La Cina diventerà davvero una potenza calcistica mondiale?
Andrea Belotti sta attualmente lottando per il titolo di capocannoniere della Serie A contro attaccanti ben più mitologici di lui – due fra tutti Higuain e Dzeko – e quando esulta dopo un goal non mostra gli artigli, né mima animali in cima alla catena alimentare quali, ad esempio, il leone o il gorilla; quando segna si porta semplicemente la mano aperta sopra la fronte a simulare la cresta di un gallo, in omaggio al cognome di un suo caro amico d’infanzia e da cui deriva appunto il suo soprannome: “Il Gallo” Belotti. Il gallo, esattamente come il segno zodiacale appartenente all’anno 2017 secondo l’astrologia cinese, che a differenza di quella occidentale assegna ad ogni anno solare un solo segno zodiacale. La Cina, nuova El Dorado del calcio mondiale, terra di riposo per vecchi elefanti ormai logori e per iene assetate di denaro. Proprio in questi giorni è atteso (a quanto pare invano) il tanto proclamato closing tra Fininvest ed il fondo di investimenti cinese Sino-Europe, che sancirebbe il passaggio definitivo del Milan in mani orientali. Uno dei nomi più gettonati per il futuro reparto offensivo rossonero è proprio quel “Gallo” Belotti, che grazie alla presunta liquidità dei probabili nuovi proprietari del Milan non avrebbe problemi ad indossarne la maglia, nemmeno di fronte alla modica clausola di 100 milioni fatta inserire nel suo contratto dal presidente del Torino Urbano Cairo. Ma come si è arrivati ad un presente che appariva solo come un futuro distopico per noi identitari, da raccontarsi nelle sere attorno al falò cercando di spaventare i più piccoli o i più fifoni?
La Chinese Football Association Super League, abbreviata in Super League o semplicemente CSL, è la massima serie calcistica cinese, inaugurata dalla federazione calcistica della Cina nel lontano 1951 ma diventata professionistica solo nel 1994. La Super League come la conosciamo oggi prende vita nel 2004, dopo un cambiamento di regole volto ad uno sviluppo obbligatorio del settore giovanile e ad un controllo più ferreo sui conti economici dei club. Quattro anni dopo, nel 2008, il numero di squadre partecipanti al torneo si è assestato definitivamente a 16. La crescita esponenziale del movimento calcistico cinese è riconducibile direttamente al governo dello stesso paese, che nel 2010 prese l’impegno di contribuire alla sua espansione. Il Presidente della Repubblica Popolare, Xi Jinping, da sempre appassionato di calcio, cercò fin dal suo insediamento nel 2013 di gettare le basi per la costruzione di stadi moderni, tentando di trasferire nella cultura orientale la tradizione del gioco più seguito al mondo. Ma per plasmare una nuova cultura il primo passo fondamentale era quello di inserire la stessa nel quotidiano delle persone, partendo dai più piccoli. Dal 2016 quindi il calcio diventa obbligatorio all’interno delle scuole, dove vengono arruolati insegnanti provenienti dall’Europa e dal Sud America. Importante è capire fino a che punto le stesse autorità cinesi credano nel progetto, ed è riscontrabile analizzando non tanto il blasone dei nomi importati – Lippi, Cannavaro etc –, quanto la mole di proposte ricevute dai nostri attuali allenatori delle giovanili, indipendentemente dal tipo di categoria che essi allenano.
L’obiettivo è quello di creare almeno cento mila calciatori di livello in pianta stabile sul suolo asiatico. Il passo successivo è stato quello di incentivare le più grandi aziende cinesi ad investire nel mondo del pallone, grazie anche agli 850 miliardi di euro stanziati dal governo per i prossimi dieci anni, da investire pianificando il settore sportivo. Le stesse aziende che per motivi di marketing legano il loro nome a quello delle società calcistiche da loro acquistate. Il caso più rappresentativo è quello del Jiangsu Sainty che nel 2015 è stato acquisito dal Suning Appliance Group – che detiene anche il 68,55% delle quote azionarie dell’Inter – cambiando nome in Jiangsu Suning. Va da sé che, seguendo il flusso della globalizzazione, gli investimenti delle aziende cinesi hanno preso di mira anche il Vecchio Continente. Famoso nell’ambiente è il nome del Dalian Wanda Group, società che ha acquistato la multinazionale Infront, che si occupa dei diritti tv calcistici in Europa, per il valore di un miliardo di euro e che detiene anche il 20% delle quote dell’Atletico Madrid. Se invece parliamo di calciatori, allora dovete segnarvi il nome di Dario Conca. Dario Conca possiamo definirlo l’Adamo del calcio cinese, il primo calciatore a cui sia stato offerto un contratto faraonico da un club di Super League. Argentino, nel 2011 si trasferisce al Guangzhou Evergrande che gli garantisce uno stipendio da 10,6 milioni di euro a stagione per tre anni e mezzo. Da lì siamo arrivati, nel giro di cinque anni, agli acquisti per 61 milioni di Oscar, 55 milioni per Hulk, 50 per Alex Teixeira e via discorrendo. Dobbiamo poi evidenziare come l’invasione rossa nel mondo del pallone sia un’arma a doppio taglio per ogni società calcistica: se da un lato la terra del dragone può rappresentare un deposito di giocatori finiti ormai fuori rosa o, comunque, non facenti più parte del progetto – riuscendo anche a lucrarci sopra plusvalenze sconvolgenti – dall’altro rappresenta una minaccia, attirando i migliori calciatori grazie a contratti fuori da ogni logica.
Alla domanda del perché investire così tanto nel mondo del calcio, la risposta è che l’obiettivo prefissatosi dal governo cinese è quello di raggiungere e farsi trovare competitivi per i mondiali del 2050. E per far ciò non badano al mero lato economico, ma a quello culturale e sportivo. Qualsiasi investimento è giustificato con lo studiare le maggiori tradizioni calcistiche per farne poi tesoro in patria. Esattamente come nei settori industriali, le aziende cinesi stanno acquistando lavoratori stranieri per migliorare le competenze dei loro. La conquista della Coppa del Mondo non deve essere inserita nell’ottica di uno sfizio personale, quanto invece in quella di uno sviluppo anche psicologico della nazione, laddove neanche lo show business del modello americano rientra nella loro cultura, e quindi nei loro obiettivi. Ovviamente col sostegno diretto del governo viene tutto più facile; l’incognita però è se al successore di Xi Jinping, il quale terminerà il mandato nel 2018, starà a cuore lo sviluppo calcistico tanto quanto all’attuale presidente. Potremmo identificare il movimento calcistico cinese con il Fenghuang – un uccello leggendario molto simile alla fenice greca ed egizia – che, riassumendo molto brevemente, è connesso ai temi di morte e rinascita. Una rinascita che punta ad innalzarsi verso l’alto ed è aiutata, anziché ostacolata, dai nostri club di Serie A, pronti a calcolare quanto il mercato cinese possa risanare le loro difficoltà economiche. Di questo passo le nostre squadre del cuore saranno piano piano private della loro anima, capeggiate da chi punta unicamente ad interessi personali e calpestando i sentimenti di chi guardava il Derby della Madonnina come lo scontro tra bauscia e casciavìt,e non come una sfida tra aziende straniere (con buona pace degli esterofili). Esiste un proverbio in Cina che recita così: «Quando piove lo stolto impreca contro gli dei, il saggio si procura un ombrello». Bene, allora procuriamocelo.