Da D'Annunzio all'annessione alla Jugoslavia: la storia di Fiume nel pallone.
È il 12 settembre del 1919. La città di Fiume è ormai divenuta, al termine della Grande Guerra, oggetto di contesa tra le ambizioni del nascente Regno dei serbi, dei croati e degli sloveni e quelle, ancora più forti, dell’Italia uscita vincitrice dal conflitto. Da un anno regnava una situazione di stallo. L’unico a rispondere presente fu il Vate Gabriele D’Annunzio, già protagonista indiscusso di alcune controverse imprese (dal volo su Vienna, alla beffa di Buccari) che lo avevano reso celebre più di quanto già non lo fosse a livello letterario.
Al comando di circa novemila legionari, D’Annunzio entrò a Fiume il 12 settembre del 1919 e il 12 agosto dell’anno successivo, dinanzi all’ulteriore immobilismo dei governi nazionali, il Vate proclamò con queste parole la nascita di uno Stato autonomo, in attesa dell’annessione all’Italia, denominato Reggenza Italiana del Carnaro:
“La vostra vittoria è in voi. Nessuno può salvarvi, nessuno vi salverà: non il Governo d’Italia che è insipiente ed è impotente; non la nazione italiana che, dopo la vendemmia della guerra, si lascia pigiare dai piedi sporchi dei disertori e dei traditori come un mucchio di vinacce da far l’acquerello… Domando alla Città di vita un atto di vita. Fondiamo in Fiume d’Italia, nella Marca Orientale d’Italia, lo Stato Libero del Carnaro”.
Si trattò tuttavia di un vano tentativo. Pochi mesi dopo con il Trattato di Rapallo, lo Stato italiano decise di intervenire cacciando D’Annunzio da Fiume e contribuendo alla costruzione dello Stato libero di Fiume, entità autonoma e neutrale al confine tra l’Italia e la Jugoslavia. Fu solo con il trattato di Roma del 27 gennaio 1924 che fu definita la spartizione del territorio di Fiume tra la Jugoslavia e l’Italia. Ed è proprio a partire dal 1924 che la città di Fiume divenne il luogo simbolo dell’Italia vincitrice della guerra.
In pochi mesi fu istituita la Provincia italiana del Carnaro. Due anni dopo nacque ufficialmente l’Unione Sportiva Fiumana. Questa, assieme al Grion di Pola, divenne in breve la più importante squadra istriana. Le due squadre divennero acerrime rivali nel corso della loro breve storia, ed è curioso che l’uomo che ha ricostruito in parte la storia della Fiumana sia stato proprio un nemico del Pola, Elvino Tomasini:
“La Fiumana era, calcisticamente parlando, la nostra acerrima “nemica”, una “nemica” rispettabilissima, validissima, tenacissima. C’era molta rivalità, a quei tempi, tra Pola e Fiume. Le due squadre si battevano alla morte, gli incontri non erano incontri, erano piuttosto “scontri”; i giocatori si conoscevano tutti, personalmente e tecnicamente, non c’erano segreti”.
Leggere la storia della Fiumana attraverso gli occhi di un tifoso rivale sarebbe oggi paragonabile ad una storia dell’Inter scritta da un milanista. In questo paradosso è racchiuso invece tutto il dramma e il senso d’identità di una comunità martoriata. Si era rivali sul campo, certo, ma figli della medesima comunità italiana d’Istria e Dalmazia destinata ad essere travolta dalla storia, dalla guerra e dalla vendetta dei partigiani iugoslavi di Tito. Ma questa è un’altra storia.
Quella dell’Unione Sportiva Fiumana cominciò, come accennato, nel 1926, il che avvenne – similmente a quanto già stava avvenendo in molti campi – a seguito delle sollecitazioni del regime, intenzionato a diminuire il numero di sodalizi sportivi per ognuna delle grandi città, per favorire la pacificazione sociale. Ciò avvenne in maniera anche clamorosa, cancellando club storici come l’Unione sportiva Milanese e l’Inter, fuse nell’Ambrosiana, o come per i club romani dell’Alba, della Fortitudo e del Roman, che formarono la Roma . . .