L'incontro nella contea del Middlesex è stato tutto ciò che il Pugilato con la P maiuscola esige.
Diciamocelo chiaramente: Joshua-Usyk è stato un ritorno alla sana normalità, la sfida è stata una boccata d’aria fresca per la Boxe e per i suoi estimatori. Se è vero che il Pugilato è in declino da più punti di vista e ad ogni latitudine del mondo, se è altrettanto vero che il declino della Nobile Arte è favorito da vecchi fenomeni – oggi da baraccone – che sfidano youtubers dalla povertà tecnica imbarazzante, a maggior ragione, il match della Tottenham Arena è stato una manna dal cielo.
Quello nella contea del Middlesex non è stato solo un grande match pugilistico dal punto di vista tecnico, ma è soprattutto stato un capolavoro di etica del lavoro, una masterclass-come dicono quelli bravi- di tecnica, professionalità e rispetto. Tutto ciò che il Pugilato con la P maiuscola esige. Lo spettacolo incombente, sano e altamente professionale, si è avvertito già dalla conferenza stampa di giovedì sera:
«Grazie a tutti per aver reso possibile questo match storico, grazie soprattutto ad Aj, grazie perché hai accettato un match difficile ed hai dimostrato di avere un grande cuore».
Le parole in questione non sono state pronunciate da persone vicine allo staff del campione britannico, bensì da Alexsander Krassyuk, manager dell’ucraino Usyk. Alle parole di Krassyuk hanno fatto eco quelle di Anthony Joshua:
«Amo gli ucraini e il loro stile di combattimento, apprezzo ciò che ha fatto Usyk in carriera perché lo ha portato a farci vivere un evento di questa portata, ha fatto 10-12 anni da dilettante, tanta gavetta e ha tutto il mio rispetto».
Al diavolo il trash talking di basso livello, l’ostentazione a tutti i costi e le pacchianerie di cui, adesso, la Boxe non ha assolutamente bisogno. Come ha scritto Marco Nicolini dai suoi profili social «Permettetemi di spendere due parole sul comportamento di questi due gentiluomini: la buona educazione rimarrà sempre, a mio parere, un valore aggiunto», e come potergli dare torto.
Alla Tottenham Arena hanno parlato i pugni, i movimenti di tronco e le schivate, la tecnica sopraffina di un Cruiserweight southpaw contro l’agilità e la precisione di un massimo fuori categoria. L’aveva anticipato lo stesso Usyk in conferenza stampa: «Sarà un incontro che farà la storia», e così è stato.
Usyk ha dimostrato il coraggio di salire di categoria, lasciare vacanti i suoi titoli Cruiser, animato da uno spirito monacale, attento ai dettagli e per niente attirato da luci e copertine glitterate. Ha passato l’intero camp di preparazione rintanato in una fattoria di Kyiv dove, in adolescenza, aiutava i genitori con la gestione degli animali. Le parole del manager Krassyuk, riprese dal documentario sulla preparazione del campione ucraino prodotto da Matchroom, lo descrivono perfettamente:
«Oleksandr mi ricorda Alì, non soltanto perché sono nati lo stesso giorno o perché Ole abbia vinto l’Ali trophy, ma perché rimane sé stesso sempre, senza rincorrere ciò che la gente vorrebbe lui facesse».
Dall’altro lato della staccionata Aj ha messo, per l’ennesima volta, in discussione le sue cinture senza perdere la credibilità che lo contraddistingue, anche dopo il controverso match saltato con l’istrionico Fury. Ha dimostrato per l’ennesima volta di combattere, nella maggior parte dei casi, contro i più degni avversari di categoria senza ricercare figurine di dubbio valore. Niccolò Pavesi, dal suo profilo Facebook, ha chiarito qual è lo spirito della Boxe:
«Bisognerebbe smettere di voler presentare la Boxe come uno sport glamour. La Boxe è glamour solo nelle prime file del bordo ring delle serate che contano. Pochi pugili al mondo diventano rockstar, e anche quelli che lo diventano per comprarsi Rolex, Ferrari e villone prendono botte, sputano sangue e convivono col dolore. Da sempre e per sempre».
