Al Giro delle Fiandre è un gran giorno per l'Olanda, tra le donne Anna Van Der Breggen aggiunge l'ennesimo tassello ad una carriera con pochi eguali, poche ore dopo Niki Terpstra conquista la prova maschile, entrando nella storia.
Se qualcuno un giorno volesse studiare come si vince nel ciclismo, dovrebbe andare a scuola dalla Quick Step, in cattedra siede il professor Niki Terpstra. La sua vittoria nell’edizione 102 del Giro delle Fiandre è un trattato sulla gestione delle forze, sulla progressione in pianura e sulla potenza da sprigionare senza andare fuori giri negli strappi in pavé che caratterizzano la Classica Monumento fiamminga. E pazienza se a farne le spese tra gli altri c’è un colossale Vincenzo Nibali, che arranca alla sua ruota nel falsopiano che porta al tratto finale del Kruisberg e vede spegnersi la luce dopo aver condotto una gara fino a quel momento brillante come gli smeraldi delle sue fibre.
Il dribbling nell’ultimo passaggio sull’Oude Kwaremont ai danni del terzetto di testa Langeveld-Van Baarle-Pedersen è un paradosso per chi inforca un velocipede e non ha mai giocato a pallone.
Il lungo bacio con la moglie, dopo l’arrivo in solitaria, è il degno capitolo finale di una storia d’amore tra l’uomo e la bicicletta, tra l’acido lattico e la gloria, con quella smorfia in primo piano, nei chilometri finali, disegnata dalla poltiglia sotto gli occhi che si mescola alla bava che cola da naso e bocca. Se vieni da Beverwijk come il Professore, dove si gioca uno dei tornei di scacchi più prestigiosi del mondo, puoi sognare di diventare geniale e prepotente come quei 30 km che regalano a Terpstra il diritto ad entrare nella storia: unico atleta in attività con Fiandre e Roubaix nel palmares, rampollo della discendenza Boonen-Cancellara.
I più giovani invece, inizino a studiare da Filippo Ganna, che mena tutta la mattina sotto la pioggia, si porta a spasso mezzo gruppo per trovare la fuga giusta e che un giorno tornerà su queste strade per vincere. Oppure da quel Mads Pedersen che mai avrebbe voluto lasciare sola la ruota posteriore del cannoniere olandese, che sul Patenberg sembrava lì, 25 metri che a quelle pendenze sono 10 secondi, che poi si rivelano fatali, ma che gli valgono un secondo posto finale nella Ronde, per un romanzo ancora alla sua prefazione. La sua strenua difesa è un affiche che recita ”non voglio mollare”, è il ciclismo stesso che lo richiede. Studiatevi la prova di Gilbert, uno che ha lauree, dottorati, uno che insegna come si fa su ogni terreno, qui chiude sul podio e domenica prossima entrerà vestito di tutto punto nelle porte dell’inferno della Roubaix.
Studiate attentamente Wout Van Aert, perché lui un giorno vorrà diventare il più grande ciclista di tutti i tempi. Ignorino invece questi studenti o questi curiosi, le mosse di Peter Sagan, irritato come una primavera che ha tardato ad arrivare, distratto da virtù che non gli appartengono, incapace di avere quello spunto in più quando la corsa non è ordinaria e il copione viene strappato e poi sostituito da qualcuno che si fa beffa di lui.
Ignorate la prova degli altri italiani che si adombrano come reietti accusati di aver compiuto chissà quali misfatti e che passano gli ultimi 30km con la lingua a penzoloni. Studiate o ignorate le fatiche di una gara come il Giro delle Fiandre, perché le pietre insultano senza pietà ogni muscolo. Studiate o ignorate le gesta del Professor Niki Terpstra, arrivato qui dalla città degli scacchi per insegnare a tutti come si vince un Giro delle Fiandre.
Dopo aver lasciato il calcio per fare il ciclista, un giovane belga dal nome affascinante potrebbe diventare il nuovo tiranno che minaccia il mondo delle pedalate.