Secondo Vogue Australia, versione kiwi della rivista di moda più famosa al mondo, lo stile di gioco va tenuto certo in considerazione, ma “lo stile fuori dal campo è altrettanto importante”:
Con tutta l’attenzione che c’è nello styling delle maglie della Coppa del Mondo femminile, non ci staremo dimenticando i look fuori dal campo? Le squadre sfilano mentre si dirigono dall’autobus allo spogliatoio, durante le conferenze stampa e gli impegni ufficiali!
Will Lennox, 25 luglio 2023
Ed è per questo che nel corso della prima settimana del mondiale co-ospitato insieme alla Nuova Zelanda ha invitato le sue lettrici a scegliere la miglior uniforme off-pitch della competizione, menzionando ovviamente tra le papabili quella confezionata da Giorgio Armani per le nostre azzurre:
Non sorprende che a vestire la nazionale femminile sia stato il leggendario marchio di moda italiano. La squadra indosserà look classici, da quello grigio chiaro a un elegante abito nero. Entrambi i look presentano una giacca a un bottone rigida, tagliata per donare una vestibilità più atletica. In lana ultraleggera, il look unisce il comfort al tocco sartoriale contemporaneo.
Will Lennox, 25 luglio 2023
Meno dubbi invece per Amica, il mensile al femminile del Corriere della Sera, nel decretare ancor prima della partita di inaugurazione del 20 luglio la schiacciante vittoria della nostra nazionale ai “Mondiali di stile” australiani di TikTok: “La nazionale femminile italiana è finita nel mirino di TikTok, eletta vincitrice di stile del torneo. È ormai virale sui social il video dell’arrivo della nazionale femminile di calcio italiana all’aeroporto di Auckland, in Nuova Zelanda. Vestite di tutto punto, hanno lasciato a bocca aperta i fan per i loro look impeccabili firmati Giorgio Armani, composti da polo a manica corta, pantaloni a sigaretta ton sur ton, cintura in pelle, scarpe stringate e, all’occorrenza, blazer. Una vera e propria divisa formale che abbatte gli stereotipi sull’abbigliamento sportivo dimostrando, ancora una volta, la forza dello stile italiano e del Made in Italy”, ha scritto Margherita Ceci il 13 luglio scorso.
E dunque eccoci qui, cari contrastiani, un po’ titubanti nell’approcciarci a commentare quello che abbiamo appena visto in campo, ovvero l’imbarazzante sconfitta per 3-2 della nazionale femminile contro l’assai meno quotata Sudafrica, dopo l’imbarazzante sconfitta al secondo turno contro le svedesi (5-0), con annessa imbarazzante uscita ai gironi da un mondiale annunciato in pompa magna come quello del “grande salto” del nostro movimento femminile, due anni dopo l’imbarazzante Europeo del 2022 riconosciuto unanimemente come la più grande delusione sportiva della storia del calcio femminile nostrano (ultima posizione del girone guadagnata con un solo punto in tre gare).
Siamo confusi, perché ci è sembrato (ve lo possiamo assicurare) di assistere ad un’ulteriore clamorosa delusione per la nostra nazionale femminile, nonché ad una ormai acclarata regressione tecnica e tattica rispetto ai mondiali del 2019, quelli in cui si centrarono i quarti di finale. E però… Beh, non ne siamo più tanto convinti. No perché… in fondo, cosa importa dell’ennesima batosta sul campo se intanto su TikTok le azzurre hanno spopolato di brutto grazie alla pluricelebrata strategia di marketing della nostra “innovativa” Federazione?
L’Italia femminile vince la TikTokWorldCup
Se anche in campo si faticava un pochino c’è da tenere presente infatti che “question time”, “challenge”, e scherzoni (prank) sono andati avanti con successo nel corso di tutta la manifestazione! Insomma, se come dice Cosmopolitan, per capire come sono andati i Mondiali Femminili ormai “bisogna chiederlo a TikTok”, allora anche noi, che non siamo mica dei boomer, dobbiamo in qualche modo adeguarci. E quindi… Vai con la samba! Partiamo con un bel “momento balletto” della portierona di riserva Laura Giuliani.
