Cosa c'è da sapere su “La Sfida del Secolo” di ieri notte in quel di Las Vegas.
Quindi il “Cobra” fa cinquanta. Cinquanta vittorie consecutive senza l’onta della sconfitta. Battuto il precedente record di Rocky Marciano, che si era fermato a quarantanove. A evento concluso, dopo che alla T-Mobile Arena di Las Vegas, Floyd “Money” Mayweather, il campione americano dei pesi superwelter, e Conor “Notorius” McGregor, la stella irlandese della MMA e dell’UFC, hanno incrociato i guantoni – da otto once, un po’ più leggeri rispetto alla norma sul ring, che è di dieci once – in un incontro con le regole della boxe al limite delle dodici riprese, possiamo dire che si è trattato di un incontro vero. Lo ha vinto, non senza difficoltà, il pugile americano, rispettando tutti i pronostici della vigilia che lo vedevano nettamente favorito.
Prima del match, molti avevano paragonato l’incontro a una esibizione in cui risultava difficile separare i confini fra sport e show da circo. Un po’ come quando i pugili combattevano contro gli orsi in museruola. Proto esempio di crossover. Alla fine dell’Ottocento, un orso fu addirittura nominato cavaliere dalla regina Vittoria per le sue prestazioni. Si chiamava Battling Bruno, e dopo la sua morte venne imbalsamato su richiesta della regnante. Il volume di affari che è gravitato intorno a quella che è stata definita “La Sfida del Secolo” è stato calcolato in 600 milioni di dollari, ogni record d’incasso al botteghino è stato frantumato, e la vendita dell’evento in pay-per-view ha fatto stabilire un nuovo record negli Stati Uniti. Non c’è alcun dubbio che il Re Denaro, aiutato dai suoi vassalli Marketing e Audience, sia stato il vero deus ex machina dell’evento.
Conor McGregor in azione da underdog. Come non gli succedeva da molto tempo.
Si narra che nell’antica Roma gli spettatori del Colosseo facessero “pollice verso” per determinare l’infausta sorte del gladiatore sconfitto. Produceva un effetto immediato l’audience, a quei tempi. Hic et nunc. Non solo. I gladiatori più capaci potevano guadagnare più di un comandante della cavalleria legionaria, e allora la borsa di circa 400 milioni incassata dai due contendenti (300 per Mayweather, e 100 per McGregor) ci sta. Si è discusso a lungo sull’opportunità di permettere incroci fra discipline. Qualcuno ha parlato di ultima frontiera dello spettacolo sportivo da combattimento. Ma era già accaduto.
L’episodio più famoso fu quello del 26 giugno 1976, quando alla Nippon Budakan Arena di Tokio, il re del pugilato mondiale Muhammad Alì sfidò il famoso campione di arti marziali Antonio Inoki, in un match che generò un’attesa mediatica e un giro d’affari vertiginoso. Il match terminò con un verdetto di parità che salvò l’onore di entrambi i contendenti.
Questa notte, dopo le reciproche provocazioni della vigilia, davanti a ventimila spettatori e sotto lo sguardo attento dell’arbitro Robert Byrd e dei tre componenti la giuria, Burt Clements, Dave Moretti e di Guido Cavalieri, quello che si è disputato è stato un match vero, e la tribuna vip, presa d’assalto dalle star dello sport, della musica e del cinema, da Mike Tyson a LeBron James, da Ozzy Osbourne a Puff Daddy, da Denzel Washington a Charlize Theron, i ventimila della T-Mobile Arena, e i milioni di spettatori davanti allo schermo di un televisore o di un computer, hanno potuto ammirare due contendenti che sono riusciti a mostrare tutto il loro valore sul ring, dando ragione agli organizzatori e smentendo coloro che pensavano di assistere a un’esibizione.
Mayweather, in pantaloncini neri, ha confermato di essere il migliore dell’ultima generazione di pugili e, nonostante i quasi due anni di inattività, ha confermato tutto quello che si sapeva su di lui: difesa insuperabile, grande concentrazione, gioco di gambe e mobilità ancora eccezionali per un quarantenne e, soprattutto, lettura tattica dell’incontro e capacità di attendere il momento propizio per portare combinazioni micidiali che non lasciano scampo al suo avversario.
Tuttavia, Conor McGregor , in calzoncini bianchi, ha stupito per la capacità di adattarsi a una disciplina che non conosceva. Certo, la sua guardia mancina non è stata impeccabile, i tentativi di far male all’avversario con montanti e ganci destri sono stati spesso velleitari, però nel corso dei primi round la sua aggressività ha sorpreso tutti, e il fighter irlandese ha saputo tener testa al pugile americano impensierendolo più di una volta specie nelle combinazioni ravvicinate.
Il trionfo di Floyd Mayweather
Anzi, i primi quattro round lo hanno visto leggermente in vantaggio e, a quel punto, sembrava trovar conferma il pensiero di chi sosteneva che, se nel mondo dei combattimenti esiste qualcuno in grado di sovvertire il pronostico, l’underdog che sorprende il favorito, qualcuno così folle da non temere il pericolo perché nemmeno lo vede, be’, questi era Conor McGregor, Mystic Mac, un predestinato, uno che, arrivato nell’universo UFC, disse che si sarebbe preso tutto. E si è preso tutto.
Non è andata così, perché nel momento in cui a McGregor il fiato è cominciato a venir meno, Mayweather ne ha approfittato e, come un cobra in attesa del momento propizio, ha colpito l’avversario al volto e alla figura con una micidiale combinazioni di diretti destri e ganci sinistri che hanno frantumato la resistenza del campione della MMA, costringendo l’arbitro a decretare il ko tecnico alla decima ripresa.
Dopo la sua cinquantesima vittoria consecutiva senza sconfitte, l’americano ha dichiarato che quello disputato contro l’irlandese è stato l’ultimo match della carriera. Dobbiamo credergli? Certo, ora lui riprenderà a godersi la pensione d’oro già cominciata nel settembre 2015, mentre Conor McGregor tornerà alla sua amata UFC. Ma siamo sicuri che fra un po’ non si comincerà a parlare di rivincita? Siamo sicuri che il re Denaro non emanerà qualcuno dei suoi editti?
Perché poi, a un altro “Heat Of The Century” non si rinuncia mai.