E può sfruttare un tabellone favorevolissimo.
Per una volta, la legge di Gary Lineker ha fallito: «22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti, e alla fine vince la Germania». La sentenza, consegnata ai posteri dopo la vittoria dei tedeschi sugli inglesi nella semifinale dei mondiali italiani, è legata a un complesso di inferiorità che forse non c’è più. L’Inghilterra di Gareth Southgate ha infranto un anatema. Per comprendere la portata della vittoria sulla Germania negli ottavi di Wembley, è utile scavare nel passato: l’ultimo successo degli inglesi contro i tedeschi nella fase finale di un torneo internazionale (mondiali ed europei) risale al 1966, quando il gol fantasma di Geoff Hurst consegnò ai sudditi della regina la prima e finora unica Coppa Rimet della loro storia.
Una rivalità, quella tra bianchi d’Inghilterra e di Germania, nata dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale e alimentata da nazionalismi e grossolani riferimenti alla sconfitta della Germania nazista. Poi è arrivato il calcio: il gol/non gol di Hurst e un lento declino della superiorità dei maestri inglesi al cospetto delle vittorie tedesche. Scrive Roberto Beccantini sul Corriere dello Sport:
«L’Inghilterra è sempre stata succube del complesso di superiorità che la indusse a trascurare i progressi della concorrenza. Adesso che non lo è più, o lo è meno, si trova a dover colmare un ritardo abbastanza cospicuo». E ancora: «I tedeschi non si sentono superiori: studiano per dimostrarlo. Gli inglesi, al netto dei buoni propositi, faticano a recuperare un apprezzabile rango».
Dopo il quarto posto al mondiale di Russia, Gareth Southgate ha preso ispirazione dal successo della Francia di Deschamps. Oltre a un attacco di qualità, alla base di ogni grande vittoria c’è una difesa solida (zero gol presi agli europei dai Tre Leoni, uno nelle ultime dieci partite), che non conceda spazi e geometrie agli avversari. Gli ultimi risultati internazionali lo confermano. Southgate deve aver tratto giovamento anche dalla lezione di Thomas Tuchel, che ha vinto l’ultima Champions con il Chelsea basandosi su un gioco propositivo ma anche pragmatico e organizzato.
L’Inghilterra, travolta dalla recrudescenza del virus sotto forma di variante Delta, si è posta la fatidica domanda: ‘fun or win?’. «That is the question», direbbe il principe Amleto prima di perdersi nei versi del terzo atto della tragedia shakespeariana. «To be or not to be», essere o non essere, dubbi esistenziali come quelli che accompagnano l’Inghilterra nel cammino a Euro 2020. All’indomani della vittoria risicata contro la Repubblica Ceca (la seconda per 1-0 dopo lo 0-0 con la Scozia), The Athletic si chiedeva: «Do we want England to be fun, or do we want them to win?» («Vogliamo un’Inghilterra divertente o vincente?)».
Alla vigilia della sfida con la Germania, poi, Southgate dichiarava: «La Germania ha mentalità e tira sempre fuori il meglio a differenza nostra. ma possiamo batterla, non importa come». Evidentemente, la fame di vittoria è più forte di tutto.
Contro la Germania di Joachim Löw, all’ultimo atto sulla panchina della Mannschaft, Southgate ha proposto per la prima volta all’europeo la difesa a tre, confermando il ventenne Bukayo Saka largo a destra nel tridente offensivo con Kane e Sterling. In panchina Grealish (decisivo il suo ingresso nella ripresa), Foden, Mount, Rashford e Sancho. Alla tecnica di Bellingham, il CT ha poi preferito i muscoli e le geometrie di Rice e Phillips, affidando le corsie laterali a Shaw e Trippier, affidabili in entrambe le fasi. Alla qualità, Southgate ha preferito la funzionalità.
“Ci sono momenti per rinviare lungo, abbiamo un centravanti che conquista bene le palle alte e le difende bene (…) Non dovremmo essere snob. È fantastico giocare dalle retrovie e raggiungere la linea di metà campo in controllo di palla, ma è altrettanto efficace andare al centravanti e avere il controllo della palla, ed essere in grado di giocare da lì. La varietà è importante contro le migliori squadre avversarie”.
Gary Southgate, più realista della regina
L’Inghilterra è arrivata ai quarti di finale con appena quattro gol segnati ma nessuno subito. Le ultime due reti in ordine cronologico sono arrivate contro la Germania, in una vittoria che ha consegnato agli inglesi la consapevolezza di aver forse compiuto quel passo in avanti per ambire alla vittoria di un trofeo che manca dal 1966. Lo stesso Sir Hurst, divenuto uno degli eroi nazionali, aveva detto alla vigilia: «Se vinciamo contro la Germania, è fatta».
Entusiasmo nazionale fotografato dai titoli celebrativi dei tabloid e dalla festa dei tifosi a Wembley, che il Guardian ha descritto «silenzioso ed emozionato». Gli inglesi si trovano per la prima volta da Italia ‘90 di fronte alla possibilità concreta di vincere un titolo. Anche il premier Boris Johnson ha twittato una foto mentre esulta al gol di Harry Kane allegando un messaggio: «Bring it home!». Per BJ, i cui rapporti con il cancelliere Merkel non sono mai stati idilliaci, una vittoria dei Tre Leoni all’europeo sarebbe manna dal cielo per la propaganda antieuropeista del suo governo.
L’Inghilterra comunque affronterà sabato prossimo allo Stadio Olimpico di Roma l’Ucraina, che in serata ha piegato la Svezia al 120esimo minuto. All’ombra del Colosseo, si apre una vera e propria autostrada verso la finalissima di Wembley. Perché la nazionale non è spettacolare, non gioca bene e non dà nemmeno l’impressione di essere imbattibile, eppure… Eppure ha incontrato forse la peggior Germania del nuovo millennio e, dando un’occhiata al tabellone, ha ottimi motivi per sognare. Qualora poi dovesse arrivare all’ultimo atto, la nazionale inglese (che in semifinale potrebbe affrontare una tra Danimarca e Repubblica Ceca) avrà disputato sei partite su sette a Londra. Alla faccia dell’europeo itinerante. Ma agli inglesi ciò non interessa, l’importante è vincere. Il resto non conta.
Immagine copertina Twitter UEFA