Calcio
27 Maggio 2021

Le finali non si giocano, si vincono

Il Villarreal è campione d'Europa.

All’indomani di Manchester United vs Roma, semifinale d’andata di Europa League, ci si chiedeva – increduli – perché la Roma di Fonseca, anziché parcheggiare il bus davanti alla porta, avesse approcciato il secondo tempo di Old Trafford sulla falsariga del primo – che, un po’ per bravura, un po’ per fortuna, i giallorossi avevano chiuso, in rimonta, sul punteggio di 2-1.

«Chi specula – ricorda spesso Lele Adani – la paga a caro prezzo». Ma i recenti risultati della stagione calcistica testimoniano l’esatto opposto. Tralasciando l’Inter di Antonio Conte, prima l’Atletico Madrid del Cholo Simeone, poi il Lille di Galtier, infine il Villarreal di Unai Emery hanno trionfato tutti alla stessa maniera: solidità difensiva e identità di gruppo. Parolacce per i progressisti del pallone, i due elementi sopracitati rappresentano invece l’arma segreta delle squadre vincenti. Preoccupate più di lavorare che di fare filosofia.

Villarreal è una cittadina di appena 50.000 anime in provincia di Castellón, nella comunità autonoma valenciana. Di questi 50.000, circa 3000 erano presenti ieri a Danzica. Di questi, 13 erano in campo, chi col fratino chi con l’inconfondibile completo giallo, a lottare per il proprio popolo. Un miracolo sportivo ed antropologico, una fede cieca nella cantera che vede in Pau Torres, difensore classe ’97, l’incarnazione di questo trionfo fatto in casa.

Chi l’avrebbe mai detto?


Torres era presente all’Estadio de la Ceramica quando, nell’aprile del 2006, Juan Roman Riquelme, probabilmente il giocatore con più classe mai passato da Villarreal, sbagliava dal dischetto un rigore che mandava l’Arsenal in finale di Uefa Champions League. Torres era lì, dietro la porta difesa da Lehmann, a tifare Villarreal. Dopo 15 anni, da giocatore e trascinatore, ha portato il Submarino Amarillo sul tetto d’Europa.

Per quanto fiabesca, questa non è chiaramente l’unica storia da raccontare. Se incontri il Manchester United, Emery lo sa bene, difendersi con ordine è la prima arma per provare a vincere la partita. Imbattuto in Europa League quest’anno, Emery ha dimostrato di essere un autentico fuoriclasse della competizione. Nelle sue dichiarazioni di ieri sera, nel post partita, non parla che di sacrificio, di duro lavoro. I suoi occhi, ancora fiammanti, parlano da soli. Il tempo supplementare del Villarreal è stato semplicemente incredibile, specchio fedele della volontà tutta basca del proprio basco allenatore.

Il Manchester United, che ha tenuto il pallone per il 61%, ha tirato due sole volte in porta. Il Villarreal, arroccandosi in difesa e sacrificando il più talentuoso in rosa, Gerard Moreno – un giocatore che fa bene al calcio –, è riuscito a portarsi in vantaggio nel primo tempo grazie ad una zampata del suo numero 7, su un calcio piazzato magistralmente eseguito da Dani Parejo – centrocampista anacronistico, calcisticamente sublime. Nella ripresa non è cambiato il tema tattico, e ci mancherebbe. Il Villarreal ha continuato a difendersi con ordine, forte di un centrocampo muscolare (oltre a Capoue, fondamentale è stato l’ingresso di Coquelin) e di un difensore fenomenale: Raul Albiol. Talmente forte, quest’ultimo, che quasi vien da pensare che le difficoltà di Koulibaly siano dovute all’assenza del suo vecchio compagno di reparto.

Unai Emery portato in trionfo dai suoi ragazzi (foto Twitter/@EuropaLeague)

Albiol, come Emery, è abituato a vincere. 5 su 8 le finali vinte dal difensore spagnolo. Per l’allenatore basco, invece, sono 4 i successi in Europa League – 3 col Sevilla e 1 col Villarreal, dopo aver già sfiorato il titolo con l’Arsenal, sconfitto da Maurizio Sarri e il suo Chelsea nel 2019. Il presidente Fernando Roig, sorta di Percassi italiano e proprietario di varie aziende di ceramica, vera forza commerciale di Vila-Real, ha costruito il progetto del Submarino amarillo molto tempo fa. Le basi c’erano, ma sapeva di aver bisogno di un vincente per vincere.

Nove gol subiti in quindici partite di Europa League. Un attacco non troppo prolifico, che ha raggiunto tre o più reti di differenza solamente in due partite del girone, contro Tel Aviv e Qarabag. Quello che impressiona del Villarreal è la determinazione. Lotta su ogni contrasto, dal giocatore più tecnico a quello dai piedi meno educati. Non sembra affatto una squadra spagnola, anche se il Palmares dell’Europa League – su 18 titoli, 11 sono spagnoli – fa impressione.

Durezza negli interventi, rischio della giocata – esempio, la rabona di Bacca nel primo tempo – coraggio – come quello di Foyth che rimane in campo per quasi 90’ con un taglio alla fronte e un turbante da calcio d’altri tempi. Infine fame, quella messa sul campo da Emery che ha sbracciato e sbraitato per più di 120 minuti, accompagnando i suoi ragazzi ad una partita dal sacrificio commovente. E soprattutto vincente. Fino all’ultimo rigore, l’undicesimo della lotteria. Il destino che nel 2006 aveva precluso al Villarreal la finale di Champions, lo ripaga 15 anni dopo, attraverso i piedi e i guantoni di Rulli (decisivo contro De Gea). Perché le finali non si giocano, si vincono.

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