Alla ricerca del superamento, nella vita come negli scacchi.
Un vecchio adagio recita che ci sono più modi di vivere la vita: giocando a poker, come fanno gli americani, o giocando a scacchi, come fanno i russi. In questo senso, poche personalità possono essere poste agli antipodi come Eduard Limonov e Garry Kasparov. Il primo è, in effetti, un vero e proprio antipodo, un uomo che è egli stesso contraddizione e ossimoro per la sua vita e per le sue idee. Un pokerista dell’esistenza, pur essendo di natali russi. Il secondo è invece ritenuto uno dei più grandi scacchisti di sempre, se non il più grande.
«L’umanità civilizzata si è affrancata dai regimi duri, optando per i regimi molli. Se la violenza dura consiste nel reprimere fisicamente l’individuo, al contrario la violenza morbida si basa sullo sfruttamento delle sue debolezze. La prima tende a trasformare il mondo in una cella di massima sicurezza, mentre la seconda mira a fare dell’uomo un animale domestico».
Limonov ha condotto una vita al limite dell’eccesso, funambolo in bilico sul filo del politicamente corretto, sicuramente un avventuriero. Kasparov è invece un uomo metodico, ma anche lui avventuriero a suo modo. Parliamo di un campione del mondo in grado di sovvertire le catalogazioni e la scolastica di un gioco che in Russia era soprattutto difesa passiva, mentre per lui è attacco sulle ali della fantasia. Un punto di contatto tra i due allora c’è: la ricerca e il superamento del limite, nella vita come negli scacchi.
Il vero nome di Limonov è Eduard Veniaminovic Savenko, nasce a Dzeržinsk nel ’43 in pieno conflitto mondiale, ma cresce a Charkiv. Si trasferisce a Mosca nel ’67 con Anna, una donna affetta da problemi psichici. Qualche anno prima, nel ’63, a Baku nasce invece Garry Kimovic Vajnštejn. Sotto la guida del padre, Garry impara a giocare a scacchi. Mostra da subito di essere particolarmente dotato. A Mosca Eduard frequenta ambienti culturali dove inizia a farsi un nome, lavorando nel frattempo come sarto per mantenersi. Garry invece perde il padre nel 1971, così la madre decide di cambiare cognome russificando il suo armeno Kasparjan in Kasparov, cognome che prende anche il figlio. Eduard diventa Limonov, invece, per via di un soprannome affibbiatogli da alcuni colleghi artisti: “limonka”, termine che in gergo viene usato per indicare la bomba a mano. Lo stile esplosivo è lo stesso.
«Gli schermi televisivi, del computer e dei Videotel hanno luminescenze seducenti e gradevoli nelle vetrine della civiltà attuale. Il pubblico è obnubilato dalla bulimia di informazioni, e dalla superpotenza dei motori delle macchine nell’euforia di una follia collettiva. Il ritratto di Big Brother appeso al muro farebbe una ben pallida figura a confronto dei processi sempre più pervasivi della pubblicità.
Sbalordito dalle manipolazioni dei TASSI sotto il rullo dei tamburi della STATISTICA , immerso nel brusio di una musica pop sempre meno buona da quando è diventata un must (la musica che si oppone ormai al pensiero), l’abitante civilizzato delle prospere contrade industrializzate compie la sua corsa accelerata dalla nascita al pensionamento».
Eduard (bomba a mano) Limonov
A soli 10 anni Kasparov viene notato da Michail Botvinnik che lo affida alle cure del maestro Vladimir Makogonov: è l’inizio di una carriera folgorante. Proprio nel tentativo di far detonare la sua di carriera, in ambito artistico, Limonov si trasferisce in quegli anni con la nuova compagna, Tanja, negli Stati Uniti, a New York. Qui svolge una serie di lavori, non riesce a farsi pubblicare negli States e viene lasciato da Tanja. Ha esperienze omosessuali da cui trae ispirazione per il suo “io, Edicka”. Rifiutato dagli editori statunitensi, giunge a Parigi dove Jean-Jacques Pauvert decide di pubblicarlo col titolo chiaramente provocatorio “il poeta russo preferisce i grandi negri”.
