Radici, talento e musica del centrocampista inglese.
Quando sei solo un ragazzo di 22 anni, vieni convocato in nazionale, qualcuno ti dice “questo è il momento di giocarti le tue carte” e tu effettivamente te le giochi facendoti beccare al casinò, allora il tuo identikit è quello di James Maddison. Quel casinò per Jamie, però, è stato la lezione (di vita) migliore per diventare un numero 10 perfetto, anche se qualcuno ancora non lo ha capito. Maddison infatti, a differenza di compagni come Grealish, Foden o Rice sembra mancare di appeal, di un certo carisma mediatico che faccia da contraltare al giudizio del campo.
È come se ancora non si fosse trovata la chiave giusta per poter parlare di lui ed è come se, lui stesso, non avesse ancora capito dove posizionarsi all’interno dei gironi danteschi del calcio di Albione. Tra i cattivi, gli alcolizzati, i discontinui brillanti, i trascinatori senza macchia o i futuri incompiuti? Si potrebbe quasi ipotizzare che quella fuga d’azzardo al casinò sia stata pianificata da James per entrare nell’olimpo dei ribelli. Il problema è che certe cose non possono essere programmate. Con certe “doti” ci si nasce, e se l’unico mondo che conosci è quello verde del campo, allora la socialità problematica non è affar tuo.
Che poi forse tutto ciò dipende solo dal luogo da dove si proviene; e forse, in fin dei conti, questa capacità di non apparire è normale per un ragazzo di Coventry.
James Maddison nasce a Coventry il 23 novembre 1996 e nelle file degli Sky Blues segue tutto il percorso delle giovanili, fino all’esordio in prima squadra nel 2014. Con il Coventry giocherà due stagioni (2014-2016) per un totale di 35 partite e 5 goal. È giusto specificare il contesto del Coventry perché non è esattamente una fucina di campioni, e quindi l’esplosione di un suo giovane è piuttosto una rarità. In tutta la sua storia il Coventry è arrivato una sola volta al successo nella stagione 1986-87, battendo in finale di FA Cup il Tottenham: nel calcio inglese, soprattutto in quello dell’alternanza pre-Premier League, questo è un po’ poco.
Per il resto gli azzurri delle Midlands hanno vissuto a metà classifica piuttosto stabilmente tra la fine degli anni ‘60 e l’inizio dei 2000, per poi tornare nelle serie minori. I suoi nomi più illustri, calcisticamente parlando, sono stati quelli di Stuart Pearce e Gary McAllister. Il primo, soprannominato Psycho, venne acquistato 21enne e ancora semiprofessionista dagli Sky Blues dove in due stagioni (1983-1985) collezionò 52 presenze e 4 goal prima di esplodere definitivamente al Nottingham Forrest di Brian Clough.
Qui in 12 anni collezionò 401 presenze e 63 goal, molti dei quali su punizione con un mancino spacca porta che non hanno avuto neanche Roberto Carlos e Sinisa Mihaijlovic (forse). Basta vedere il gol su punizione nella finale di FA Cup del 1991 persa contro il Tottenham.
Il secondo è stato capitano dell’ultima nazionale scozzese ad aver giocato un Europeo (1996) – tralasciando la qualificazione di quest’anno ai rigori contro la Serbia, che ha ricucito uno strappo lungo 23 anni. Gary “Macca” McAllsiter, che i suoi successi personali li ha raggiunti con Leeds e con Liverpool, è stato un numero 10 atipico il cui look da postino di provincia contraddiceva giocate straordinarie come la punizione da calcetto in Leeds-Wimbledon del 1993. Macca ha fatto il percorso inverso di Jamie, dal Leicester al Coventry.
Ma dal momento che il dio del calcio non lascia nulla al caso, le storie dei ragazzi di Coventry, McAllister e Pierce, si sono incrociate proprio nell’incredibile Europeo del 1996 giocato in Inghilterra. I due sono stati protagonisti di momenti alquanto emblematici: McAllister nel derby contro l’Inghilterra sbaglia il rigore del possibile 1-1, dando poi avvio al 2-0 finale siglato da Gazza Gascoigne. Pierce, invece, nel crescendo di tensione dei calci di rigori contro la Spagna ai quarti finali, dopo aver realizzato il suo tiro dal dischetto si lascia andare ad un liberatorio e trasfigurante grido: “fuuuuuuuuck!”. Entrambi usciranno segnati da quella competizione.
