La candidatura congiunta Italia-Turchia per il 2032 è una buffonata.
Era dal 1219 che Italia e Turchia non venivano l’una incontro all’altra in spirito di cooperazione. In quell’occasione, fu Francesco il Santo di Assisi a sbirciare tra le pieghe della V Crociata per chiedere al Sultano Malik al-Kāmil di fare un passo indietro nella terra d’Egitto. Ecco, diciamo che Gravina e Mehmet Buyukeksi, presidenti rispettivamente di Federcalcio italiana e turca, non sono esattamente né un santo né un Sultano. Chiediamo dunque perdono ai lettori per l’ardita analogia, fateci divertire pure a noi. Anche perché qui se non ci fosse da ridere ci sarebbe da piangere.
È notizia di ieri sera infatti la presentazione di una candidatura congiunta tra Italia e Turchia per ospitare gli Europei del 2032. Partiamo col sottolineare, en passant, che dopo tutte le menate fatte a sproposito sui cattivissimi russi e sui diabolici arabi, ecco il presidente in panciolle Gravina cooperare a suon di denari con uno dei Paesi più attentamente osservati da Amnesty per violazione di diritti umani. Massimiliano Castellani su Avvenire ha giustamente osservato come «c’eravamo appena ripresi dall’umiliante assegnazione dei Mondiali di calcio in Qatar, Paese che con la stessa velocità con cui produce petrodollari riesce a violare i diritti umani, che ci tocca subito fare i conti con l’altrettanta antidemocratica Turchia».
Lasciamo perdere proprio, è tutto così grottesco. Gravina ha addirittura parlato di progetto che «esalta i valori di amicizia e cooperazione, coinvolgendo due mondi contraddistinti da profonde radici storiche». Un uomo dissociato dalla realtà, e per certi versi pericoloso. Ma il fatto ancor più grave, se vogliamo uscire dalla retorica dell’occidente ipocrita, è che questo ‘patto’ non avrà che l’effetto di ritardare ulteriormente sulla tabella di marcia un piano (serio) per il calcio nel nostro Paese. L’Italia ha gli impianti più antichi e fatiscenti d’Europa, ma in nessuno come in questo campo (quello dell’impiantistica per intenderci) da anni si sprecano fiumi di parole.
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