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Limonov diventa una celebrità e decide di rimanere a Parigi. Conosce inoltre la sua nuova fiamma, Natalja, ma scopre in lei una natura votata all’eccesso, soprattutto in campo sessuale – un’inclinazione, slegata da vincoli, sofferta parecchio da Limonov. Intanto, a Minsk, anche Kasparov compie il suo battesimo del fuoco: il giovane scacchista vince il Sokolsky Memorial, è il più giovane di sempre a qualificarsi per il campionato sovietico di scacchi e diventa Grande Maestro conquistando il podio più alto nei campionati mondiali juniores. Limonov si tiene impegnato. Conosce Emmanuel Carrère che pubblicherà una sua biografia romanzata, opera dalle alterne fortune visto che lo scrittore Prilepin lo definisce così:
“Nel libro di Carrère manca la distanza fra il personaggio letterario e il vero Limonov. È un romanzo o una biografia? Io credo che sia un romanzo”.
Limonov collabora inoltre con L’idiot International, rivista provocatoria sulle cui pagine esprime tutto il suo dissenso per la galoppante politica della Perestrojka. Proprio agli inizi degli anni ’80, mentre Limonov lascia gli USA per recarsi a Parigi, Kasparov dovrebbe giocare le semifinali del torneo dei candidati a Pasadena, California. Ma Kasparov non è iscritto al PCUS, e in quel periodo diventa per lui impossibile raggiungere il suo avversario, Korčnoj.
La partita viene allora spostata a Londra dove si concretizza l’ascesa tra i più grandi del giovane Kasparov, che nell’84 si iscrive al PCUS e si prepara per i mondiali. Davanti a Kasparov si staglia il mito di Karpov, campione del mondo in carica. I due battagliano per 48 partite da cui si conferma campione del mondo Karpov: forse per l’inesperienza, forse per l’emozione, Kasparov non mostra il suo gioco offensivo, fatto di assalti arrembanti. La partita viene sospesa vista la durata eccessiva, il titolo resta così a Karpov. Nell’85 si rigioca e Kasparov ottiene la vittoria. Nasce così il terzo fattore dell’ “elemento K”, quello che ha portato ai vertici del mondo scacchistico prima Korčnoj, poi Karpov e ora Kasaparov.
Gli anni ’90 sono forieri di scandali e polemiche per entrambi. Limonov riesce a compiere un’esperienza, a suo dire, fondamentale nella vita di ogni uomo: partecipa ad una guerra, nel suo caso quella in Jugoslavia dove aderisce alla causa cetnica, intrattenendo rapporti di collaborazione con le famigerate Tigri di Arkan. La situazione politica in Russia è al collasso, e Limonov fonda insieme al filosofo Aleksandr Gel’evič Dugin il partito Nazional Bolscevico.
Un partito che è esso stesso una contraddizione: unisce l’ideologia fascista a quella comunista, producendo un risultato ultranazionalista che porta Limonov a teorizzare la nascita di uno Stato guidato dall’etnia russa che possa riunire tutti i popoli slavi, e più in generale l’intera Eurasia, sotto la guida di Mosca.
Unisce anche simboli contraddittori strizzando l’occhio sia alla simbologia nazista sia a quella comunista. Alle prime elezioni a cui partecipa, il partito naz-bol ottiene risultati scoraggianti. Inoltre Limonov chiude definitivamente la sua storia con Natalja, che morirà di overdose. Avrà in seguito altre liaison. Kasparov combatte invece un’altra lotta, quella con la FIDE. L’aggressività dalla scacchiera è trasportata al campo delle relazioni con la massima organizzazione competitiva di scacchi, rea, secondo Kasparov, di svilire i giocatori mondiali. Kasparov fonda così la PCA (Professional Chess Association), in molti vi aderiscono ma alcuni no, come ad esempio Karpov.
Kasparov mantiene il titolo di campione del mondo PCA vincendo contro l’astro nascente Anand. È l’inizio di un vero e proprio scisma nel mondo degli scacchi competitivi. Anni di lotte, a cui Limonov risponde con un viaggio nell’ Altaj, al confine con la Mongolia. Qui conosce le popolazioni locali e le loro tradizioni, cambia idea sull’islam, ora visto con simpatia. Lotte che sono sia esteriori per l’affermazione della sua idea politica, sia interiori viste le sue sfortune in amore. Un lottatore come Limonov trova stavolta non nella violenza, ma nella meditazione, lo strumento per rigenerare se stesso. Tuttavia la salita al potere di Putin mette al bando il partito nazional bolscevico, e Limonov si ritrova quindi in uno stato di semiclandestinità.