Oltre il calcio, che ne è comunque una diretta emanazione, Coventry nell’immaginario collettivo è una sorta di buco nero. Nel film In Bruges (2008), i due protagonisti seduti in un pub si interrogano sul perché siano stati mandati in quella piccola e anonima cittadina belga. Uno dei due sostiene che siano lì per nascondersi, a quel punto l’altro risponde che come nascondiglio sarebbe stato meglio Coventry. Questa nomea ha del resto una sua origine ben precisa. Da un punto di vista storico Coventry rappresenta la devastazione per eccellenza in quanto, durante la seconda guerra mondiale, venne rasa al suolo dai bombardamenti dalla Luftwaffe a tal punto da generare il termine “coventrizzare”.
Non è pertanto il luogo adatto per crescere campioni, né il luogo dell’apparenza. Eppure, su quell’asfalto bruciato, è nato un fiore.
Jamie incarna la figura del nuovo registanel calcio contemporaneo, quindi in sostanza è una mezz’ala propensa al gol e agli inserimenti, e ovviamente è uno specialista dei calci di punizione. Del resto la prima rete tra i professionisti Jamie l’ha realizzata, anche se con deviazione, proprio su calcio di punizione. Era il 21 ottobre 2014, 14esima giornata di League One (Lega Pro). Nella rovinosa trasferta contro l’Oldham Athletic (4-1) sul risultato parziale di 2-0 per i padroni di casa, il diciassettenne Jamie, alla prima da titolare, si appresta a battere un calcio di punizione. La sicurezza di quel ragazzo fa capire da subito che quel numero sulle spalle, il 36, avrà vita breve.
Un’altra cosa che si nota fin da subito è il modo in cui Maddison calcia le punizioni. Infatti, oltre ad una rincorsa laterale veloce fatta di soli due-tre passi, quello che stupisce è la posizione in cui rimane il destro dopo aver calciato. Tallone bloccato a terra sorreggendo tutto il peso del corpo proteso in avanti. Quella che il 21 ottobre poteva sembrare una mania stilistica di un giovane dell’Academy con il passare del tempo è diventata una vera e propria cifra stilistica, tant’è che se cercate su YouTube “Maddison Free Kicks” troverete diversi tutorial in cui il nostro numero 10 spiega, anche alla BBC, come calciare la punizione perfetta.
Contro l’Oldham la fortuna aiuta Jamie, e la deviazione di un difensore spiazza il portiere avversario. Per il primo goal decisivo bisognerà invece aspettare la fine del campionato, l’ultima giornata e l’ultimo minuto. Contro il Crawley Town (la squadra di uno dei duecento fratelli di Pogba) Jamie sigla infatti il definitivo 2-1, calciando a porta sguarnita l’assist di Nouble che aveva approfittato di un malinteso della difesa. Nella stagione successiva il Coventry ha già capito di avere un gioiello in campo, e affida a Jamie la maglia numero 10. In quella stagione i goal saranno 3. Il primo della serie contro il Port Vale è da vedere e rivedere.
Maddison riceve palla sulla trequarti con tre giocatori addosso. Si libera quasi simulatamente dei suoi marcatori con una sterzata su se stesso e, quando ha un minino di visuale libera, lascia partire un destro dai venti metri che il portiere avversario può solo sfiorare. Nella partita successiva contro il Chesterfield arriva anche il primo goal su punizione senza nessuna deviazione. Palla dritta all’incrocio e goal del definitivo pareggio. L’ultimo goal con la magia degli Sky Blues, Jamie lo scena nella goleada interna (6-0) contro il Bury. Anche in questo caso il ragazzo di Coventry offre uno dei suoi pezzi forti, sterzata su se stesso, e tiro dal limite dell’area.
La stagione successiva passa al Norwich, che quell’anno gioca la Championship. La squadra dei canarini però decide di girarlo in prestito in Scozia all’Aberdeen.
L’esperienza tra le file della squadra, che negli anni ’80 sotto la guida di Alex Ferguson si impose a livello europeo vincendo Coppa delle Coppe (1982/1983) e Super Coppa UEFA (1983), durerà solo quattro mesi. Giusto il tempo di segnare 2 goal – uno su punizione (goal vittoria contro i Rangers all’ultimo minuto) e uno da fuori dopo la “classica” sterzata – e sfornare 7 assist (tre nella sola partita contro il Kilmarnock). Forse sarà stata proprio la magia di Sir Alex e lo spirito di giocatori dell’83 come Gordon Strachan o Alex McLeish, o forse semplicemente Jamie corre più veloce di tutti, resta il fatto che in sole 14 partite si riconquista la chiamata del Norwich.
