoi eccessi, almeno ci ha riportato a contatto con la realtà degli stadi – fino a quando sarà possibile viverli alla “vecchia maniera”. Con questo non si vuole fare l’apologia dei tifosi violenti, sia chiaro, ma dire neanche troppo tra le righe una cosa: meglio gli stadi pieni, nonostante qualche effetto collaterale, di quelli spettralmente vuoti nella piena pandemia.