La lotta che conduce Kasparov è invece quella ugualmente epica contro la tecnologia. Nel ’96 Kasparov gioca la sua prima partita contro il computer Deep Blue progettato dalla IBM. Perde la prima partita, ma vince con il punteggio di 4-2. Nel ’97 si rigioca, e stavolta Kasparov perde ma sospetta che dietro la sua sconfitta vi sia stato l’aiuto di uno scacchista esperto, sospetto mai completamente fugato dalla IBM che comunque ritira il suo super-computer. Lo stesso Kasparov, nel suo “La vita, gli scacchi”, spiega che nel gioco degli scacchi ci saranno computer sempre più capaci di superare col ragionamento logico-matematico il giocatore umano, ma il giocatore umano ha qualcosa che il computer non potrà mai possedere: il senso di posizionamento, i vantaggi temporali e la fantasia.
Nei primi anni 2000 Limonov viene arrestato con l’accusa di star organizzando un colpo di stato, tenuto in detenzione prima nel carcere di massima sicurezza di Lefortovo, poi a Saratov e infine a Engels, dove viene scarcerato nonostante una dura condanna, per il mutare del clima politico che vede in lui più uno scrittore che un sovversivo.
«Il carcere per me è stato come un monastero. A me è piaciuto starci, è un luogo in cui l’uomo si incontra con il caos ultraterreno». dice Limonov nel 2018 in un’intervista. Sugli scacchi invece Kasparov scrive «gli scacchi sono un talento per controllare cose prive di relazione. È come controllare il caos».
Kasparov in quegli anni prova il riavvicinamento con la FIDE, che intanto ha cambiato i vertici. Non vi riesce, e la sua PCA entra in crisi per mancanza di sponsor. In particolare, la Intel, sponsor principale dell’associazione di Kasparov, si è ritirata dopo che Kasparov ha accettato di giocare contro un computer della rivale IBM. Kasparov però proprio nel 2000 riesce a trovare uno sponsor e a giocare contro un’altra K, quella di Vladimir Kramnik, perdendo nello stupore generale.
Anche Kasparov ha le sue velleità politiche. Cresciuto come ragazzo fuori dagli schemi, si dimostra un liberale socialdemocratico e sostiene Eltsin prima di fondare il suo Fronte Civico Unito. Sono gli anni in cui Limonov fonda il partito nazional bolscevico.
Lo scrittore esplosivo sempre al limite dell’eccesso e il prodigio degli scacchi, che in quel gioco i limiti li ha ridisegnati, si incontrano nel 2007. Ad unirli sembra essere un comune spirito combattivo sublimato in azioni e comportamenti molto diversi. Se Limonov sostiene di aver raggiunto il nirvana in conseguenza delle sue pratiche meditative, Kasparov ha appreso l’arte della riflessione dal gioco che lo ha reso famoso. Entrambi scrivono, Limonov soprattutto delle sue vicissitudini reali, Kasparov di politica col suo “Winter is Coming” e “Scacco Matto a Putin”.
Limonov ha sempre detestato Eltsin, Kasparov invece lo ha supportato. I due si ritrovano fianco a fianco nella piattaforma L’Altra Russia, contenitore di un universo di partiti che spazia dai Nazional Bolscevichi, con tutte le loro contraddizioni e aporie, ai liberali di Kasparov. Proprio nel 2007, in occasione di alcune manifestazioni vengono arrestati e trattenuti. Kasparov si candida alle presidenziali nel 2008 ma non riesce a ricevere l’investitura dalla piattaforma L’Altra Russia. Ma nonostante abbiano condiviso le stesse barricate del dissenso, Kasparov e Limonov non devono essersi lasciati bene.
Limonov infatti risponde a Carrère, nel 2009, che è ben contento di vedere che il suo sito ha più visitatori di quello di Kasparov.
Fonda quindi nel 2010 un partito sempre con il nome “L’Altra Russia”, utilizzando come simbolo l’essenza del suo pseudonimo, la bomba a mano; nel 2014, poi, si trova d’accordo con la politica estera russa sulla materia ucraina. Kasparov nel frattempo continua a insegnare scacchi alle nuove generazioni di campioni, e a prendere parte a iniziative concedendo qualche partita.
Morto nel 2020, Limonov è stato un iconico soldato del caos moderno, che pure ha intrecciato la sua vita con un genio della scacchiera, un fautore dell’ordine o almeno alfiere di chi tenta di generare ordine dal caos. Genio e Follia, come si sa, vanno a braccetto.