Qui arriva la consacrazione sotto la guida di Daniel Falke, lo stesso allenatore che ha trasformato Todd Cantwell da Backstreet Boys ad uno dei talenti più cristallini del calcio inglese. Per l’esordio però Jamie dovrà aspettare aprile, per l’esattezza il 17, in trasferta contro il Preston North End. Al debutto mette subito le carte in tavola e, dopo essere entrato al 79esimo, segna il suo primo gol al 92esimo. Da quel momento diventa titolare fisso: alla fine della sua esperienza con i canarini saranno 47 presenze condite da 14 goal e 8 assist.
Nonostante al Norwich non riesca la promozione in Premier, Maddison fa lo stesso il salto di categoria e per la stagione 2018-2019 viene acquistato dal Leicester facendo il percorso inverso di “Macca” McAllister.
Sulle sue spalle torna il numero 10 e, dopo solo 7 partite, Jamie tocca già quota 3 goal e 3 assist. Contro l’Huddersfield in casa il popolo delle Foxes può assistere alla specialità del ragazzo di Coventry. Calcio di punizione con piede “bloccato” e palla sotto la traversa. Jamie si ripete anche al ritorno sempre su punizione così come contro il Burnley in trasferta. A fine stagione per Jamie saranno 37 partite con 7 goal e 7 assist. Nonostante il rendimento personale straordinario il Leicester conclude il campionato al nono posto mostrando tanta potenzialità quanta discontinuità.
In questa scalata verso la Premier James Maddison non lascia segni social. Fuori dal campo tutto tace. Nessuna multa per guida in stato di ebrezza, nessuna relazione burrascosa con una teenager, nessuna rissa in pantaloncini sulle spiagge greche. Jamie rimane concentrato solo sul campo, e così la stagione 2019-2020 rappresenta un ulteriore salto di qualità. È la stagione della maturità di Jamie come uomo squadra. Il Leicester di Brendan Rodgers inizia il campionato in maniera decisamente positiva, attraverso un gioco corale fluido e decisamente offensivo.
Il 5 ottobre si arriva alla sfida ad Anfield tra il Liverpool capolista e il Leicester terzo. Il Liverpool di Kloop è al suo punto più alto – del resto è l’anno della tanta agoniata vittoria della Premier – e già nelle prime gare più che un distacco crea terra bruciata. Ma oltre ai Reds c’è un altro campionato: quello tra secondi e terzi, Leicester e Manchester City, che vede le Foxes in piena corsa Champions come non era mai successo (esclusa ovviamente la stagione del miracolo di Claudio Ranieri). La partita di Anfield rispetta il copione della stagione. Il Liverpool crea gioco e occasioni, e al 40esimo del primo tempo passa con Sadio Mané.
Il Leicester non si scompone anche se la forza d’urto della truppa di Kloop è costante fin quando, al minuto 80, Jamie segue l’azione, si lancia sulla palla filtrante di Perez, taglia alla spalle di Van Dick e con un sinistro in diagonale infila Adrían. Solo un rigore più che dubbio al 90esimo darà la vittoria ai Reds. La partita però dice che le Foxes ci sono e non sono una sorpresa.
Date le prestazioni arriva finalmente la prima chiamata con la nazionale maggiore di Gareth Southgate per la qualificazione ad Euro 2020.
Questa sembra la volta buona per esordire. Jamie infatti a partire da ottobre 2018 era stato più volte convocato dal ct inglese, ma non aveva mai messo piede in campo. Nelle motivazione di Southgate per le mancate convocazioni e le panchine sembrava riecheggiare un ritornello che Jamie conosceva bene: “Too much too young”, uno dei maggiori successi dei The Specials, gruppo simbolo dello ska formatosi proprio a Coventry negli anni ’70. Per Southgate, Jamie rimaneva sempre “troppo giovane”.
Maddison viene così convocato per le partite di qualificazioni contro Repubblica Ceca e Bulgaria. Anche questa volta, però, qualcosa non gira. Jamie intuisce un’altra tribuna e si autoesclude dai convocati adducendo un’influenza. Forse non si sente apprezzato, forse scatta il più classico degli autosabotaggi all’inglese o il colpo di teatro per richiamare a sé le attenzioni, fatto sta che lascia il ritiro con direzione casinò di Leicester. L’anonimato però non è cosa per i calciatori, così Maddison viene fotografato al tavolo verde e la foto fa il giro dei tabloid.