Dicevamo… Come sono andati questi mondiali femminili? Beh… Diciamo che prima siamo stati un po’ troppo tranchant… In realtà sono sicuramente iniziaticol piede giusto! E non parliamo della vittoria di misura al debutto contro l’Argentina (1-0), ma del già citato sbarco aereo in completo Armani che ha fatto gongolare più di qualche TikTok influencer, nonché della riuscitissima ping pong challenge vinta da Cecilia Salvai ai danni della compagna Benedetta Orsi! Si è trattato di un 3 a 0 netto, che non ammette repliche. La Salvai ha mostrato una meccanica di tiro di gran lunga superiore rispetto a quella della Orsi, e in particolare mentre la Orsi si ostinava a effettuare lanci dall’alto in basso, la Salvai procedeva invece con studiata semplicità dal basso in alto, disegnando traiettorie maggiormente controllate.
Quanto alla scomoda parte del mondiale “on the pitch” la Salvai si è invece distinta come una delle giocatrici peggiori dell’intero torneo. Ed è un peccato che proprio su di lei pendessero le aspettative più grandi, dato che era stata chiamata a sostituire al centro della difesa la veterana ed ex “capitana” Sara Gama, prima istituzione e poi capro espiatorio dell’Europeo 2022, lasciata a casa dalla ct Milena Bertolini tra le polemiche. Ironia della sorte, nella tragedia finale contro il Sud Africa la Salvai resterà invece in panchina e verrà sostituita proprio dalla compagna di giochi Benedetta Orsi, che forse ancora frastornata dal 3-0 subito nella challenge si butterà dentro da sola al 32esimo del secondo tempo il primo momentaneo pareggio delle sudafricane (1-1 dopo il rigore segnato dalla nostra Arianna Caruso all’11esimo).
Del resto è tutto il reparto difensivo italiano ad aver avuto qualche problemino durante l’intera competizione… Se escludiamo ovviamente la terzina sinistra Lisa Boattin, i cui riflessi in un test su TikTok sono risultati “SUPER FAST”! Pensate, non appena lo sticker posizionato sopra la sua fronte è passato dal rosso al verde, la campionessa italiana è riuscita in pochi centesimi di secondo a sbattere le palpebre, con una reattività valutata dalla piattaforma come quella di una persona di 20 anni, lei che invece ne “avrebbe” 26. Peccato che in campo, durante il corso del Mondiale “on the pitch”, non sia stata altrettanto reattiva nel contenere le avversarie, e anzi, a dirla tutta, si è spesso fatta saltare come un bel birilloazzurro, o mettere in mezzo da telefonatissimi uno-due come in occasione della rete del 3-0 della Svezia, con la Kaneryd a scambiare con la Asllani prima di mettere in mezzo per il tap-in della Blackstenius.
Ma poco importa se in campo i suoi “reflex” si sono visti poco… Le Reflex dei fotografi in compenso hanno avuto il loro bel da fare anche questa volta, dopo che il 14 febbraio scorso, giorno di San Valentino, il coming out di Lisa e il disvelamento della relazione con la compagna juventina svedese Linda Sembrant era stato pubblicato sui social dalla società torinese sulle note dell’inno: “Juve storia di un grande amore”.
Domenica le due innamorate fronteggiavano indossando le maglie di due nazionali diverse, e qualcuno si chiedeva se ci sarebbe stato anche lì, in Australia, spazio per qualche bacio rubato. E così le due si sono incontrate sul manto verde del Regional Stadium di Wellington, con intorno un cerchio di fotografi e si sono date un… Non bacio, ovvero un abbraccio che a qualche giornale è sembrato un bacio, mentre non lo era affatto, come ha precisato la stessa Boattin in una storia Instagram stizzita pubblicata il giorno dopo, invitando tutti a “parlare di calcio”.
Concludiamo questa bella carrellata con il video del simpatico viaggio da Auckland a Wellington delle azzurre, lì dove dopo l’affaire Boattin sono scese in campo per incassare un bel 5-0 dalle svedesi, nella partita che col senno di poi possiamo definire come lo shock psicologico che ha pregiudicato l’intero mondiale. Si tratta non a caso dell’ultimo TikTok “allegro” pubblicato sul profilo della Nazionale, in silenzio poi per quattro giorni di fila prima di pubblicare un ultimo striminzito video di 14 secondi dai toni cupi, una sorta di marcia funebre verso la disfatta contro il Sud Africa materializzatasi ancora una volta a Wellington.
Una scelta particolare se si pensa che dall’inizio della gita… Ehm, pardon, del ritiro in Australia, i TikTok venivano pubblicati quotidianamente. Sarà stato di certo qualche boomer a metterci lo zampino, giudicando i reflex test e i sorrisoni sul social cinese non in linea con lo zoppicante andamento nel corso della competizione (ma va là! Vogliamo altre challenge!).
