Critica
22 Gennaio 2024

I fischi a Gigi Riva sono un punto di non ritorno

Abbiamo venduto anche la nostra dignità.

Così, da un momento all’altro, diventammo tutti Maurizio Sarri. Un po’ come nella celebre scena di Dragonball in cui Goku chiede al mondo intero di dargli l’energia necessaria a generare la Sfera Genkidama, ieri, mentre guardavamo con occhi stanchi e già smunti Inter vs Napoli, sentendo i fischi del pubblico di Riad durante il minuto di silenzio per Gigi Riva, ci siamo sentiti vivi e uniti nella vergogna. Un sentimento ambiguo: da un lato infatti provavamo rabbia e – ammettiamolo, da ipocriti occidentali quali siamo – disgusto verso quella gente e le sue leggi, dall’altro però subito si affacciava al pensiero un altro bersaglio dell’odio, forse il vero bersaglio dell’odio, la Lega Calcio.

I fischi a Gigi Riva – che, come abbiamo appreso, sarebbero dovuti al rifiuto di un’usanza non-islamica (e quindi errata per principio da quelle parti), quella di commemorare i morti col minuto di silenzio appunto – giungono assordanti alle orecchie di chi, come noi, leggeva ieri sera tra il divertito e lo sconvolto le parole di Lorenzo Casini, presidente della Serie A, sulla possibilità di stringere ulteriormente il sodalizio con l’Arabia Saudita, magari perché no esportando in quei lidi anche una giornata di campionato: “è una cosa che stiamo valutando, con pro e contro – ha spiegato Casini allo Snack Summit dal titolo ‘From Local to Global’. Il primo dei contro, ha continuato, è relativo ai tifosi che potrebbero perdere una giornata. Il luogo sarebbe da determinare. E tra l’altro al momento non sarebbe possibile senza autorizzazione di Fifa e Uefa”.

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Ma diamine perché proprio in Arabia Saudita? Dannazione, l’avrà pur detta quella parolina che è costata a Sarri fiumi d’inchiostro benaltristi: sss… sss.. sol… non esce nemmeno a noi! “L’Arabia Saudita è diventato un Paese di riferimento (sic!) già diversi anni fa (arisic!) e guardando quello che il Paese sta facendo in prospettiva di Expo 2030 e dei Mondiali 2032 era un momento importante per esserci. Ma come Serie A, non ci rivolgiamo solo al mercato arabo (ah). C’è la possibilità di creare visibilità e relazioni non solo commerciali ma anche diplomatiche. Il mercato arabo ci chiede quello che mi pare sia avvenuto: portare la tradizione, la notorietà e il talento del calcio italiano”.

Brevissimo elenco delle cose che invece non sono avvenute in questa edizione di Supercoppa: afflusso di pubblico – erano in 9000 i presenti durante l’esordio, Fiorentina vs Napoli –, rispetto dei defunti o, cerchiamo di essere distensivi, della tradizione occidentale di rispettare i defunti – in questo caso, poi, non uno qualunque, ma un simbolo di quel calcio italiano che Casini si vanta di aver portato in Arabia Saudita, e con successo a sua detta –, fortuna della formula, se è vero come è vero che gli stessi giornalisti sauditi avevano chiesto, prima di Fiorentina-Napoli, dove fossero Milan e Juventus. Vaglielo a spiegare che il Trofeo Berlusconi non esiste più da anni. Né quello né la dignità di un sistema che si è venduto senza vergogna.

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