Recensioni
07 Agosto 2018

Il presidente del Borgorosso Football Club

Una commedia semplice, spontanea ed ingenua come l'animo del tifoso, eppure tremendamente attuale. 

In una delle camere più profonde del cuore della Romagna, terra di irriducibili attivisti politici e ferventi sportivi, la squadra della cittadina di Borgorosso si appresta ad affrontare le ultime due trasferte di campionato, con la speranza di ottenere la promozione in Serie D. Sul pullman in viaggio per Guastalla, l’animoso presidente Libero Fornaciari carica i suoi ragazzi: sul campo nulla è da lasciare al caso, oppure all’aritmetica, non bisogna fare prigionieri! Tuttavia, appena pronunciate le parole dell’arringa, il patron è colto da un infarto, l’ennesimo, che lo costringe ad abbandonare l’impresa.

L’ultimo discorso del presidente Libero Fornaciari, interpretato da Alberto Sordi

Mentre si disputa la gara, al suo capezzale accorre da Roma la prima moglie con il figlio Benito, suo unico erede. E proprio quando i due si stringono la mano, dopo oltre trentanni di lontananza, la ricetrasmittente collegata alla panchina dei bianconeri ne annuncia il pareggio. Un’ ultima esultanza, poi ancora un’imprecazione, quindi il cuore si arrende definitivamente e non sorregge più il proposito di seguire la squadra nell’ultima e decisiva sfida. Risolte le questioni legali, la palla passa ora al figlio, nuovo vertice dell’azienda vinicola Fornaciari Valli e soprattutto del Borgorosso Football Club.

Quella che appare come una normale successione tra padre e figlio incontra un gravoso ostacolo sulla sua corsa. Infatti il neopresidente è un professore impiegato in Vaticano, totalmente novizio nell’ambiente calcistico! Per Benito, il pallone rappresenta soltanto la causale degli innumerevoli e scellerati assegni staccati dal defunto genitore; così, il figlio del presidente freme dalla voglia di sbarazzarsi di quell’esoso giochino. Addirittura, sconvolto dalla ferocia del pubblico, lascia la tribuna nell’intervallo dell’ultima partita, che poi si concluderà con una tremenda sconfitta in rimonta. Quindi, ancora più risoluto a terminare la sua esperienza in Romagna, prima Benito intavola un’infruttuosa trattativa con il sindaco Bulgarelli per la cessione della società, poi si affida all’intermediario di mercato Zuccotto che lo aiuta a piazzare i pezzi pregiati della rosa.

Il presidente Libero Fornaciari, interpretato dal mitico Alberto Sordi

Intanto, il malcontento comincia a soffiare sui mozziconi delle sigarette, spente sui tavolini del bar della piazza, tanto che gli animi della tifoseria si scaldano rapidamente. Infatti i bianconeri sono sempre al centro dei pensieri dei paesani, dal farmacista fino al parroco, che normalmente conclude in fretta e furia la funzione domenicale per poter arrivare in tempo allo stadio. Nel frattempo la squadra del Celerina viene squalificata per doping, quindi il Borgorosso è promosso d’ufficio nella serie superiore. A questo punto la contestazione esplode definitivamente, divenendo un autentico assedio a Villa Fornaciari. Così, dopo aver tentato una rocambolesca fuga, Benito, “fulminato” dal ritratto del padre, decide di affrontare i tifosi. Il tragicomico discorso segnerà un nuovo corso per la squadra del Borgorosso, sconvolgendo per sempre l’esistenza del suo presidente.

Il racconto di Luigi Filippo D’Amico, definito “semplice, spontaneo ed ingenuo come l’animo del tifoso” dal protagonista Alberto Sordi, castiga i “mores” dell’Italia del pallone, che si affaccia agli anni 70. L’iconica commedia presenta le tematiche peculiari ed i tipici caratteri dell’universo calcistico nostrano, dal vulcanico presidente interventista al viscido agente, dal circo del calciomercato ai presunti profeti della panchina. Anche il tifo non viene trascurato dalla cinepresa, ritratto in tutta la sua appassionata irrazionalità. Infine nella figura dello stesso parroco, si potrebbe individuare anche il tema pasoliniano del rapporto tra credo religioso e fede sportiva. Insomma, calciofili e cinefili non possono non godersi quest’opera che, con arguzia e lungimiranza, risulta ancora assolutamente attuale a quasi cinquantanni dall’esordio nelle sale.

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Alberto Fabbri

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