Cosa succede quando il peggio del giornalismo incontra l’IA, l’idiozia artificiale? Quando scompare la deontologia professionale e compare l’ontologia della tecnica? Accade che non ci si ferma davanti a nulla: buon gusto, rispetto, dolore, malattia, morte e via discorrendo. E accade ad esempio che compaia una finta intervista come quella realizzata, con l’intelligenza artificiale, a Michael Schumacher dal settimanale tedesco ‘Die Aktuelle’.
Un’intervista mai avvenuta chiaramente, ma rilanciata in prima pagina con toni (letteralmente) sensazionalistici: “Esclusiva mondiale”, “La prima intervista al campione dopo l’incidente”. Titoloni a tutta pagina a differenza delle specifiche di come quella conversazione fosse stata pensata e fatta, ovvero simulando le risposte dell’ex campione tedesco – sulla vita familiare dopo l’incidente, sul suo reale stato di salute, sulla carriera dei propri figli, sul ritorno in pubblico – con il programma di IA character.ai, come se fosse una normale intervista.
La famiglia Schumacher ha quindi annunciato un’azione legale contro il tabloid, ma la questione dell’IA rende il tutto complesso: le norme che si occupano di intelligenza artificiale sono ancora caratterizzate da grandi lacune giuridiche mentre, come scrive il Corriere della Sera, «dodici legislatori dell’Unione europea hanno richiesto un intervento degli Stati affinché sia fatta chiarezza, a fronte del numero di cause emergenti circa questo tipo di contenuti, anche nel mondo dei media». Nel frattempo però in Germania (e non solo) è infuriata la polemica, fino alle pubbliche scuse, obbligate, della direzione del giornale:
«È un articolo fuorviante che non sarebbe mai dovuto apparire. Non sono gli standard di giornalismo che noi ci aspettiamo, tantomeno i nostri lettori. La spiegazione di come fosse stata realizzata l’intervista era troppo nascosta e scritta con caratteri troppo piccoli rispetto ai titoli in prima pagina “Esclusiva mondiale” e “Prima intervista al campione dopo l’incidente”».
Bianca Pohlmann, amministratore delegato di Funke, il gruppo editoriale proprietario di Die Aktuelle
A pagare è stata Anne Hoffman, caporedattrice responsabile dei contenuti del settimanale, che ha scontato il finto scoop con il licenziamento in tronco. Eppure, al di là delle scuse e della sostituzione della signora Hoffman, rimane un retrogusto amaro in tutta questa storia, un’inquietudine strisciante ma profonda. La consapevolezza che quando la stupidità naturale incontra quella artificiale, laddove tramonta il giornalismo e sorge l’algoritmo, può accadere veramente di tutto.