Ci hanno tolto pure le gioie alla griglia di partenza. Ora se lo guardano loro quello scempio di gare.
Nel 1920 d’Annunzio scriveva una lettera a Giovanni Agnelli, per ringraziarlo della macchina donatagli, e dirimeva una questione molto importante
«Mio caro Senatore, in questo momento ritorno dal mio campo di Desenzano, con la Sua macchina che mi sembra risolvere la questione del sesso già dibattuta. L’Automobile è femminile. Questa ha la grazia, la snellezza, la vivacità d’una seduttrice; ha, inoltre, una virtù ignota alle donne: la perfetta obbedienza. Ma, per contro, delle donne ha la disinvolta levità nel superare ogni scabrezza […]»
mandando a fare in culo Marinetti che da dieci anni andava sostenendo che un automobile ruggente è più bello della Nike di Samotracia.
L’automobile è femmina e donna, punto. E il binomio donne&motori altro non viene che da quella proiezione psicologica che il maschio compie sull’auto, che diventa metonimia dell’amore, della passione, del sesso.
E invece leggo che quei bigotti della Liberty Media, il nuovo circus della Formula 1, hanno eliminato dalle griglie di parte dei GP le ombrelline, a partire dalla prossima stagione, evidentemente asfissiati dalla paranoia delle molestie sessuali. “We feel this custom does not resonate with our brand values and clearly is at odds with modern day societal norms” hanno annunciato mercoledì. Niente di più vero signori, infatti fate sbadigliare tutti come i valori della società cui andate incontro.Puritani si è sbrigato a bollarli quel vecchio marpione di Bernie Ecclestone, ex padrino del circuito, che ha ancora sale in zucca per comprendere quanto importanti fossero le bellezze in griglia prima della luce verde. Donne libere, consapevoli del ruolo. Non reificate come ci vogliono far credere dal Ministero della Verità.
Un tempo il pilota accendeva i motori consapevole del fatto che in gara sarebbe potuto morire. E si moriva, infatti, correndo. E le ombrelline con le gote rosse salutavano i loro piloti che andavano al fronte, in pista, rischiando di rimanerci, come succede in guerra. I piloti lasciavano l’amante del momento per amare e possedere l’auto, e vincerla, per poi tornare ad amare di nuovo le donne. Un bacio da soldato, un bacio da eroe nel ciclo inesauribile di amore e passione che ha alimentato per decenni il culto della velocità.
Ora i piloti toccano tasti di computer che conducono macchine a motore ibrido amministrate da ingegneri algidi chiusi dentro quei box dove non si esulta nemmeno se si vince il gran premio di Marte. Con tutti quei regolamenti e bizantinismi per cui una gara è decisa sempre e soltanto dai giudici. E il risultato è questo sport meraviglioso diventato molle, fiacco, imbelle. L’avete voluto voi, una volta gli sponsor erano le case del tabacco, i piloti erano semidei e le ombrelline loro ninfe. Si sfidava l’impossibile e si entrava nel mito.
In quest’epoca l’audience della F1 si avvicina a quella del tamburello, vincono le macchine e non chi le guida, i gran premi sono surrogati dei sonniferi. Ma il problema sono le ombrelline, in contrasto con i nuovi costumi. Difatti la nuova F1 piegata allo zeitgeist è proprio appropriata per questa società. Le ombrelline sono morte, viva le ombrelline, Donne libere.