Possono la lotta scudetto e la lotta retrocessione finire a Febbraio?
Sta per concludersi ventottesima giornata di Serie A. Questa sera Lazio e Torino si affrontano all’Olimpico di Roma, con obiettivi diversi e con diverse sensazioni. La lotta all’Europa è forse l’unico vero motivo per continuare a guardare il campionato, ma reali colpi di scena non se ne vedono. L’Atalanta cade rovinosamente a San Siro (sconfitta 7-1 contro l’Inter), mentre la squadra di Pioli ha messo in luce – ieri come non mai – un potenziale tecnico che se ben puntellato in estate potrà nuovamente dare un senso al derby d’Italia – arbitro o non arbitro. L’attuale Serie A (il “fu” campionato più bello del mondo) propone tuttavia uno scenario povero di emozioni e ribaltoni, ipocrita nei suoi picchi di estasi calcistica. La Juventus – con buona pace di Francesco Totti – fa davvero “un campionato a parte”. Quel che vado domandandomi è se sia così per sua sola forza o per mancanza di concorrenza. Credo entrambe le cose. Da un lato infatti le “concorrenti” non riescono a tenere il passo – prima mentale, poi tecnico – di una squadra che Venerdì sera ha vinto il sesto scudetto di fila, con quella voglia di mangiarsi gli avversari che quando viene a mancare denuncia più un intoppo al sistema digestivo che una previa sensazione di “pancia piena”.
Kalinic esulta dopo l’1-0 contro la Juventus (la partita finirà 2-1 per i viola, autori di un campionato anonimo)
Il concetto è più facilmente riassumibile con il pensiero che Gianluca Vialli partorì dopo la vittoria dei bianconeri contro la Lazio (2-0) nel famoso giorno che vide il cambiamento di modulo da parte di Allegri dal 3-5-2 al 4-2-3-1 (era il 22 Gennaio): la Juventus – disse – è l’unica squadra in Italia che non perde mai, anche quando perde. Vialli, poi, spiegò ulteriormente quel concetto, frutto non della follia del momento, ma degli anni di esperienza a contatto con l’ambiente Juventus. Una settimana prima, i bianconeri avevano perso meritatamente 2-1 in casa della Fiorentina: ma la Juventus, come dice Vialli, non perde mai realmente le partite. Sulle sconfitte, costruisce le vittorie (31 consecutive allo Juventus Stadium). Perdere, alla Juventus, è riprendere contatto col terreno scabro, che altrimenti dal sonno non ci si sveglia. Tutt’altro il caso della Roma; a detta di tutti, o quasi tutti, la prima avversaria dei bianconeri in campionato. La settimana appena trascorsa è la più palese dimostrazione del concetto di cui sopra: la Juventus non perde mai, la Roma perde e non si riprende – non credo valga come ripresa il 3-0 inflitto al Palermo ieri sera. Dopo aver perso il derby che valeva una buona fetta della stagione, capitola 2-1 in casa con il Napoli (concorrente diretta al secondo posto). Serve una scossa e arriva uno scossone: sconfitta 4-2 in casa del Lione in Europa League. Il caso dei partenopei meriterebbe invece un’analisi più dettagliata, ma c’è il rischio di spingersi troppo in là col discorso: il buon calcio di Maurizio Sarri manca sempre di quellacattiveria che marca la linea tra una squadra esteticamente bella ed una squadra forte. Il Napoli dà spesso l’impressione di essere di cristallo e, come è noto, il cristallo è tanto fragile da rompersi alla prima caduta. Nei bar delle nostre città, o parlando di calcio tra amici, ci crogioliamo nell’estetica sarriana e nei talenti che questa Serie A sta sfornando – non pochi – dimenticando però che l’ultimo titolo di un’italiana all’estero risale al 2010 (era l’Inter di Mourinho, e di italiano aveva ben poco, se non la società che ne teneva le redini).
Javier Zanetti alza al cielo la coppa dalle grandi orecchie
Comparare il nostro calcio con quello estero è sbagliato come principio particolare (della partita tal dei tali), ma non come principio generale. Nonostante in Inghilterra Conte – questa Juventus rovina i campionati – sia riuscito a chiudere il campionato a Febbraio, la lotta per l’Europa e per la retrocessione non è solo più accesa, ma ha anche come protagoniste formazioni tecnicamente molto valide – potete immaginarvi uno scontro tra la nostra sesta (Atalanta) e la loro sesta (Manchester United)? Non si ricorda un campionato in cui la salvezza è cosa fatta già a Febbraio, come accaduto quest’anno nella nostra massima serie. In Premier League, dove la lotta per il titolo sembra conclusa, il Sunderland, ultimo in classifica, ha 19 punti. Il Crystal Palace è 17esimo con 25 punti, ma l’Hull City, appena dietro al 18esimo posto, ha solo un punto in meno (24). Se diamo una rapida occhiata alla stessa situazione di classifica nel nostro campionato, i numeri cambiano e sono impietosi. L’Empoli, nel grande freddo del 17esimo posto, sta in una botte di ferro: 15 goal fatti e 43 subiti in 27 partite, con 22 punti realizzati, a +7 dalla 18esima Palermo. Peggio dell’attacco empolese, mai nessuno nella storia della Serie A (e parliamo di una squadra praticamente salva): il record negativo di goal fatti appartiene (apparteneva?) al Treviso stagione 2005/06 e al Cesena stagione 2011/12 con ben 24 reti, nove in più di quelle attualmente siglate dai toscani. Quel Treviso verrà con ogni probabilità superato anche in un altro record detenuto fino ad oggi: 21 punti fatti, record negativo di punti fatti nella storia della Serie A. Il Pescara ne ha 12 a dieci giornate dalla fine. La situazione del Crotone (14 punti) e del Palermo (15 punti) è tutt’altro che idilliaca.
L’Empoli ha segnato quasi un quarto dei suoi goal in una partita (contro il Pescara, vincendo 4-0 all’Adriatico)
Il campionato italiano, dunque, non esiste nemmeno sul fronte salvezza: squadre come Bologna, Genoa e Udinese guardano dall’alto al basso le ultime della classe, ma il loro valore tecnico/collettivo non è certamente “esaltante”. Quando una squadra della prima fascia (direi le prime 6) incontra una squadra dell’ultima fascia (poniamo le ultime 6) la noia è assicurata – con l’unica eccezione (che conferma la regola) rappresentata dal 3-1 del Genoa contro la Juventus (27 Novembre 2016). Un Genoa in cui c’erano ancora Rincon e Ocampos (Perin, ora infortunato, giocò quella partita). I motivi della bruttezza del nostro campionato sono molteplici e noti: assenza di pressioni da quelle in fondo, mancanza di obiettivi e, da ultimo ma non per questo meno importante, partecipazione (numerica) del pubblico tra le più basse in Europa. Come riportato da Calcio e Finanza, rispetto alla media degli spettatori della scorsa annata (22.221) il calo è dell’1,7%, con 21.833 tifosi in media sugli spalti: -11.4% rispetto alla stagione 2012/13. La Liga è distante (7.000 spettatori in più in media) mentre Premier League (35.600 mila circa) e Bundesliga (41.600) sono su un’altra costellazione (fonte European Football Statistics). In questo quadro di stelle cadenti, la lotta all’Europa e il fiorire di giovani talentuosi rappresentano il motivo – non più un motivo – per continuare a seguire il campionato più brutto di sempre. “Eja, Eja! Alalà!”
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