Ritratti
12 Febbraio 2025

Giacomo Bulgarelli, bandiera eterna

Di Bologna figlio, del Bologna sposo.

Per la dote di incarnare il carattere di una “razza”, Giacomo Bulgarelli deve essere considerato una bandiera di Bologna e non solamente del suo Football Club. Il 12 febbraio 2009 la città ha pianto uno dei suoi affetti più cari ed autentici, un figlio che ha saputo portarne il nome e l’identità in tutto il globo. Descrivere l’animo di un bolognese ad un forestiero è un esercizio tutt’altro che banale ed il rischio di rimanere incompresi è alto, per quanto possa essere minuziosa ed articolata la lezione. In ogni tempo la città è vissuta su un peculiare equilibrio, fondato sulla capacità di conciliare al suo interno anime profondamente distinte.

Concepita da cromosomi etruschi, gallici e romani, è cresciuta tra il desiderio di libertà e l’assoggettamento alle signorie ed allo Stato Pontificio, antitesi il cui esito è ben visibile sulla facciata della basilica di San Petronio.

Nel Ventennio  la strage di Palazzo d’Accursio avvia il fascismo agrario e la città è considerata da Mussolini come base della fedele Decima Legio; invece, dopo l’8 settembre, è scenario di uno dei più eclatanti successi della Resistenza. Nel Dopoguerra si professa “di sinistra” ed abbraccia l’american way of life all’italiana, così negli anni ’60 si scopre borghese, ma appena un decennio dopo è la camera di combustione in cui divampa l’antagonismo giovanile.

Tanto quanto la storia, anche la geografia ha contribuito a plasmare l’anima felsinea, ponendo la città sul crocevia tra Pianura Padana e Mediterraneo, ai piedi degli Appennini ma a meno di un’ora di macchina dal mare. In bilico tra Strapaese e Stracittà, il capoluogo emiliano vanta i pregi della provincia ed ammette i vizi della metropoli. Bologna ti sa accudire come una madre amorevole, ma può castigarti come una vecchia zia inacidita. Amante passionale, è in grado allo stesso tempo di mostrare il lato peggiore della più orrenda megera.

Il carattere degli autoctoni riflette chiaramente questo crogiuolo millenario, individuando la sua peculiarità proprio nell’esaltazione del carnevalesco spettro delle diverse personalità presenti nell’italica Penisola. Nella polarizzazione tra Nord e Sud, il bolognese trova la sua ragion d’essere nel mitigare i pregi ed i difetti delle differenti realtà, conciliandoli nel suo spirito unico. Indaffarato e laborioso, il nativo all’ombra del Nettuno trova sempre il tempo per dedicarsi alle prelibatezze della cucina tradizionale, connubio tra ingredienti popolari e precise proporzioni geometriche.

Se canticchia le più amare strofe di Lucio Dalla, poi può concludere con una dissacrante rima degli Skiantos, oppure, mentre ripassa tra sé e sé i versi risorgimentali del Carducci, può esplodere in un “Socc’mel!” . Di fronte alle tombe dei Glossatori, antichi maestri di Diritto, ti racconta orgoglioso della fondazione dell’Università, lamentandosi allo stesso tempo dei fuorisede; la filippica termina soltanto se, vinto dalla fame, passa all’enunciazione delle migliori trattorie del circondario. In una di queste, l’oste prima ti squadrerà con diffidenza, poi ti servirà un sensuale piatto di tajadel o turtlèin, ed in conclusione si siederà sorridente al tuo tavolo per farsi un bicchiere alla tua salute.



Il bolognese non si fida dei preti, ma chiede protezione alla Madonna di San Luca, che veglia dalle icone ovunque disseminate nel chiaroscuro dei portici e dai cruscotti delle auto targate “BO”. Infine, che si tratti di BFC, Fortitudo o Virtus, gode, soffre e rimugina sulle vicende sportive tutta la settimana, giorno e notte, anche se, da Pasqua in poi, la domenica scappa al mare. Adesso si intuisce lo scetticismo del lettore ed il limite ormai superato della sua pazienza, ma questo studio antropologico “al ragù” è determinante per comprendere la figura del Nostro e la sua virtù pedatoria.

Infatti questa capacità di sintesi, dote che ha permesso di fondere armoniosamente le variegate sfaccettature della vita sotto le Due Torri, trova una perfetta corrispondenza nel modo in cui Giacomo Bulgarelli ha interpretato il ruolo di centrocampista fondendo insieme recupero e rifinitura, grinta e tocco, regia e tackle. Anche nella personalità, il numero 8 ha saputo incarnare lo spirito della gens bononiensis: fuori un borghese dal tono pacato e ponderato, in campo pronto a tutto per la causa rossoblù. Il colpo di fulmine per il pallone si abbatte su Giacomino tra il campetto dell’oratorio e lo spiazzo della sua casa di Portonovo di Medicina, paesino di campagna ad una trentina di chilometri dal capoluogo . . .

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