Come un filtro d’amore – o, più realisticamente, d’alcool – ci inganna sulla bellezza altrui, così il sogno azzurro vissuto ad Euro 2020 ci ha fatto credere – con un’ingenuità giustificata dai risultati – di trovarci di fronte ad una delle nazionali più forti di sempre. Non è così. Se l’Italia è arrivata dove è arrivata è stato per uno spirito di gruppo e un’unione di intenti che, questi sì, hanno trasformato le insicurezze tecniche in certezze psicologiche.
«Oggi apprezzo più di allora ciò che i nostri hanno combinato tra giugno e luglio. Mi sento di amare senza riserve l’Italia di Mancini proprio perché riuscì ad essere più forte dei propri limiti».
Ivan Zazzaroni sul Corriere dello Sport, 6.9.2021
Tanto era sbagliato salutare l’Italia Campione d’Europa come una squadra stellare, quanto lo sarebbe rimangiarsi tutto per definire mediocre l’11 di Mancini dopo le ultime due uscite. Ci vuole equilibrio, come direbbe qualcuno. «Ci vuole calma», ha detto Chiellini. Se l’Italia non è una squadra di fenomeni – tolti Giorgione, Gigione e Chiesa –, non è neanche una squadra di sprovveduti. Sicuramente è più forte di Bulgaria e Svizzera, squadre contro le quali Mancini ha raggiunto un record storico – 36 partite da imbattuto – che esalta gli amanti dei numeri ma non cambia la sostanza delle cose: il cammino per Qatar 2022 si è quantomeno complicato. E allora ecco riaffiorare Ventura, la Svezia e una montagna di pessimismo cosmico ad appena due mesi dal delirio strapaesano urlato in faccia alla Regina.
«La carrozza si è trasformata in zucca. […] I campioni d’Europa hanno perso, almeno in parte, la magia della favola. Non sono diventati di colpo meno bravi e meno belli. Anche ieri, come a Firenze con la Bulgaria, hanno creato tantissimo e giocato un ottimo primo tempo. Due partite simili. Ma se all’Europeo l’Italia riusciva a vincere sempre, anche nella sofferenza, anche subendo, come con la Spagna, ora non riesce a chiudere le partite che domina».
Luigi Garlando sulla Gazzetta dello Sport, 6.9.2021
Tutta la comprensibile rabbia di Roberto Mancini
Il lavoro di Mancini e staff è stato semplicemente eccezionale. Ma insieme ai complimenti, è giusto anche evidenziare una certa qual fenomenite(così Giuseppe Pastore, ad esempio) del nostro meraviglioso CT. Che senso ha togliere Ciro Immobile – Mr. Hyde in nazionale, Dottor Jekyll con la Lazio, ma anche a causa degli sceneggiatori – per inserire Zaniolo e Chiesa (poi spostato nel suo ruolo) falsi nueve (sic!)? Porca puttèna!
Va in questa direzione anche Fabio Capello, che nel commento alla partita su Gazzetta scrive che la soluzione del falso nove Mancini l’aveva applicata «anche durante l’Europeo e devo dire che, come in quell’occasione, la scelta non mi ha convinto del tutto». Chiaramente molto è passato dal rigore sbagliato di Jorginho che, per la cronaca, è il secondo di fila in maglia azzurra. Ma con Sommer, che studia queste situazioni dalla mattina alla sera (la Francia lo sa), non c’è da stupirsi. Il St. Jakob-Park ha urlato il suo nome come fosse un gladiatore in un’arena di leoni. Tra due giorni c’è la Lituania, poi la Svizzera a novembre. Stavolta all’Olimpico di Roma, a proposito di gladiatori. Con la speranza che la retorica lasci spazio ai fatti.