Il funerale (con corteo funebre) dei genoani per la Sampdoria.
I genovesi, essendo un popolo di mercanti e navigatori, hanno giocoforza una memoria lunga. Nei secoli scorsi i crediti che si aprivano avevano una durata commisurata alle spedizioni navali, erano incerti, aleatori, rischiosi. Alla memoria a lungo termine si univa la pazienza, che necessariamente doveva essere robusta, a prova di tramontana, altrimenti il debitore avrebbe avuto vita troppo facile. Al giorno d’oggi l’informatica ha sostituito la memoria umana, almeno nel commercio, ma c’è un altro ambito in cui essa rimane prerogativa dell’uomo, anzi, del tifoso: il calcio.
Per comprendere un po’ più a fondo cosa ha spinto i tifosi del Genoa, in occasione dell’ultima partita di campionato di serie B contro il Bari, ad organizzare una veglia ed un corteo funebre in onore dell’altra compagine cittadina – la Sampdoria – prima, dopo e durante la gara, bisogna fare un salto indietro di 20 anni, nella stagione 2002/2003.
Il 19 aprile di quell’anno, infatti, una Samp lanciata verso la serie A batte 2-0 un Genoa che sta sprofondando verso la serie C in dissesto finanziario dopo le scellerate gestioni Scerni e Dalla Costa (in quel momento il presidente era Stefano Campoccia). La Gradinata Sud espone, nella sua coreografia, lo striscione “questo non è un arrivederci…è un addio”, con il Baciccia (il marinaio simbolo del Doria) che saluta sorridente abbracciando la Lanterna.
Nessuna pietà per i cugini rossoblu. La retrocessione in C ed il possibile fallimento non suscitarono certo compassione tra il tifo blucerchiato. I genoani però non hanno mai dimenticato quel derby, quegli sfottò, quelle settimane di ansia prima che Preziosi acquistasse la società ed il “caso Catania” fece sì che l’annata successiva fosse di nuovo giocata nel campionato cadetto.
E non hanno nemmeno scordato la retrocessione della stagione scorsa, con la stracittadina persa a poche giornate dalla fine (con annesso rigore sbagliato da Criscito all’ultimo respiro), il gestaccio di Audero verso una Nord già quasi svuotata, un’estate di prese in giro e la paura di marcire in B per i dieci anni successivi. Ma, come recita il tatuaggio che “Mimmo” si è fatto sulla coscia, “tutto tornA”.
A distanza di un anno il Genoa risale prepotentemente in massima divisione mentre i blucerchiati affondano ultimi in classifica in serie A, con la spada di Damocle del fallimento. Sì, perché la gestione di Massimo Ferrero ha portato il bilancio doriano ad avere debiti vertiginosi e pochi acquirenti, almeno in Italia. Perché fuori dal Belpaese invece sembra che qualcosa si muova. E qui inizia una storia grottesca.
A settembre si rincorrono le voci sull’interessamento all’acquisto della società da parte di Sua Altezza Khalid Faleh Al Thani, membro della famiglia regnante in Qatar.
A Genova si parla di un’offerta scritta giunta alla Trust Service srl che detiene la Samp, di un bonifico di 40 milioni che sembra sul punto di arrivare, ma anche di finanziamenti bancari mancanti, di dubbi sull’effettiva esistenza ed identità (come si vede da qui, la famiglia qatariota ha un albero genealogico piuttosto complesso) dello sceicco – mai visto da nessuno dal vivo se non in una presunta videoconferenza con gli amministratori della società –, delle dichiarazioni di Edoardo Garrone che bolla l’operazione come un bluff… ed il tutto va ancora avanti oggi che la Samp è matematicamente retrocessa con statistiche paurose come il buco di bilancio e l’esposizione debitoria.
Inutile dire che tutto questo circo, unito al subitaneo ritorno del Grifone in serie A, ha scatenato la fantasia dei genoani. Ed arriviamo al 19 maggio, alla partita contro il Bari. Il pre-gara all’esterno dello stadio già pullula di croci e bare blucerchiate, sceicchi, preti, suore, cardinali, scheletri e dromedari. Sì, ad alcuni esponenti della Nord è saltato in mente di affittare un dromedario vero e farlo sfilare fuori dal Ferraris a simboleggiare la sfortunata trattativa (?) con Al Thani (naturalmente con le annesse proteste dei soliti animalisti senza senso dell’umorismo).
All’interno poi la partita inizia con una coreografia a tutto stadio (come in QUEL Genoa – Venezia del 2005) ed un primo tempo in cui si celebra il ritorno in A. La Nord è piena all’inverosimile, sembra in overbooking come nei derby anni ‘90. Qualche centinaio (migliaio?) di tifosi è riuscito ad entrare anche senza titolo di accesso ed i rumori inequivocabili, provenienti da fuori i cancelli, lo confermano. Come annunciato nel comunicato della T.O. uscito in settimana, dal secondo tempo iniziano le “celebrazioni”: un minuto di silenzio poi via ai cori di cordoglio.
Uno su tutti il potente “giù le mani dalla Sampdoria”, mantra ripetuto e scritto all’infinito dalla tifoseria blucerchiata nelle ultime settimane.
Si vedono girare i becchini ghanesi del video virale di qualche anno fa, una bara vera, gente con la maschera di Ferrero, con costumi a forma di cammelli. Poi gli striscioni, impietosi: “B come Domodossola”, “giù le mani da Ferrero”, “salutava sempre”, “la maglia più bella del mondo”, “la Sud”, “vinto, visto, vissuto” e molti altri. Qui un video che riassume un po’ la giornata.
Dentro Marassi
Finisce la partita con, manco a farlo apposta, il gol su rigore di Criscito che sancisce la vittoria per 4-3 e poi fuori, tutti in corteo verso piazza De Ferrari. Sembra il carnevale di Viareggio grazie ai camioncini che riportano le effigi di Ferrero, di Pellegri che esulta sotto la Sud dopo il gol con il Toro, di Marco Lanna, ovviamente dello sceicco, di Ballardini.
Non si salva, chiaramente, nemmeno la facciata del negozio ufficiale della Sampdoria “Samp City” in via XX Settembre, proprio dove passa la processione. Il tutto finisce con fuochi d’artificio in centro città con buona pace dell’altra fetta di tifo cittadino che, per una sera, ha preferito non mettere il naso fuori di casa. Parafrasando Petrarca: «Vedrai una città regale, “superba” per scherno e per burla». Stavolta, a farne le spese è stata la sponda blucerchiata della città. In attesa del prossimo (chissà quando) capitolo.