Per la stampa, anche quella italiana che riporta la notizia, Jamie passa dall’essere una giovane promessa ad un ragazzo immaturo che si è, letteralmente, giocato le sue chance di giocare in nazionale. Eppure quel colpo di testa tradisce la sua inattitudine alla trasgressione: una fuga troppo moderata, neanche troppo immorale come violare i protocolli anti-covid chiamando delle ragazze nella propria stanza d’albergo (chiedere a Phil Phoden, che dopo questo “colpo” è diventato titolare della nazionale e nell’ultima partita contro l’Islanda ha siglato una doppietta).
Jamie si accorge dello sbaglio – nel senso che si accorge di non aver sbagliato abbastanza – e senza troppi proclami si ributta a capofitto sul suo Leicester facendo la cosa che gli riesce meglio: giocare a calcio. La paura di aver perso il treno della nazionale lo rende ancora più consapevole dei proprio mezzi, e così le Foxes infilano quattro vittorie di fila. Addirittura con il 9-0 in trasferta contro il Southampton, al quale Maddison prende parte neanche a dirlo con un goal su punizione, la banda di Rodgers stabilisce il record del successo esterno più largo nella storia della Premier.
Oltre al Burnley e al Crystal Palace anche l’Arsenal fa le spese del Jamie “ritrovato”. Da rivedere in loop il goal che al 75esimo fissa il punteggio sul 2-0: sponda di Vardy indietro al limite dell’area di rigore e tiro immediato di collo di Maddison, con la palla che non si stacca da terra e finisce la sua corsa in rete come fosse una buca d’angolo.
Un’azione e una finalizzazione pregevole, quella del 2-0 blu
A questo punto sembra impossibile non richiamarlo in nazionale. Del resto Southgate è uno che conosce bene il concetto di “seconda possibilità” visto che da giocatore, sempre ad Euro ’96, un suo sbaglio dal dischetto costò la finale alla nazionale di Sua Maestà. Così il 14 novembre 2019, allo stadio Wembley contro il Montenegro, Jamie debutta al minuto 56 sostituendo Oxlade-Chamberlain. Il destino fa ancora una volta il suo corso: l’esordio del “ragazzo di Coventry”, infatti, avviene lo stesso giorno in cui la città fu rasa al suolo nel 1940.
Tornato nella sua Leicester, Jamie – in coppia con l’atro Jamie (Vardy) – guida le Foxes al 5° posto in Premier League, ovvero il terzo miglior piazzamento di sempre nella storia centenaria del club. 31 presenze, 6 goal e 3 assist sono il bottino che hanno permesso al Leicester di tornare a giocare le coppe europee (e che ora conduce come primo a punteggio pieno nel girone). Se tutto questo non è abbastanza epico da creare un fascino extra-calcistico, aggiungiamoci allora che quell’unica presenza in nazionale, nel giorno del bombardamento di Coventry, è finora rimasta l’unica partita giocata da Jamie per i Three Lions.
Playlist
Così come per Grealish però, ogni compleanno va festeggiato con la musica adatta. Dato il personaggio, la colonna sonora di James Maddison dovrebbe essere qualcosa di altamente conosciuto ed estremamente di nicchia allo stesso tempo. Considerato anche il contesto geografico, proporremmo di spulciare tra le pieghe del brit pop per andare a trovare delle gemme non ancora lucidate a dovere. Tra questi la playlist di Jamie dovrebbe assolutamente avere i The Divine Comedy, poco appariscenti, soffocati e avvantaggiati allo stesso tempo da una corrente musicale più grande di loro.
Senza i drammi familiari della famiglia Gallagher (Oasis) la psichedelia di Damon Alban o Tom York, i The Divine Comedy hanno saputo crearsi uno stile unico tra il cantautorato e i ritmi British. Alla festa di Jamie non dovrebbe poi mancare Billy Bragg e il suo folk politico-pop, né tantomeno potrebbero farlo i The Specials: i già citati ragazzi di Coventry, portavoce dello ska duro e puro, che con la loro Ghost Town hanno dichiarato a tutto al mondo la condizione esistenziale di quella città delle West Midlands.
“When football was football and footballers were men“. Come i calciatori del Regno Unito nel primo conflitto mondiale abbandonarono i campi da gioco per arruolarsi nell'esercito di Sua Maestà.