Calcio
12 Marzo 2021

Beppe Signori merita rispetto

Last bet e la caduta in disgrazia di un innocente.

Dal 1992 al 1996, Giuseppe Signori ha riempito le prime pagine di tutti i maggiori quotidiani sportivi, prima a suon di goal e poi con le voci di calciomercato. I tifosi della Lazio, del Bologna e del Foggia lo ricordano ancora oggi come uno dei calciatori più forti ad aver vestito le rispettive maglie, capace di vincere per tre anni consecutivi la classifica di capocannoniere.

Ricordo e rispetto che Signori ha perso dalla mattina del 1 giugno 2011, quando in Italia è cominciata l’inchiesta della procura di Cremona denominata “Last-bet“, e che dopo dieci anni nessuno gli ha ancora restituito, nonostante l’assoluzione completa arrivata appena qualche giorno fa. Un destino comune, a lui come a tanti altri calciatori innocenti coinvolti in quella che è stata una delle più grandi inchieste sul mondo del calcio italiano dopo Calciopoli.

A smuovere le acque del panorama calcistico italiano quell’estate fu – paradossalmente – un’agenzia di scommesse, la austriaca SKS365, famosa in Italia per il sito di risultati sportivi Myscore365 e, appunto, quello di scommesse Planetwin365. Dai dati consegnati dalla società austriaca al Procuratore Federale Stefano Palazzi spuntarono fuori i nomi altisonanti di Doni, Signori e Bettarini, portando la Commissione Disciplinare della Federcalcio a deferire 26 tesserati e 18 società.

Per il calcio italiano, che si era lasciato alle spalle da qualche anno lo scandalo “Calciopoli”, fu un durissimo colpo, come durissime furono le prime pagine dei quotidiani sportivi, che pur in assenza di una vera e propria sentenza, non persero l’occasione di infangare i nomi coinvolti dalla magistratura. Mentre infatti si indagava sui dati che la società austriaca aveva messo a disposizione delle autorità giudiziarie, il giornalismo sportivo italiano iniziò a mettere alla sbarra con estrema disinvoltura gli stessi personaggi che, appena qualche anno prima, aveva esaltato.

gazzetta prima pagina signori
La prima pagina della Rosea del 2 giugno 2011

La mattina del 19 dicembre 2011 scattarono gli arresti per Luigi Sartor e Cristiano Doni, che aiutarono la Procura di Cremona a delineare la struttura di una vera e propria organizzazione criminale: vari gruppi di persone, sparsi in tutta Italia e con alcune “cellule” anche in Europa, avevano il compito di truccare determinate partite sotto la supervisione del cosiddetto “boss dei boss”, un certo Dan Tan. Questi gruppi acquisivano informazioni dai calciatori in cambio di soldi, e poi piazzavano le scommesse “certe” tramite agenzie estere. A capo del “clan dei bolognesi“, secondo la procura, c’era proprio Giuseppe Signori.

Ma il vero punto di svolta nell’inchiesta arriva il 28 maggio 2012. Vengono emessi nuovi provvedimenti restrittivi, che vanno a colpire nuovi – e pesanti – nomi del calcio italiano: Stefano Mauri, Omar Milanetto, Andrea Ranocchia, Antonio Conte (che aveva appena firmato il contratto con la Juventus) e Domenico Criscito, perquisito nel ritiro di Coverciano con la Nazionale prima degli Europei 2012. Questa bruttissima pagina di storia del nostro calcio fu impaginata e raccontata con il titolone “La retata”. Sempre prima di aspettare una vera e propria sentenza.

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La titolite colpisce la Gazzetta, ancora una volta

Il Lecce, che al termine della stagione 2011-2012 era già retrocesso sul campo dalla Serie A alla Serie B, fu escluso anche dal campionato cadetto ed assegnato al Girone A della Lega Pro. Al suo posto il Vicenza (sconfitto ai playout dall’Empoli) fu ripescato in Serie B. Successivamente l’accusa richiese anche tre punti di penalizzazione da scontare nel campionato 2013-2014, ma si arriverà solamente a 20.000 euro di ammenda.

Per il Genoa vennero richiesti tre punti di penalizzazione da scontare nel campionato 2013-2014, ma il club ligure fu prosciolto insieme a Omar Milanetto, per il quale l’accusa chiedeva 3 anni di squalifica. Vennero prosciolti anche Rosati e Benassi, a cui fu annullata la richiesta di tre anni di squalifica; per l’ex capitano della Lazio, Stefano Mauri, i quattro anni di squalifica divennero prima nove mesi, poi soltanto sei, grazie al ricorso al TNAS.

Il portiere belga Jean-Francois Gillet, per cui erano stati chiesti quattro anni di squalifica, ricevette “soltanto” un anno, cosi come Davide Lanzafame. Al club di Claudio Lotito, invece dei sei punti di penalizzazione da scontare nel campionato 2013-2014, furono assegnati solamente 40.000 euro di ammenda. Al netto di tutta la bolla mediatica montata dalle indagini e dai giornali, “Last bet” si è conclusa con un vero e proprio nulla di fatto. A pensarla alla stessa maniera è anche l’allora giudice Guido Salvini, oggi responsabile per le indagini preliminari di Milano. In un’intervista rilasciata a Il Giorno di Cremona, Salvini ammette che

«Se in otto anni non si riesce ad arrivare nemmeno ad una sentenza di primo grado, c’è qualcosa che non funziona nella giustizia. Del resto, già dopo la fine dell’indagine mi sono accorto che tutto andava a rilento. Il paradosso è che quasi tutti gli imputati che oggi hanno ottenuto la prescrizione erano rei confessi per le condotte di frode loro addebitate e che risulteranno condannati solo quella dozzina di imputati che alla fine dell’indagine avevano scelto il patteggiamento o il rito abbreviato. Visto come sono andate le cose, di certo non lo rifarebbero».

L’ultimo ad essere assolto, proprio qualche giorno fa, è stato Giuseppe Signori, dichiarato innocente dalla sentenza del Tribunale di Piacenza. Dopo dieci lunghissimi anni, ad avere la meglio sulle accuse imputate all’ex bomber laziale e della Nazionale è stata la difesa dell’avvocato Patrizia Brandi, che ha anche spiegato perché lei e il suo assistito abbiano rinunciato alla prescrizione del reato: «Dal momento che la gogna mediatica è stata veramente potente, abbiamo deciso di reagire in modo altrettanto forte».

Signori dunque, che era stato accusato di aver truccato partite di calcio, di aver riciclato denaro sporco e di aver avuto contatti quotidiani con mafiosi e pregiudicati, è ufficialmente innocente, perché come si legge dalle pagine ufficiali del verbale della sentenza, “il fatto non sussiste”. Ma quegli stessi giornali che dieci anni fa non hanno aspettato neanche un minuto a condannarlo, avranno fatto lo stesso per chiedergli scusa, magari con una prima pagina? La risposta, se siete arrivati fin qui, dovreste saperla già.

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