Motori
28 Settembre 2023

Alla Ferrari manca una guida

Una crisi che parte dalla punta (distaccata) della piramide.

Sembrano passati pochi giorni da settembre 2022, periodo in cui una Ferrari potenziale vincitrice del titolo – a inizio stagione – era sprofondata nella solita, cronica, crisi sportiva tecnica di risultati. Oggi come ieri siamo al punto di partenza e, rispetto a una Ferrari lontanissima in classifica, restano in evidenza due aspetti: i problemi dirigenziali del Cavallino Rampante nella mancanza di un leader forte e credibile e la narrazione mediatica che con la sua umoralità, a tratti noiosa a tratti fastidiosa, non aiuta il pubblico a capire il momento delle Rosse.

Se ci fossimo addormentati un anno fa e risvegliati oggi, non noteremmo che il tempo è passato. La recente vittoria di Sainz a Singapore è stata spazzata via dal dominio di Max Verstappen a Suzuka, classica, iconica, pista giapponese. Un campionato sportivamente peggiore dell’anno scorso ma, nel 2023, i #tifosi con l’hashtag davanti da incendiari sono diventati ragionatori, la stampa è molto più permissiva con la Scuderia e come sempre il padrone non si tocca (e critica, soprattutto).

I problemi, invece, dipendono proprio dalla solita situazione del Cavallino Rampante: una piramide aziendale gigantesca con la punta distaccata, quasi estranea alla pista, alla Formula 1 e alle corse, ma con altre priorità.

John Elkann fa la sua propaganda, soffre di annuncite a tratti stucchevole e spesso non dice altro che parole di circostanza: “abbiamo una squadra che va in un’unica direzione”(…), “la macchina migliora ad ogni gara”, “l’umore dei piloti è buono”. La firma della sua dirigenza – Ferrari ma in generale Stellantis – è sostanzialmente questa, essere distaccato non solo dalla pista ma dai comuni mortali, mentre decide dall’alto verso il basso le politiche industriali dei marchi che rappresenta.



D’altronde Ferrari è tra i brand più “powerful” e influenti del mondo secondo ‘Brand Finance Global’ e questo è ciò che interessa alla gente che comanda, al giorno d’oggi. La macchine che corrono in pista sono poco più che giochini da intrattenimento per bambini e adulti, i soldi si fanno altrove e gli umori dei tifosi si creano e si distruggono in laboratorio. Mentre gli appassionati, e del motorsport sono ancora numerosissimi, virano la loro attenzione sul WEC e le gare endurance o GT.

A Elkann fa da controfigura l’a.d. Vigna, evanescente soprattutto per quanto riguarda il paddock, e anche lui non molto convincente per teorie e valori sull’automobile sportiva in generale. «L’obiettivo di Ferrari è raggiungere la neutralità carbonica entro la fine del decennio», ha dichiarato all’ACEA (European Automobile Manufacturers Association). Fin qui tutto legittimo, a parte la complessità e la mancanza di risposte razionali e strategie concrete su come raggiungere un traguardo così ambizioso in così poco tempo. Ma il CEO si è esposto anche su un altro fronte, con l’Unione Europea che spinge per rendere obbligatorio il nuovo standard sulle emissioni Euro 7 già dal 2025, e non si è trattenuto dal sottolineare le criticità di questa direttiva:

“procedere con l’Euro 7 come attualmente concepito distrarrebbe l’attenzione del nostro team e dei nostri fornitori. Il nostro suggerimento è di accelerare sull’elettrificazione. Non abbiamo tempo per distrazioni”.

Full speed sull’elettrico, dunque. Il che non entusiasma nè il mercato – che non esiste peraltro – delle sportive elettriche, nè gli appassionati, quel popolo di ferraristi, di consumatori di gadget, che con l’elettrificazione non vuole avere niente a che fare. Chissà, magari a colpi di #essereFerrari si convinceranno anche loro.



Come successo l’anno scorso, dunque, anche quest’anno si percepisce un’aurea di intoccabilità dei vertici educatamente rispettata dai media generalisti, i quali si permettono di analizzare i problemi sempre fino a certe altitudini. E visto che Vasseur ha sostituito Binotto solo 10 mesi fa, anche il team principal è difficilmente criticabile, sta lavorando e legittimamente (ci mancherebbe) bisogna dargli tempo. Più in su nell’organigramma non si osa.

Allora, visto che di qualcosa bisogna pur parlare e scrivere, ci si inventa questioni ferrariste più che secondarie: da Sainz (bravissimo) che vince una gara e diventa un pilota più forte di Leclerc, un po’ azzardata e tifosesca per non dire superficiale come analisi, alla direttiva tecnica FIA TD18 che affossa la Red Bull (questa è stata davvero bella), oppure argomenti di pista affrontati con un sentimentalismo da Netflix. Niente di più sgradevole, giornalisticamente e sportivamente parlando.

In realtà, come scrive il sempre lucido e competente Mario Donnini, la «vittoria (di Sainz a Singapore, ndr) nell’ottica del campionato non conterà un bel cavolo di niente. Anche perché che alla fine la Ferrari giunga seconda o sfighesima nel mondiale costruttori interessa soprattutto a Vasseur, alla zia di Vasseur e al contabile della Rossa, che così incassa più valsente. Ma per il resto non frega nulla a nessuno». E ancora:

«La faccenda che sposta è un’altra. Enzo Ferrari ci indirebbe seduta stante una conferenza stampa di quelle memorabili», rincara Donnini.

«A tono pacatamente fiammeggiante, con sapienti e teatrali pause e riprese. Coi silenzi più gloriosi degli acuti per dire e ribadire al mondo una cosina semplice semplice ma unica: grazie al successo di Singapore la Ferrari ora è l’unica Casa del pianeta Terra ad aver vinto nel giro di tre mesi e mezzo in F.1, a Le Mans, ossia nel Wec, e nella 24 Ore del Nurburgring, la maratona più gloriosa e importante tra le GT».

L’incapacità di trasmettere passione da parte dell’ultimo successore del Drake invece, e degli algidi componenti dei piani più alti della Ferrari, resta un problema tutt’altro che risolto. E ciò influisce direttamente nell’organizzazione aziendale, nella gestione della Scuderia e, infine, nei risultati. E man mano sta raffreddando il sogno del Cavallino Rampante. Come scriveva quest’estate Stefano Olivari su Indiscreto: «John Elkann è il colpevole del fallimento di questa Ferrari? Non abbiamo la risposta, ma è curioso che non ci sia nemmeno la domanda».


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