Altri Sport
06 Settembre 2023

Il risveglio traumatico dell'Italbasket

Il sogno della nazionale guidata da Gianmarco Pozzecco si infrange ai quarti di finale.

Per l’Italbasket era quasi impossibile. È stato bello, però, averci provato lo stesso. Forse non eravamo da un passivo di questo tipo, ma con percentuali così basse di tiri dal campo (7 su 30 da 3) pensare di poter vincere contro la nazionale di pallacanestro degli Stati Uniti d’America diventa complesso. Troppa pressione noi, troppo forti loro. Il mondiale della nazionale italiana di basket finisce ai quarti con una sconfitta dal passivo pesante: 100 a 63. Dal 2016 a oggi, il team USA ha vinto con uno scarto superiore ai 30 punti in competizioni come Olimpiadi e Mondiali “solo” altre quattro volte. Due volte nelle Olimpiadi di Rio 2016 contro Cina e Venezuela, poi Giappone ai Mondiali del 2019 e, infine, di nuovo Giochi Olimpici a Tokyo 2020 contro l’Iran.

Insomma, non capita sempre agli americani di asfaltare in questa maniera gli avversari. È capitato per la quinta volta contro di noi: un peccato. Anche perché una prestazione di questo tipo rischia di mettere fuori fuoco tutto il buono, fatto precedentemente dagli azzurri. Gli americani, dopo la clamorosa sconfitta contro la Lituania, sono scesi in campo consapevoli che non potevano permettersi un altro passo falso. Abbiamo sognato. Adesso però è arrivato il momento di svegliarsi e fare i conti con la realtà. Una realtà che, senza dubbio, è portatrice di un bilancio enormemente positivo.


UN PASSO INDIETRO


Nella storia azzurra abbiamo avuto quintetti da 4/5 NBA. Come quando all’Europeo 2015 avevamo contemporaneamente Andrea Bargnani, Marco Belinelli, Danilo Gallinari e Luigi Datome tutti e quattro che giocavano in club americani. Quella nazionale, però, non andò oltre il quinto posto. Questa nazionale non è la più forte della storia come individualità, ma la pallacanestro – non siamo certo noi a insegnarlo – è uno sport di squadra. Maledettamente di squadra. Nel basket, infatti, o sei Michael Jordan che riesce a far vincere (e stravincere) i Chicago Bulls o non può esistere un singolo che possa fare totalmente la differenza. Nell’Italbasket di Marco Pozzecco è stata proprio l’amalgama del collettivo a creare questa magia. Un bellissimo gruppo capace di entusiasmare, perdere, risorgere e rimontare.

Il tutto guidato da un condottiero che quando era sul parquet era un bel giocatorino. Ma in veste di commissario tecnico sembra quasi più bello. C’era sempre lui nell’ultimo quarto di finale giocato dalla nazionale nel 1998 (ironia della sorte sempre contro gli USA). C’è lui in questa camminata mondiale. Partito con il piede sbagliato quando, nella seconda partita del primo girone di qualificazione, l’Italia perde contro la Repubblica Domenicana. Pozzecco, addirittura, espulso. La stampa non va leggera: «L’orgoglio non basta (cit. Fanpage)», «Sprofondo Italia (cit. Il Giornale)», «Italia che botta (cit. La Gazzetta dello Sport)». Da quella caduta, però, si è rialzato con l’agonismo dei giorni migliori.

L’Italia, aumentando valore partita dopo partita, è arrivata all’incredibile match contro la Serbia dove è accaduto l’impensabile con una spettacolare rimonta dal -16 del terzo periodo. Note di merito le prestazioni di Simone Fontecchio (30 punti) e di Gigi Datome. Il primo, riprendendo il discorso degli “americani” in maglia azzurra che hanno sempre deluso, è l’eccezione che conferma la regola. L’ala piccola degli Utah Jazz con la maglia azzurra non sente pressione, anzi si esalta ancora di più. Non ce ne vogliano i suoi compagni di squadra, ma se vuole è in grado di giocare un altro sport.

Gigi Datome, invece, abbandonerà la pallacanestro finiti i mondiali (per gli azzurri non ancora finiti perché adesso iniziano le sfide per i piazzamenti). È un peccato che l’ex di Boston e Detroit smetta con questo gioco perché, a conti fatti, nonostante l’età dimostra ancora di saperlo fare bene. Dalla Serbia, passando dal Portorico (altra vittoria 73 a 57), si è arrivati agli USA con l’epilogo, appena vissuto, che tutti conosciamo. Adesso, però, bisogna pensare al domani che, in questo caso, fa rima con la Olimpiadi di Parigi. Qualificazione ancora da ottenere che passerà sicuramente per i tornei di prequalificazione: nel Mondiale passano solo le prime due europee.  Le basi però ci sono, il gruppo anche. Bisogna solo continuare a giocare così, magari con meno paura.


POZZECCO, SEMPLICEMENTE UNICO


Chiudiamo con un focus su l’uomo che ha reso tutto questo possibile: Gianmarco Pozzecco. Non un commissario tecnico, ma semplicemente il Poz. Nella sua autobiografia – Clamoroso. La mia vita da immarcabile (Mondadori) – raccontava: «Non c’è stata una domenica sera in cui io non abbia fatto l’alba con un drink in mano. Spesso molto tegolo, o meglio, come diciamo noi, tegolo duro. Chissà quanti di voi mi hanno visto all’Hollywood a Milano con due bicchieri in mano e la sigaretta in bocca». Questo per far capire di che pasta fosse fatto questo giocatore. Diventato allenatore poco è cambiato: conferenze stampa furibonde, sceneggiate a bordo campo, pianti, grida, imprecazione, gioie, dolori condito il tutto da un linguaggio colorito e non affatto accademico. È come se Pierino o Gianburrasca, all’improvviso, da studenti indisciplinati si fossero ritrovati maestri dell’elementari. Come potrebbero non essere loro stessi?

Tornando al Mondiale le sue parole a bordo campo con gli USA, forse, sono la più bella eredità sportiva di questa esperienza che, siamo sicuri, è ancora tutta da scrivere. «I ragazzi sono stati straordinari, purtroppo è mancata la fortuna. Loro hanno fatto una partita stellare, ma io sono fiero dei miei ragazzi. Siamo amareggiati perché abbiamo fatto credere a tutti che si poteva vincere, resta il risultato storico di essere entrato nei primi 8. Se non avessimo incontrato gli USA saremmo andati in semifinale, è una mia convinzione. Proprio perché ho considerazione dei miei ragazzi. Per il futuro siamo sulla strada giusta, abbiamo altre due partite in cui inizierò a fare ragionamenti anche in prospettiva». Una prospettiva che, da qualsiasi punto la si voglia vedere, non può che essere sotto l’occhio vigile dell’incorreggibile Poz.

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