Fine dei giochi (e dei TikTok)
Ed è un’Italia vestita a lutto in effetti quella scesa in campo due giorni fa, ben diversa da quella sparagnina dei primi trenta minuti del primo tempo con la Svezia, in cui aveva addirittura fatto vedere qualcosa di buono. È dimessa, timorosa, tesa come una corda di violino, irreparabilmente votata alla sconfitta dopo l’iniziale vantaggio su rigore di Caruso. Se fossimo degli psicologi, diremmo anzi che la squadra quasi ricerca assurdamente l’eliminazione dal girone per tutta la gara, in una sorta di psicodramma collettivo.
Prima, al 32esimo, il già citato clamoroso autogol della ping pong girl Bendetta Orsi: l’Italia sta amministrando normalmente il pallone in difesa, è in vantaggio, il difensore centrale Linari scarica sulla compagna di reparto che però scarica a sua volta nella sua porta, credendo il portiere Durante da un’altra parte. Da questo momento in poi, apriti cielo. L’Italia esce completamente dalla gara: inizia ufficialmente la sagra della palla persa, in cui si distingue a centrocampo la “Pirlo del calcio femminile” Manuela Giugliano. A differenza del centrocampista bresciano, un maestro dell’impostazione, lei preferisce impostare per le avversarie, o interrompere il gioco quando si è in possesso palla con lancioni che finiscono puntualmente fuori dal campo.
L’attacco composto da Beccari, Giacinti e Bonansea intanto, non ne azzecca una. Beccari, a detta di molti l’astro nascente del nostro movimento, ha faticato seriamente per tutta la competizione a restare in piedi, il più delle volte sbatte contro il muro delle avversarie e quando riesce a correre sciupa assist semplicissimi come quando al 45esimo non riesce a servire Bonansea solissima in area, scegliendo di colpire di esterno anziché di piatto. Quest’ultima, invece, volto immagine dell’intero movimento femminile, decide di organizzare insieme alla Giacinti un’improvvisata sagra della scamorza affumicata, pper partecipare, bisogna effettuare sempre tiri che non viaggino sopra i 15 cm di altezza.
E così, tra una punizione sbilenca della Boattin e qualche gol mangiato (clamoroso quello al 53esimo mancato dalla Giacinti), si arriva claudicando al 66esimo, quando l’ennesima palla persa sulla trequarti si trasforma in un’occasione pericolosa per l’avventata scelta di Linari di mollare la sudafricana che stava marcando, attratta dal pallone come succede spesso ai bambini nelle partite della scuola calcio. Puntuale arriva l’imbucata, e la numero otto Hildah Magaia sigla il gol del 2-1.
Direte, arriva il momento della scossa? Macché!
Come dice Carolina Morace in telecronaca, alle azzurre continua a mancare tranquillità in fase difensiva ma anche in generale in ogni zona del campo. E deve subentrare un’altra volta Cristiana Girelli, l’unica che sembra aver preso sul serio questo mondiale (suo il gol vittoria sempre da subentrante contro l’Argentina), per colpire di testa su calcio d’angolo e trovare al 74esimo la rete del 2-2 dopo la deviazione di Caruso.
Ma sembra a tutti un pareggio estremamente immeritato, e le prime a pensarlo sono giustamente le “Banyana Banyana” sudafricane, che a differenza delle titubanti italiane continuano a macinare gioco, contrasti, corse senza fiato, e alla fine trovano eroicamente le forze per passare ancora una volta in vantaggio con il gol del definitivo 3-2 siglato in tap-in dalla fortissima numero nove Thembi Kgatlana, coadiuvata dalle azzurre Linari e Bartoli che si fanno ancora una volta attrarre dalla palla permettendo così il facile dribbling e il facile assist di Magaia. Le azzurre capitolavano così solennemente sotto i corpi di caucciù delle sudafricane: forse stremate dalle pressioni, forse non più motivate come una volta, forse semplicemente non all’altezza della competizione.
Le cause della disfatta
Secondo la leggenda del calcio femminile italiano Carolina Morace, non si è trattato solo di un “problema di testa” ma di un’evidente disorganizzazione generale: “non abbiamo fatto giocate studiate, è stato tutto completamente improvvisato, le giocatrici non sapevano dove attaccare, cosa attaccare, come difendere contro una squadra come il Sud Africa che ha fatto sempre fatica davanti”. E in effetti i “problemi di testa” sono stati anche, nel corso del mondiale, più prosaicamente problemi sui colpi di testa.
Se con le sudafricane sono state infatti le imbucate rasoterra in velocità il problema a cui non si è saputo mettere riparo, contro le svedesi sono stati invece i tragici duelli aerei la dimostrazione più chiara di una disorganizzazione tattica generale di cui la Ct Milena Bartolini deve considerarsi prima responsabile.
