Il caso Thiago Motta-Arnautovic ce ne ricorda altri (illustri) del passato.
Arnautovic non sta più giocando perché Motta predilige un attaccante meno fisico, più moderno. No, anzi, l’austriaco sta vedendo sempre meno il campo perché non è diligente, si allena poco, a Casteldebole si impegna meno degli altri perché tanto sa di avere il posto garantito. Poi, diciamocela tutta: lui e Thiago proprio non si sono mai piaciuti, fin dall’inizio, e il mister non aspettava altro che un pretesto come quello dell’infortunio per confinarlo in panchina e non farlo alzare mai più. Si è detto e scritto questo e tanto altro, nelle ultime settimane, riguardo al rapporto Motta-Arnautovic. Il primo ha spesso glissato con classe (e talvolta anche un po’ di stizza) davanti alle domande dei giornalisti circa lo scarso impiego dell’austriaco, e certo quest’ultimo ci ha messo del suo prendendo a calci una bottiglietta al termine di un Bologna-Lazio che lo ha visto riscaldarsi a vuoto senza nemmeno essere messo in campo per fare minutaggio dopo l’infortunio.
Apriti cielo. Per tanti è stata la conferma che tra il mister e il suo attaccante non corre buon sangue, ci si è immaginati un Arnautovic in versione Hulk che rientra negli spogliatoi e prende a calci qualsiasi cosa gli passi davanti (come se esistessero giocatori che sono felici di restare in panchina) e la successiva vaghezza di Motta nel commentare l’accaduto non è stata altro che una conferma dell’insanabile rottura tra i due.
C’è del non detto, questo è chiaro, ma come spesso succede c’è da chiedersi se la situazione sia in realtà molto meno torbida di come si stia cercando di dipingerla. L’allenatore rossoblù ha recentemente riassunto la sua scelta di concedere meno spazio ad Arnautovic con un laconico “in questo momento merita di giocare Barrow” che sicuramente nasconde qualcos’altro, ma cosa? Un desiderio di epurazione del suo centravanti titolare? Acqua. Molto più probabilmente, se Motta potesse essere sincero al 100% direbbe “in questo momento ho bisogno di far giocare Barrow”, ed eccome se ne ha.
L’attaccante gambiano quest’anno è stato l’ombra di quello che potrebbe essere, e Thiago ha un bisogno folle di di recuperarlo dal punto di vista mentale prima ancora che tecnico-tattico. Motta non gli sta dando spazio e fiducia per fare un’opera buona o perché Arnautovic gli sta antipatico, ma perché Barrow ha bisogno di sentire su di sé in maniera importante e continuativa la stima del proprio allenatore. Marko no. Marko se non gioca prende a calci le bottigliette perché sa di essere forte, di meritare spazio, di poter essere decisivo. Musa, se messo da parte, rischia di abbattersi, di immusonirsi. Lui va spronato, l’altro è un leone a cui va semplicemente spalancata la porta della gabbia. È possibile si sia creato un gigantesco malinteso unicamente perché Motta non potrebbe mai ammettere una cosa del genere. Significherebbe sottolineare l’emotività del gambiano.
Ora, Arnautovic più grande lo è. Anagraficamente, certo, ma – Musa non ce ne voglia – anche tecnicamente. Su questo sta lavorando Motta. Vuole che il suo ragazzo venga su sfrontato, coraggioso, aggressivo, che possa credere e sentire sottopelle di poter contendere il posto a chiunque, persino ad Arnautovic, che per una combinazione del destino non è soltanto il calciatore più talentuoso della rosa rossoblù ma anche quello più carismatico. Musa non deve sentirsi rincalzo, seconda linea, ma protagonista. E a giorni alterni (anzi, a giornate alterne) qualche risposta in questo senso Barrow la sta dando.