I due campioni in questione hanno fatto fede alle parole soprariportate e non hanno avuto bisogno di creare spettacolo vendendo fumo alla folla, le loro storie, le loro gesta e il loro passato parlava già da sé. Il fatto che si scontrassero due ex campioni olimpici nella categoria regina della Boxe ha fatto il resto, è stato il sale nella zuppa perfetta.
I pianeti si sono allineati sul ring e la magia ha danzato con le stelle fin dalla prima ripresa, dal primo incrocio dei diretti. Chi si aspettava un match da macelleria e sangue è stato sicuramente sorpreso, e forse anche deluso-follia-, dall’acume tattico e dalla classe cristallina di un Cruiser che ha boxato ad armi pari con un massimo tecnico e preciso come Aj.
Dopo i primi due round di studio, il primo squillo dell’ucraino arriva alla terza ripresa, a 15 secondi dalla fine, dove un diretto sinistro piega le gambe e l’ego del campione inglese.
Gli incubi della sconfitta con Ruiz riemergono per Joshua, ancora una volta, anche a Londra. Il diretto di Usyk è stato soltanto una pillola di ciò che sarebbe successo nel seguito dell’incontro. Il capolavoro di Oleksandr si è poi articolato lungo tutto il corso del match, non ha mai colpito senza poi uscire dalla portata dell’avversario, in ogni fase di stallo ha mosso tronco e cintura riuscendo a mandare a vuoto tutti i tentativi del britannico.
Una tela aracnoidea in cui Usyk ha attirato e poi divorato il proprio avversario. Durante la settima ripresa l’ucraino ha dimostrato anche doti di incassatore di alto livello, incassando due diretti destri ed un gancio che avrebbero mandato a dormire chiunque altro.
Nonostante gli evidenti segni sul viso, per entrambi i pugili, la dodicesima ripresa è stata la più spettacolare con Usyk in versione martello pneumatico abbattuto contro la debole resistenza di Joshua. Il round ed il match si sono chiusi con una raffica di colpi ucraini a segno su di un Joshua arenato nella battigia delle corde. Usyk in ginocchio con le lacrime ed il sangue a baciargli il viso allo scoccare della campanella; Joshua barcollante al suo angolo, inerme e assente, forse non ancora pronto a mandare giù un’altra cocente sconfitta. Un’immagine difficile da immaginare ma non così impossibile da prevedere.
Oleksandr ha dimostrato di non essere uno sfidante gonfia-record, ha sciorinato classe, tecnica ed un acume tattico da fuori classe. D’altronde chi ama la Boxe, e disprezza gli streamer che menano le mani, questo lo sapeva già. A fine incontro Usyk ha dichiarato:
«Volevo provare a metterlo Ko ma poi ho seguito il consiglio del mio angolo, ho lavorato per come avevamo preparato il match».
Non poteva essere preparato meglio, visto il risultato. Nel sabato londinese non ha vinto solo Usyk, non è stata solo scritta una pagina indelebile dello sport. Alla Tottenham Arena ha vinto la Boxe, hanno vinto il rispetto e l’educazione che i due campioni hanno incarnato dai primi momenti della conferenza stampa fino alla lettura dei cartellini.
È stata una notte speciale, non è sempre facile ammirare due bisonti da 100 e più kg, volteggiare sulle punte mentre cercano di demolirsi a vicenda. Non è facile, è vero, ma i campioni veri, quelli con cuore e tecnica riescono a farlo. C’era fame di pugilato vero ed i Signori sono stati serviti. L’attesa del rematch già infiamma i cuori di chi ama lo sport.
Il Leicester è l'ultima squadra inglese sopravvissuta in Champions League ed è anche la nostra unica speranza di veder trionfare il vero calcio inglese, quello delle vecchie abitudini, di una classe operaia ormai stuprata da soldi e idealisti del pallone.