Nel corso della partita con le svedesi – in cui tre dei cinque gol subiti sono arrivati di testa da calcio d’angolo -, è stato chiaro a tutti che se queste avessero messo dentro altri dieci corner nell’area piccola le nostre avrebbero subito tranquillamente altre dieci reti (e se ne avessero messi dentro altri venti, per dire la verità, ne avrebbero prese altrettante), perché quella situazione tattica è stata semplicemente ignorata in fase di preparazione al Mondiale. Sembra assurdo ma è così, davvero nessuna delle azzurre sapeva come contrastare giocatrici alte in area piccola su corner, e nessuno sembra essersi curato di porre fine alla loro mancanza. Una situazione che va avanti oltretutto non da oggi, ma se vogliamo dal 2019. Dal buon mondiale disputato in Francia in cui comunque siamo usciti ai quarti contro l’Olanda proprio subendo due gol di testa da calcio piazzato (Miedema al 70′, Van der Gragt all’80’ per lo 0-2 finale).
Al termine della partita col Sud Africa, è stata Katia Serra dagli studi Rai a tornare sul tema del caos tattico percepito in campo: “Torniamo a casa e le domande sono tante. Era giusto ringiovanire ma non si può improvvisare…”.
E per rendere a pieno l’idea della disorganizzazione totale di quest’ultima gara, basta menzionare il fatto che non si sia trovato neanche un momento nell’immediato post-match per far fare alla piccola Giulia Dragoni (16 anni, calciatrice-mascotte della spedizione) una bella foto con qualche avversaria, da postare poi immediatamente su Instagram. Ciò che era successo invece negli attimi successivi alla sveglia con la Svezia, quando la Dragoni si era messa in posa con la star Fridolina Rolfö che l’aveva appena umiliata in campo, guadagnando così più di 10k nuovi follower. Certamente un’occasione persa per la crescita professionale della piccola influencer…
Italia (e movimento calcistico) femminile:
oltre le analisi ‘di campo’
Al di là degli scherzi (si ride per non piangere), torniamo infine alle perplessità di partenza, e ci dichiariamo ancora estremamente confusi rispetto a tutto quello che è/sembra essere/aspira ad essere oggi la nazionale italiana femminile di calcio. Un movimento che ci sembra aver fatto una precisa scelta strategica scegliendo come suo mezzo prediletto per crescere la grancassa mediatica di tv e social, a danno (dopo un europeo e un mondiale così deludenti possiamo dirlo) dello sviluppo tecnico-sportivo.
Il silenzio della Federazione ma anche di tanti organi di stampa sulle responsabilità evidenti della CT Bertolini all’indomani del deludente Europeo del 2022 a tal proposito è stato un campanello d’allarme colpevolmente ignorato, in un clima da “volemose bene” francamente surreale. Non che si dovesse procedere per forza alla sostituzione della CT, sia chiaro, ma il fatto che non si sia nemmeno discusso della possibilità di esonerarla dopo una delusione così cocente ha posto sotto una strana luce l’intero gruppo-nazionale (staff e calciatrici), dipingendolo come una sorta di compagnia di amiche teatranti, che insieme gira il mondo per le sue tournée, piuttosto che l’espressione di vertice di uno sport nazionale che come tale prevede programmi e obiettivi, e per questo grandissime responsabilità.
a proposito di programmi, obiettivi e responsabilità…
La recente sparata di Infantino, che a maggio se l’è presa con gli operatori TV parlando di offerte per i diritti del Mondiale femminile così basse da rappresentare “uno schiaffo a tutte le grandi giocatrici e a tutte le donne del mondo”, è in questo senso utile a evidenziare le storture di questa fase di involuzione della nostra nazionale. E non parliamo, badate bene, delle dichiarazioni in sé del presidente FIFA, che ovviamente fa il suo mestiere reclamando più soldi per i diritti dei prodotti dell’organizzazione che presiede, ma piuttosto della strana “scesa in campo” della CT Bertolini, che mentre era chiamata a preparare tecnicamente e tatticamente le giocatrici a ridosso dell’inizio del Mondiale (e magari a spiegargli come marcare le avversarie alte sui corner, o non farsele sgusciare via da sotto il naso in contropiede), intanto interveniva in diretta su La7, in occasione della finale di Coppa Italia, per dare lei stessa la notizia dell’accordo finalmente raggiunto con la RAI.