Maximum Leader
Premesso tutto questo, è anche possibile che Motta voglia essere percepito come unico leader, nello spogliatoio come in campo, e per questo stia cercando di ridimensionare Arnautovic. L’italo-brasiliano sta facendo della “forza del gruppo” il suo mantra, ma non c’è solo questo. Chiaramente l’assenza di Arnautovic fa più scalpore, ma silenziosamente anche altri senatori hanno via via perso lo status di titolari a vita acquisito con Mihajlović, come se Thiago sentisse più suo un gruppo giovane e dunque più facilmente plasmabile. Posch ha completamente soppiantato De Silvestri, Ferguson ha fatto le scarpe a Soriano, Sansone gioca pochissimo e Medel ormai è diventato una sorta di riserva di lusso e fa rifiatare uno a scelta tra Schouten, Moro e Dominguez.
Sembra che il mister voglia essere vissuto e percepito come deus ex machina, e allora il problema che potrebbe essersi generato con Arnautovic sarebbe di natura caratteriale, vero, ma non riguarderebbe le bizze dell’austriaco o il suo scarso impegno, quanto la sua leadership. E se così fosse, non sarebbe che la replica di un copione che negli ultimi anni abbiamo già visto.
Davvero l’amore mai sbocciato tra Guardiola e Ibrahimovic era soltanto una questione di spazio al centro dell’attacco o era il carisma dello svedese ad essere troppo ingombrante? Totti era troppo vecchio per il gioco moderno di Spalletti? E Icardi, allora, quando il toscano allenava l’Inter?
No, l’età non c’entra niente. C’entrano le idee e il carisma, la filosofia dei mister e quell’aura di onnipotenza che circonda i leader tecnici e caratteriali, che in qualche modo li distanzia dalle regole che valgono per gli altri, rendendoli a dir poco scomodi da gestire. Guardiola, Spalletti e lo stesso Sarri, che arrivò al muro contro muro con Chiellini, si assomigliano per carenza di capelli e abbondanza di idee.
Hanno in mente dei principi che devono essere seguiti scrupolosamente, sono i giocatori a beneficiare del loro calcio e non il contrario. Non amano né desiderano profili di indubbio spessore caratteriale, che con la loro luce rischiano di oscurare tutto il resto del campo, quell’ingranaggio che i mister curano con tanto scrupolo e olio di gomito dal primo giorno in cui mettono piede in una nuova realtà. Spalletti vorrebbe undici Perrotta, Sarri undici Callejon. E Motta? Ad oggi è chiaro solo che non avrebbe voluto Arnautovic, se la scelta fosse dipesa da lui. È più facile lavorare per far lievitare l’ego di chi si è sempre pensato ballerino di seconda fila che limare quello dei trascinatori, ed ecco perché Thiago si coccola Barrow e tiene momentaneamente parcheggiato Marko.
Se poi il mister rossoblù saprà essere realmente moderno nella sua proposta si accorgerà che quello fra due galli è uno scontro vecchio come il mondo e andrebbe superato, e se vorrà imparare dalla storia si accorgerà che le scorie generate da questi attriti generalmente le cose non le facilitano, anzi le complicano, perché è molto difficile proporre un calcio fluido se ad ogni passo bisogna sterzare per evitare la domanda di un giornalista, se si è perennemente costretti a ripararsi la testa dalla contraerea dei tifosi borbottanti.
Abiurare alle proprie idee per volontà popolare sarebbe un crimine, ma sarebbe altresì diabolico perseverare in un errore che già tanti hanno commesso. In conclusione, se Motta crede di poter trarre beneficio dalla titolarità di Barrow fa bene a proseguire per la sua strada, ma gli consigliamo di tenere Arnautovic in acqua fredda non un secondo di più del necessario. Sbagliando i tempi e la regolazione della temperatura la vasca di Casteldebole potrebbe gelare, e lo sanno tutti cosa succede all’acqua quando si solidifica e diventa ghiaccio. Prima si espande. Poi spacca tutto.