Dai Boys SAN dell'Inter ai Nuclei Armati Rivoluzionari.
È il mattino del 23 giugno 1980 quando, tra Viale Jonio e Via Monte Rocchetta, una moto di grossa cilindrata con due uomini a bordo si fa largo nel frenetico traffico della capitale. Uno dei due scende dal veicolo, estrae lentamente un calibro 38 dalla tasca laterale del suo bomber scuro e si dirige con passo deciso verso l’adiacente fermata del bus. L’obiettivo è un esponente dello Stato, Mario Amato, un giudice che sta curando una controversa e sconvolgente inchiesta sul mondo eversivo dell’estrema destra romana. Il giovane si avvicina, appoggia l’indice sul grilletto e punta l’arma alla nuca della vittima, intenta ad aspettare l’arrivo del mezzo. Un colpo secco, poi schizzi di sangue e brandelli di cranio e cervello ovunque, tra le urla dei passanti.
«Oggi il Giudice Amato ha chiuso la sua squallida esistenza, imbottito di piombo». [1]
L’assassino corre in sella alla moto che sfreccia via, facendo perdere le sue tracce. Poi se ne scoprirà l’identità: si tratta di Gilberto Cavallini, latitante e già fondatore dei Boys SAN 1969, storico gruppo ultras della Curva Nord interista. Quella di Cavallini, classe 1952 e milanese di nascita, è la storia di una generazione spavalda e violenta, divisa in universi e sigle di diverso colore e filosofia politica, ma accomunata dalle mani armate e sporche di sangue.