Quando tifare il Manchester City era una questione d’amore.
C’è stato un tempo in cui il Manchester City giocava le sue partite casalinghe al Maine Road, un tempo in cui i milioni della proprietà araba erano lontani anni luce e i citizens erano la seconda squadra di Manchester, perché quando si nominava il nome della città si pensava subito ai red devils, al Manchester United. Quello era un tempo in cui tifare i ragazzi dalla maglia celeste era difficile, come essere un animale in via di estinzione in una giungla di predatori pronti a farti fuori.
Jimmy è un ragazzino timido e impacciato, che si guarda allo specchio e si ripete di essere una tigre, ma poi finisce col ricordarsi che in realtà ha paura anche della sua ombra. Un fanciullo che deve affrontare una quotidianità piuttosto complicata, a scuola è la vittima preferita dei bulli, tutti tifosi del Manchester United. Mentre quando torna a casa cerca disperatamente un genitore al quale appoggiarsi, ma il padre non c’è più e la madre è presente solo fisicamente, sempre più attenta alla sua vita amorosa piuttosto che a quella del figlio.
Jimmy è abituato a correre nei corridoi della scuola, dove cerca di scappare dalle punizioni dei bulli, ma il suo sogno è quello di correre in un prato verde e diventare un calciatore. L’occasione gli si presenta proprio in quei corridoi, quando il professore di educazione fisica appende l’annuncio con la convocazione per la composizione della squadra di calcio della scuola. Come ogni anno c’è in palio il torneo studentesco e per fortuna di Jimmy al provino si presentano solo dodici ragazzi, permettendogli così di entrare a far parte automaticamente del gruppo come riserva.
Due da sei? Quindi siamo solo in dodici ed io faccio parte della squadra. Non c’è bisogno di essere Einstein per capirlo. Quanto meno sono in panchina e per questo mi farei sputare in faccia tutti i giorni.
Sempre scappando dai suoi nemici trova la persona che gli cambia la vita, una signora anziana che vive in una casa abbandonata, la quale decide di regalargli un paio di scarpini, a sua detta magici. Il ragazzino naturalmente non crede alla favola e mentre torna a casa decide che il loro posto è tra l’immondizia. Ritornerà a prenderli il giorno dopo, quando dopo essersi presentato al ritrovo per la prima partita, viene puntualmente bullizzato e le sue scarpe finiscono in un furgone dei rifiuti. L’unico modo per poter presentarsi alla gara è quello di indossare quei vecchi scarpini, che arrivano da un’epoca così lontana.
C’è solo un piccolissimo problema: se qualcuno mi guarda, dimentico all’istante come si gioca e mi muovo come uno stupido fantoccio. “Ansia da prestazione” la chiamano in questo libro. Qualcosa non va nei miei motoneuroni. Io la chiamo semplicemente “farsela sotto”.
Il ragazzo si ritrova a debuttare nelle peggiori condizioni possibili. La partita è solo fisica e il campo è uno spiazzo ricoperto di fango, stare in panchina è la miglior cosa che gli possa accadere. La fortuna però dura poco, perché nel secondo tempo viene chiamato ad entrare in campo. Grimble risulta subito cruciale, decidendo la partita con un tiro dalla lunghissima distanza. La scintilla che sblocca definitivamente il ragazzo. Jimmy prende fiducia e si convince che quegli scarpini siano veramente magici. La pellicola prosegue con la squadra della scuola Greenock che continua ad inanellare una vittoria dopo l’altra grazie alle giocate del ragazzino con gli scarpini vecchi, mentre lui continua inutilmente a cercare Robby Brewer, il proprietario di quelle scarpe.
I gol del ragazzo portano la scuola a disputare la finale del torneo, che si gioca proprio al Maine Road. Mentre le sue ottime prestazioni hanno acceso le sirene del Manchester United, la mattina della partita è tragica; Jimmy scopre che la signora anziana è passata a miglior vita, un suo compagno decide di far sparire gli scarpini magici e il giovanissimo talento si trova costretto a giocare con un piano di Nike nuove di zecca, le quali – ovviamente – non hanno alcun effetto su di lui. Il primo tempo è disastroso, due a zero per gli avversari e Grimble peggiore in campo.
Durante l’intervallo dovrebbe essere sostituito, ma scopre che Brewer è l’uomo cieco che vende i programmi allo stadio. L’ex giocatore del City gli riferisce che quegli scarpini non avevano niente di magico. Sono i piedi di Jimmy i fautori di quelle splendide giocate. Sulle note di “Right here, right now” dei Fatboy Slim, il ragazzo torna ad essere quello che era, prendendo per mano i suoi compagni nel secondo tempo. Un gol e due assist che permettono alla squadra di aggiudicarsi il torneo scolastico.
Scout dello United: “Jimmy, vieni qua! Ascolta! Purtroppo c’è un solo posto disponibile per quest’anno e quindi… ci verresti a giocare per il Manchester United?”
Jimmy: “È gentile da parte sua ma ho appena ricevuto un’offerta migliore!”
Scout dello United: “Cosa può esserci di meglio dello United?”
Jimmy: “Il Manchester City!”
Una pellicola che ci riporta un po’ indietro con gli anni e ci immerge nella periferia inglese. Le nuvole grigie, una quotidianità complicata e il calcio di provincia, fanno da sfondo ad un film che riesce a mostrarci quanto sia difficile e allo stesso tempo motivo di orgoglio tifare la seconda squadra della città, cosa significhi vivere nelle stesse vie dei tuoi rivali, abituati a vincere e a demolirti ogni stagione. Jimmy Grimble è un’ottima rappresentazione di come un ragazzino viva il sogno di diventare un calciatore, perché nulla ha più valore se comparato alla maglia della propria squadra del cuore; nulla ha più valore di giocare nel proprio stadio. Il film ci spiega lucidamente il concetto di tifoso, di quanto una squadra possa essere cruciale nella quotidianità di un semplice ragazzo, che si riconosce nella situazione dei propri colori preferiti, ma non per questo si dà per vinto. Una squadra la si ama sempre, nei momenti di gloria come nelle peggiori delusioni.
Giurare amore ad una maglia non è una moda, andare allo stadio non è un semplice passatempo. Il fatto che la storia sia incentrata sul Manchester City risulta essere (stata) una scelta azzeccatissima, considerando quello che i citizens sono diventati oggi. Un prodotto economico, più che una squadra di calcio. Ora è facile tifare i citizens, ora che c’è Guardiola, che si gioca all’Etihad Stadium e che a Manchester le squadre sono di nuovo due. C’è stato un periodo in cui difendere quei colori era difficile, e farlo significava amare più d’ogni altra cosa quella maglia. Quel tipo di sentimento che non conosce tradimento, che è al di là di se stessi; ti riguarda, ma non riguarda solo te. E’ il calcio.