Kalidou Koulibaly non è un nome tra i nomi. Appena un anno e qualche mese fa, nell’aprile del 2018, il suo stacco aereo regalava una vittoria storica, proprio allo Stadium, al Napoli di Sarri. Ricorderete tutti il drammatico finale: il 2-3 della Juventus a San Siro e la sconfitta del Napoli al Franchi contro la Fiorentina. Ricordate l’artefice numero uno di quest’ultima debacle (3-0 per la Viola)? Sempre lui, l’imperatore Kalidou.
Il suo nome non è un suono tra i suoni. Ieri sera, lo scenario è sulle prime assai meno drammatico. Siamo solo alla seconda giornata. Certo è che, per il Napoli, questa è la partita. E non potrebbe essere altrimenti. La Vecchia Signora, dal canto suo, aveva almeno il dovere estetico di ingozzare il febbrile Adani per parole vomitate a caso nel post-partita; e giù con gli elogi al sarrismo! Il quadro è chiaro: la Juventus però rimane la Juventus, e allora a quel paese l’estetica; vincere è l’unico imperativo categorico.
Nonostante una prima grande occasione per il Napoli con Allan, e conseguente miracolo di Szczesny, è la Juventus a passare in vantaggio: ripartenza fulminea e gol di Danilo. Passano pochi minuti, e Higuain el Gordo si fa beffe dell’imperatore Kalidou, mettendone a nudo tutta la reale fragilità difensiva: el Pipa, comunque, segna un gol da capogiro. 2-0 Juventus. Si va al riposo con questo risultato (poteva essere anche più ampio per i bianconeri).
Nella ripresa il Napoli reagisce, ma è la Juventus ad andare ancora in rete: 3-0 di Ronaldo sullo splendido asse Matuidi-Douglas Costa sulla fascia sinistra: CR7 rinuncia al Siuu giocando ironicamente con la VAR, che una settimana fa gli toglieva la prima gioia personale contro il Parma. Sembra tutto finito. Ma la Serie A quest’anno è preda di un non ancora ben identificato demone del gol. Come se l’Eupalla già cantata da Brera fosse scesa agli inferi e non fosse più tornata. Che spettacolo. Il Napoli rimonta con Manolas, el Chucky Lozano – giocatore vero – e Di Lorenzo. Il 3-3 lascia tutti senza fiato, ma il Destino non ha ancora finito di compiere il Suo corso.
Quando mancano ormai pochi secondi alla fine di una partita già epica, accade l’evento che la trasforma in tragica – nel senso, ovviamente, della tragedia greca. Pjanic batte una punizione dalla trequarti, non troppo forte. Il pallone scende sul piede sinistro di Kalidou Koulibaly che, senza essere minimamente disturbato, la colpisce così male con lo stinco sinistro da infilare l’incrocio dei pali: Meret ci resta di stucco; Carletto vorrebbe buttarsi dalla Mole, i tifosi della Juventus gioiscono e il Napoli paga la fortuna avuta contro la Fiorentina – soprattutto su quel rigore inesistente assegnato su Mertens.
A fine partita, Chiellini parla con Koulibaly, ringraziandolo senz’altro. Forse, gli ricorda anche la maledizione di quella porta. Chi la buca, è presto bianconero: così CR7, con quella straordinaria rovesciata di due anni fa; così De Ligt, con la capocciata dello scorso anno. E ora Koulibaly. Non importa che Kalidou abbia fatto un favore alla Vecchia Signora. E’ la porta ad essere stregata, non l’esito della partita. E non importa neanche che Koulibaly si senta napoletano. Sarri è nato a Napoli, Martusciello – ieri sulla panchina della Juventus – a Ischia; Higuain è stato per tre stagioni l’ultimo pezzo da aggiungere al Presepio. Dopo Sarri ai Lakers, Koulibaly alla Juventus.
L'Ajax è il romanzo della sfrontatezza che ciclicamente si ripete, di capitolo in capitolo: da Cruijff a De Jong, da Hulshoff a De Ligt, ma anche da Overmars a Neres e da Rinus Michels a Eric Ten Hag.
Bar Sport, Episodio II. Manifestazioni di giubilo ed entusiasmo della grande narrazione sportiva! Sotto l'albero di Natale potremmo avere ancora un campionato aperto!