Risalgono invece allo scorso settembre le sue parole di stizza verso il pubblico del calcio italiano, in un’intervista al vetriolo rilasciata a RAI News con la delusione dell’Europeo estivo ancora calda:
“Abbiamo appena fatto una qualificazione al mondiale per niente scontata e non ho visto praticamente quasi notizia. […] Mi aspetto più entusiasmo. Pensare che un movimento possa crescere solo se vinci o fai bene un Europeo è riduttivo”.
E al di là di quanto si possa essere d’accordo o in disaccordo con la polemica rimarchiamo qui una vistosa mal interpretazione dei ruoli, se è vero che il/la CT di una nazionale dovrebbe essere proprio colui/colei che lavora sul campo e pensa solo a “fare bene” nelle competizioni internazionali, piuttosto che alla visibilità delle partite su questa o quella tv. Visibilità che potrebbe certo aumentare, non c’è dubbio, ma che comunque non pare oggi ridotta al lumicino, e soprattutto non giustifica oggi le stesse battaglie condotte giustamente negli anni passati, prima dell’exploit mediatico di Francia 2019 e il passaggio al professionismo del 2022.
Non sembra più possibile insomma “attaccarsi alla visibilità” quando una calciatrice come Barbara Bonansea, Golden Girl del mondiale francese, già all’indomani dei quarti conquistati si faceva fotografare in “trench, top, pantaloni Emporio Armani e sabot Church’s” da Rivista Undici, e decideva di raccontare la sua storia in un libro bestseller dal titolo Il mio calcio libero, e negli anni successivi otteneva decine o forse centinaia di collaborazioni con grandi brand mondiali, fino a godere degli attuali 672k follower su Instagram. Non sembra più possibile, ma in generale non sembra neanche avere attinenza con lo sviluppo meramente tecnico-tattico del movimento, a meno che l’obiettivo di quest’ultimo non sia diventato il solo raggiungere più fan possibili, fungere da megafono per questa o quella campagna sociale o di marketing, anziché quello di ottenere risultati reali nelle competizioni sportive.
Qualche domanda alla Federazione
Aspettiamo allora il prossimo “question time” su TikTok per formulare anche noi, se ci è permesso, qualche domandina alla Federazione, che per ora vi anticipiamo qui sotto. Prima fra tutte: cosa vogliamo che sia il calcio femminile in questa nazione? Dobbiamo continuare a votare le migliori esultanze realizzate appositamente in allenamento per TikTok o è lecito aspettarcele in campo?
Perché guardando le altre nazionali notiamo di anno in anno una crescita esponenziale a livello tecnico e tattico mentre in Italia solo una netta regressione rispetto ai mondiali del 2019?
Perché veniamo surclassati e buttati fuori da una nazionale come quella sudafricana, 54esima nel ranking FIFA (l’Italia è 16esima), che è ancora nel semi-professionismo, ha un campionato nazionale solo dal 2019, non aveva mai vinto prima una partita al mondiale e tra le sue giocatrici ne ha alcune che fino a poco fa dovevano ancora fare altri mestieri come il macellaio? Perché la Colombia, 25esima nel ranking FIFA, è stata in grado passare il suo girone e disputare contro la Germania due volte campione del mondo una partita sinceramente commovente, con la famelica Vanegas a siglare il gol della vittoria per 2-1 all’ultimo minuto tra la gioia incontenibile, bellissima, di un intero paese?
Perché negli spogliatoi delle “Super Falcons” nigeriane (40esime nel ranking FIFA) dopo la miracolosa vittoria contro le padrone di casa australiane con annesso passaggio di turno si sentiva riecheggiare il canto “Lonely at the top”, sole al comando – un inno a farcela nonostante tutte le difficoltà della vita, che in Nigeria coincidono spesso con il traffico di donne? Perché quando guardiamo le partite delle altre nazionali in qualche modo “sentiamo” sempre una certa volontà del fu “sesso debole” di mangiarsi il mondo, di distruggere ogni barriera con le unghie e con i tacchetti, sul campo e non sui social, mentre quando guardiamo la nostra nazionale abbiamo sempre l’impressione di assistere a una partitella tra amiche pazzarelle prima di una maratona di Sex and the city?
Le partite giocate hanno ancora un qualche significato per la nostra nazionale o sono diventate solo lo sfondo del tutto secondario di campagne di comunicazione social, nuove tendenze della moda e storie d’amore da Beautiful in versione Gen Z? E infine: estate o inverno? cane o gatto? Gonna o jeans? Pasta o pizza? Stiamo ancora parlando di calcio o di qualcos’altro?